Capitolo 2

70 5 0
                                    

2002

Sono in macchina con mio padre. Sono le 07:05 e lui mi sta portando a scuola.
"Pronta ad un'altra giornata scolastica?" Mi chiede con tono giocoso.
Ridendo, rispondo di sì.
Mio padre, Michael Villareal, mi ha cresciuta da solo. Mia madre, Alexandra Emma Mercado, è morta a causa di complicanze post-partum, anche se sono nata nel '87 non nel medioevo. Nonostante la perdita di mia madre fu un duro colpo per lui, mio padre continuò ad andare avanti per me, poichè era tutto ciò che gli rimaneva. Per fare onore a mia madre, mi ha chiamato Emma, come il suo secondo nome.
Adoro alla follia mio padre e non riesco a immaginare una vita senza di lui.
Alla radio fanno un pezzo di Seal, Kiss From Rose.
È la canzone preferita di mio padre, che inizia a cantarla a squarciagola. Io fisso il finestrino e ammiro le strade di Boston. Tutto scorre in modo normale, fino a che non sento un forte impatto che mi fa andare a sbattere in modo violento la testa contro il dietro del sedile anteriore. Rimango senza sensi per diverse ore.
Mi sveglio in un letto d'ospedale. Accanto a me ci sono due infermieri e un dottore.
"Vedo che ti sei svegliata" mi dice il dottore sorridendo.
"Dov'è mio padre?" È la prima cosa che mi viene in mente di chiedere.
Gli infermieri mi guardano tristi mentre il dottore mi dice, con una freddezza che non scorderò mai : "non è sopravvissuto all'impatto ed è morto!".
Rimango sconcertata. Non riesco a parlare o a muovermi dallo schock. Mio padre, l'ultima persona che mi rimaneva, era morto. Volevo che fosse uno scherzo. Che in realtà mio padre fosse ancora vivo, in un'altra stanza d'ospedale ad attendermi. E invece no. Mio padre non c'era più. Ero sola, completamente sola.
Volevo piangere ma ero così scioccata che non ci riuscì. Dire che quel giorno è stata una brutta giornata è dire poco.
Mi dimettono dall'ospedale tre mesi dopo, in occasione del processo di affidamento. Il giudice Best, con una sentenza afferma che, essendo morti entrambi i miei genitori, il mio tutore legale è mia zia Isabella, la sorella di mia madre, quindi sono costretta a vivere con lei fino al compimento del mio diciottesimo anno di età, quando non avrò più bisogno di alcun tutore.
Non ho mai incontrato mia zia Isabella. Mio padre parlava poco di lei e non usava nè termini positivi nè negativi per descriverla. Diceva che beveva, fumava e andava a letto con tutti, ma non l'ha mai criticata o elogiata.
Incontro per la prima volta mia zia fuori dal tribunale. È un pò bassa, ma mai bassa quanto me, che sono alta un metro e cinquantacinque. È molto formosa, ma non grassa. Sul viso, indossa un'eccessiva quantità trucco, tiene i capelli legali in una lunga coda di cavallo e indossa degli orecchini a cerchio molto grandi e appariscenti. Indossa un top molto corto, una giacca leggera e degli short jeans. Mi guarda in cagnesco.
"Come ti chiami?" Mi chiede con tono rozzo.
"Emma" le dico nervosa.
"Sali in macchina!" Mi intima, indicando la sua auto, che sicuramente avrà la mia stessa età, se non più vecchia.
Di fronte alla mia esitazione iniziale, la donna mi prende per un braccio e mi trascina verso la portiera. La apre d mi butta con veemenza sui sedili posteriori. Sbatte la portiera violentemente, entra in macchina e parte.
Mentre guida, fuma una sigaretta. Per tutto il tragitto, ne fuma quindici, di sigarette.
Dopo un ora di macchina, arriviamo. Ella vive in una piccola casa fatiscente nella periferia di Hartford, nel Connecticut. Dopo avermi fatto scendere forzatamente, entriamo in casa. Dentro è peggio che fuori. I pochi mobili che ci sono in salotto sono la TV e un divano vecchissimo pieno di toppe. Sopra, vi é un uomo nudo che dorme.
"Jonathan!" Lo chiama lei urlando.
L'uomo si sveglia di soprassalto e ci guarda confuso.
"Muovi il culo via di qui! Sbrigati!" Gli urla come un cane rabbioso.
L'uomo si alza, si veste e se ne va.
"Vai in camera tua e lasciami stare" mi dice Isabella, una volta che l'uomo se ne è andato.
Io obbedisco ed entro in una piccola stanzina dove vi è solo un letto.
Solo lì mi lascio andare ad un pianto liberatorio per la morte di mio padre, l'unica persona che mi era rimasta.

Dirty Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora