12. Troppo vicini

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<Allora, cosa vorresti mangiare?>> gli chiesi uscendo dopo di lui dall'ufficio. <<C'è un locale messicano poco distante da qua, me lo hanno consigliato il giorno stesso che siamo arrivati>>

<<Messicano, mi piace. Quindi parli civilmente anche con coloro che non fanno parte della nostra squadra>>

<<Non sono così burbero come pensi, solo con le persone che non mi piacciono>>

<<Quindi io non ti piaccio>> risposi sorpresa, ma il ragazzo si limitò a borbottare un "non è vero" prima di salire in auto. Trattenni un sorriso e presi posto accanto a lui.

Arrivammo al locale in religioso silenzio, interrotto solo dalla radio che sporadicamente gracchiava. Ci accomodammo ad un tavolino sul fondo, vicino al muro e prendemmo i menù senza dire una parola; se la situazione fosse rimasta così, avrei mangiato il più veloce possibile per poter andare via velocemente.

<<Allora, come ti sembra Nashville?>> chiese il ragazzo improvvisamente, ma senza staccare gli occhi dal menù. <<Bah, sinceramente preferisco la nostra città, ma non è per niente male, lo devo ammettere>>

<<Hai mai pensato di andartene da Santa Monica?>> continuò

<<A volte penso di voler partire, visitare il mondo, ma so che tornerei sempre indietro, a casa. Tu?>>

<<Vivo ormai da tanti anni in quella città, mi ci sono affezionato troppo per lasciarla>> rispose ed entrambi lasciammo una risata leggera vagare tra di noi. <<Harry, posso farti una domanda?>>

<<Se è sul mio carattere, no; se è per qualcos'altro, falla pure>> e con questa sua risposta mi bloccai. Il ragazzo finalmente alzò lo sguardo e lo inchiodò nel mio. <<Lo so, ci conosciamo da qualche anno ormai e non sono mai stato molto amichevole nei tuoi confronti>>

<<Nei confronti di nessuno>>

<<Non interrompermi>>

<<Scusa...>>

<<Dicevo: non sono mai stato molto amichevole, e lo riconosco, ma ho i miei motivi>>

<<E sarebbero?>> chiesi curiosa ma lui, con un sonoro respiro, esitò a rispondere. La cameriera si avvicinò a noi due prendendo un piccolo taccuino dalla tasca del grembiule e ci sorrise cordialmente, interrompendo la nostra conversazione. Sorrisi alla ragazza, poveretta non c'entrava nulla, ma era arrivata in uno dei momenti più sbagliati. Scrisse le nostre ordinazioni e, quando se ne andò, il tavolo cadde di nuovo nel silenzio. Mi guardai attorno, osservando il locale colorato che ci circondava, ma con la coda dell'occhio notai i suoi occhi verdi fissi su di me.

<<Ho perso il mio migliore amico, anche lui un poliziotto, mentre cercavamo di sventare una stupida rapina ad un inutile distributore automatico>> disse all'improvviso. Tutta la mia attenzione fu su di lui. Conoscevo poco il caso, tutto era successo quando io non ero ancora entrata in polizia, ma sapendo che era morto un ragazzo che era ben voluto da tutti, non mi ero mai azzardata a fare domande che potrebbero essere state scomode. <<Harry, non devi raccontarmi per forza la storia>>

<<Mi fido di te, D., preferisco che tu sappia la storia direttamente da me e non da qualcun altro>>. Annuii e lo lasciai continuare. Il ragazzo prese il bicchiere d'acqua che aveva davanti ed iniziò a giocherellarci nervosamente.

<<Avevamo chiamato rinforzi, ma ci mandarono due agenti incapaci e troppo giovani. Te la farò breve: uno dei due, quando si aprì il fuoco, invece che sparare al ragazzo che cercava di scappare con i soldi prese in pieno il mio amico>>. Lasciai che le sue parole prendessero tutto lo spazio di cui avevano bisogno, senza interrompere il suo discorso e per dargli la possibilità di aprire il suo cuore e la sua mente. <<Non è che io non mi fido di nessuno perchè sono uno stronzo, ma... insomma...>>

<<Ho capito Harry, non devi darmi spiegazioni>>

<<Grazie>> rispose ed io gli sorrisi, ricevendo in cambio uno dei sorrisi più radiosi che gli avessi mai visto.

Rimasi incantata, persa in quello sguardo che per la prima volta vedevo così tranquillo e sincero. I nostri ordini arrivarono poco dopo ed entrambi sembrammo risvegliarci da uno stato di trance.

Passammo il pasto a parlare di disparati argomenti, come se fossimo stati amici che non si vedevano da tempo; sorrisi sinceri illuminavano il viso di entrambi e risate leggere riempivano l'aria. In quel momento mi sembrava che nel locale ci fossimo solo io e lui, chiusi in una piccola bolla che ci isolava dal resto.

<<Lo vuoi il dolce?>> chiese poco dopo che i piatti ci furono portati via e io lo guardai con gli occhi sbarrati. <<Il dolce? Dopo tutto quello che abbiamo mangiato?>>

<<Dopo cosa? Era una sola portata>>

<<Una portata in cui il cibo stava a malapena nel piatto>>

<<E quindi?>> rispose ancora più confuso, ma io mi limitai a sorridere e scuotere la testa. <<Andiamo dai, o faremo tardi>> e così dicendo mi alzai. Raccolsi le mie cose dal tavolo e mi avviai verso la cassa, ma una mano mi bloccò dalle spalle. A quel tocco sentii una leggera scarica elettrica percorrermi la schiena e il cuore accelerare i suoi battiti. Rimasi un attimo immobile, chiedendomi perchè avessi avuto quella reazione. <<Tutto okay?>> chiese e io annuii senza dire una parola. <<Sembra che tu abbia visto un fantasma>> continuò.

<<Sto bene, davvero>>

<<Va bene, ma non pagherai tu>> disse superandomi e andando avanti. Io rimasi là, ferma, pensando a quello che era appena successo. Non potevo permettermi di reagire così, non potevo farlo per lui, ma sopratutto per me. L'amore era qualcosa che avevo deciso di lasciare ben lontano dal lavoro, non era saggio mischiare i due mondi. Già l'amore faceva soffrire, ma andare a cercare la sofferenza dove stavo bene era fuori discussione. Non feci in tempo a notare che Harry aveva già pagato che, girandomi, notai due occhi verdi fissarmi. Due occhi molto, troppo vicini. 


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Buona sera! Aggiornamento un po' in ritardo. Ma ho una buona notizia: ho finito la sessione! 

Quindi riprenderò ad aggiornare con regolarità!

Questo capitolo è per farmi perdonare per l'assenza☺️

Detto questo, al prossimo capitolo❣️

Naive ||H. S.||Where stories live. Discover now