Capitolo 7

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2019

Arrivo in perfetto orario nello studio della dottoressa Pugh.
Appena entro, vedo la famosa Rachel dietro al bancone della reception. È una bella ragazza di vent'anni dalla pelle ambrata e dai lunghi capelli neri. Si sta limando le unghie ma smette quando mi vede.
"Voi sareste?" Mi chiede leggermente spaesata.
"Emma Villareal" le dico.
"Ah sì, oggi aveva l'appuntamento" dice la ragazza "può accomodarsi in sala d'aspetto".
Mi dirigo verso la sala d'aspetto e mi siedo su una sedia vicino alla porta. Mi guardo intorno. Ci sono poche persone in sala d'aspetto: una donna asiatica che indossa un lungo maglione, un uomo bianco di mezza età, una ragazza nera che si mordicchia le unghie e così via.
Dopo cinque minuti, esce dalla stanza una signora anziana e la Pugh mi chiama.
Mi alzo di scatto ed entro nella stanza.
La dottoressa Pugh è una donna di corporatura normsle sulla sessantina, dai capelli biondi argentati raccolti in una coda di cavallo e vestita con una camicetta viola a pois lilla e dei jeans. Nonostante la sua età, emana giovinezza, freschezza e apertura mentale.
"Ciao, Emma" mi dice, come se io e lei ci conoscessimo da tempo.
"Salve, dottoressa Pugh" le dico con tono più formale.
"Chiamami Arianna o Ari se preferisci" mi dice "odio le formalità".
Mi fa segno di sdraiarmi su un divanetto color cannella infondo alla stanza. Obbedisco senza farmelo ripetere.
In quel momento, inizia la seduta.
-allora, Emma, come mai sei qui?
-sono combattuta.
-su cosa?
-vede... sono stata abusata da giovane.
-davvero?
-sì...
-cosa è successo?
-ecco... avevo quindici anni all'epoca e c'era questo professore. Era gentile con me, molto paterno. Mio padre era morto da poco e io e lui eravamo molto legati. Quindi, in questo professore vedevo una figura maschile simile se non uguale a mio padre. Per questo mi sono affezionata a lui. Avevo bisogno di un padre e pensavo di averlo trovato in lui... ma mi sbagliavo....
-non c'è bisogno che tu vada oltre. Ho capito tutto!
-grazie, non mi piace descrivere nei particolari quello che ha fatto.
-so anche chi è stato a farti questo?
-davvero?
-Noah Woods, vero?
-sì, ma come fate a saperlo?
-mia figlia, Abby Bowers, è stata abusata da Noah Woods nel 2000. Aveva quindici anni e mezzo.
-anche lei ha frequentato la Julian Marsh High School?
-sì, ma ha lasciato l'istituto dopo gli abusi subiti. Non ha ancora trovato il coraggio di denunciare e io, nonostante non sia molto d'accordo con lei, rispetto questa sua scelta.
-sa, dopo la denuncia fatta da Madison Brandt a Woods, vorrei quasi denunciarlo, ma non lo so.
-credo che dovresti denunciarlo. In questo modo finirebbe in prigione e darebbe forza a tutte le donne che, come mia figlia, hanno subito degli abusi. Non solo le vittime di Woods, ma tutte le vittime di abusi troveranno il coraggio di parlare.
-lei dice?
-credimi quando dico queste cose, Emma. Basta una persona per dare coraggio a tutti. Però, ovviamente, non sei costretta a farlo. Ma se lo facessi, faresti qualcosa di utile per molte donne.
-grazie.
-di nulla.

Faccio per alzarmi dal divanetto quando chiedo ad Arianna : "ma ha mai visitato delle vittime di Woods?".
Ari, con lo sguardo basso, mi risponde di sì : "per citarne alcune, Faith Webster, Violet Morales e Sara Terrell".
Sentendo tutti quei nomi, mi rendo conto che io, Madison e Abby non siamo le uniche. Ce ne sono altre, molte altre. Ma nessuna ha mai denunciato. Forse se io lo facessi, darei la forza a tutte le altre. Non lo so, ci devo ancora pensare a fondo.
Esco dallo studio e mi dirigo verso casa di Olivia.
Ho bisogno di un ultimo confronto.

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