34. Farfalle nello stomaco

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Mi infilai in una stradina secondaria ed afferrai il telefono con le mani tremanti ed il cuore nelle orecchie. Mi guardai attorno per essere sicura che non ci fosse nessuno, poi feci partire la chiamata. <<D? Dove sei? Sono passato in camera ma non ti ho trovata>> disse Harry logorroico. Feci un respiro profondo prima di rispondere. <<Sono uscita per prendere una boccata d'aria, non riuscivo a dormire.>>

<<Va bene, ma stai bene? Ti trema la voce.>>

<<Non mi trema la voce>> risposi cercando di fermare ogni centimetro del mio corpo, ma fallii miseramente. <<Addison, cosa succede? Dove sei?>> chiese il ragazzo con voce dura. Gli raccontai tutto vomitando parole come un fiume in piena, senza dargli modo di controbattere senza che prima io non avessi finito. <<Non so con chi fosse, non sono riuscita a vedere, ma stava salutando me, porca puttana.>>

<<Addison, torna subito in albergo, e non è un consiglio, ma un ordine.>>

<<Sa tutto, Harry. Sa che siamo arrivati a lui, sa che abbiamo scoperto tutto, ma non sembra gli interessi.>>

<<Addison, non ripeterò la cosa una seconda volta, torna subito in albergo, parleremo a voce>> e così dicendo attaccò la chiamata.

Rimasi in silenzio ad osservare lo sfondo del mio telefono mentre, per la prima volta, una leggera sensazione di panico iniziò a stritolarmi lo stomaco in una morsa gelida.

Entrai in hotel a passo svelto, infilando le chiavi della macchina in tasca, quando un paio di mani mi bloccarono le spalle. Mi voltai verso quegli occhi verdi che mi scrutavano preoccupati, sorridendo leggermente più per rassicurare quello sguardo che me stessa. <<Sto bene, Harry.>>

<<Non saresti dovuta uscire da sola e nel cuore della notte.>>

<<Volevo solo fare un giro, non c'è bisogno di essere così spaventati per me.>>

<<Adesso andiamo di sopra e mi racconti tutto>>.

Andammo nella sua camera e io mi lasciai cadere sul divanetto di fronte al letto. Feci un respiro profondo e mi passai le mani sul viso, sentendo improvvisamente tutta la stanchezza dei giorni passati. <<Ti ricordi quando abbiamo arrestato Arnold Whiteless?>> chiesi togliendo la giacca ed appoggiandola sullo schienale accanto a me. Il ragazzo annuì sedendosi comodo sul letto, ma senza staccare gli occhi da me. <<Ho incontrato per strada il SUV che era parcheggiato là davanti al momento dell'arresto. Non può essere una coincidenza che Woodstock fosse sul marciapiede accanto all'auto proprio in quel momento.>>

<<No, non può essere una coincidenza, la macchina deve essere esattamente la stessa dell'altra volta, ma sarebbe stato meglio se non ti avesse vista.>>

<<Non è stata una cosa voluta, come ti ho detto mi ero fermata solamente per prendere il telefono>> risposi sospirando. Ripresi in mano il cellulare e solo in quel momento mi accorsi che era passata l'una di notte. <<Dovremmo andare a riposare, domani sarà l'ennesima giornata stancante>> dissi alzandomi in piedi e allungando il braccio per afferrare la giacca, ma nello stesso istante delle mani mi afferrarono la vita e mi tirano sul letto. Trattenni una risata mentre rimbalzavo sul morbido materasso, guardando il ragazzo con aria stupita e un calore che si irradiava al centro del mio stomaco. Tutti hanno sempre chiamato questa sensazione come "farfalle nello stomaco", ma a me sembrava di più un fuoco che dava vita ad una serie di reazioni piacevolmente scomode. Mi accoccolai contro il petto di Harry mentre le sue dita passavano tra i miei capelli dolcemente ed un sorriso da ebete si stampava sul mio viso. <<Hai pensato alla proposta di trasferimento?>> chiese il ragazzo interrompendo il silenzio che ci coccolava in quel momento. <<Non ne possiamo parlare domani?>>

<<Va bene, però voglio che stanotte tu resti qui, ti presto una mia maglia per dormire>> e così dicendo si alzò, aprì le ante dell'armadio e ne tirò fuori una maglia nera con stampato al centro il logo di una squadra di basket. <<Da quando seguo il basket?>> chiesi girandomi la maglia tra le mani tirandomi a sedere. <<Ci sono molti lati di me che devi ancora conoscere, la gente Russell>> rispose prima di sparire dietro la porta del bagno e aprire l'acqua della doccia.

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La mattina dopo arrivammo in centrale con più adrenalina che ore di sonno, ma la sensazione di essere vicini alla soluzione di quel caso era come benzina buttata nei nostri corpi. Una volta dentro ci ritrovammo tutti nella sala riunioni, ma solo dopo una seconda occhiata mi accorsi che Miller non era presente. <<Dov'è Anthony?>> chiesi afferrando un caffè dai dieci al centro del tavolo. <<Ha chiamato stamattina dicendo che ha passato una bruttissima nottata a vomitare, quindi oggi non ci sarà>> rispose il capo appoggiando il fascicolo del caso davanti a sé. Guardai Harry con la coda dell'occhio e mi accorsi che quella cosa sembrava strana solo a noi due.

<<I mandati per la casa e l'arresto di Erin Woodstock e di tutti coloro che sono coinvolti nella gestione delle bische clandestine sono arrivati meno di un quarto d'ora fa>> iniziò dicendo il capo agli otto poliziotti davanti a lui. <<Sono stati inoltrati sia questi ultimi sia i dati relativi alle persone che dovranno essere sbattuti al fresco entro stasera a tutte le centrali del centro città. Verranno mobilitati più agenti possibili, ma questo non assicurerà che tutti verranno arrestati>>. Si fermò facendo una pausa guardandoci negli occhi. In quel momento notai che eravamo tutti particolarmente stanchi e non solo io. Le borse scure sotto gli occhi accomunavano ogni persona seduta in quella stanza, l'odore di caffè era diventato onnipresente all'interno dei muri del palazzo e ogni singola energia era rivolta verso il caso.

Mi liberai dei miei pensieri nel momento in cui un foglio bianco mi fu appoggiato davanti e potei leggere l'indirizzo di Erin. <<Noi ci occuperemo del nostro sospettato, gli altri degli altri arresti>> ripetè la voce in sottofondo. <<Qualcuno deve dirmi qualcosa?>>

<<No>> dicemmo tutti noi agenti in coro, mentre nella mia testa continuavano a ripetersi le immagini della sera precedente e la sensazione di aver tralasciato qualcosa di importante, sia nei fascicoli sia in ciò che avevo visto per strada, si fece sempre più largo nella mia mente. Una mano caldo si appoggiò sul mio ginocchio, trasmettendomi sicurezza e conforto. <<Ci stiamo perdendo qualcosa>> sussurrai al ragazzo al mio fianco mentre uscivamo dalla stanza, pronti a buttarci in strada per l'ennesima volta.

Ci preparammo in silenzio. I silenzi erano gli unici suoni udibili nella stanza, mentre il fruscio dei giubbotti antiproiettili sovrastava i battiti accelerati di tutti quei cuori agitati e spaventati. Infilai la felpa sopra al giubbotto, ripresi la pistola e la infilai nella fondina sul mio fianco. Lasciai gli auricolari penzolare sul mio petto mentre allacciavo le scarpe così strette da quasi perdere la circolazione ai piedi, ma solo in quel modo mi sentii sicura e protetta da tutto quel tessuto.



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Cosa starà sfuggendo ad Addison? Si starà mica preoccupando invano? 

Avete formulato qualche ipotesi a riguardo? Fatemi sapere 👀

Detto questo, al prossimo capitolo❣️

Naive ||H. S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora