Capitolo 15

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2019

È il giorno del processo. Mi sento in ansia, ma non posso tirarmi indietro. Non adesso. Ormai devo fare i conti col mio passato e sperare che questo serva a farlo spedire in prigione.
Prima di andare in tribunale, io e Ethan lasciamo Jasmine a casa di Abby. L'ultima cosa di cui ho bisogno è una bambina capricciosa di due anni. Amo mia figlia, ma adesso non è il momento di fare la madre.
Arriviamo davanti al tribunale verso le dieci e mezza. Il processo inizia alle undici.
Ethan parcheggia la macchina e mi chiede sottovoce : "come ti senti?".
Io, con sguardo basso, gli dico : "non ha importanza come mi sento. L'importante è fare quello che devo fare".
Detto ciò, apro la portiera ed esco.
Il sangue di colpo mi si gela.
Ho davanti a me Madison.
Ho visto la sua foto sui tabloid.
È uguale.
Carnagione molto scura, capelli lunghi e neri raccolti in mille piccole treccie e occhi piccoli distanti fra loro.
Indossa un maglione rosa pastello che le sta molto largo e in volto ha un espressione preoccupata.
"Tu sei Emma?" Mi chiede Madison con voce tremante mentre si gratta nervosamente il tessuto del maglione.
"Sì" le dico "so chi sei e cosa ti è successo".
Madison scoppia a piangere silenziosamente e si porta le mani aul viso per nascondere le lacrime.
Istintivamente, mi avvicino e l'abbraccio.
Finito lo sfogo, Madison mi chiede : "dimmi, anche tu non avevi un padre?".
"Sì, era morto" gli dico "il tuo?".
"Ci ha lasciato quando io avevo tre anni" mi dice "e Woods mi è parso una...".
"Figura paterna" finisco la frase al suo posto.
"Esatto" dice Madison "e fu per colpa di ciò che mi sono avvicinata. Vorrei tornare indietro nel tempo e modificare tutto".
"Lo so, ma non prendertela con te stessa!" Le dico con tono materno "non sapevi in cosa ti stavi cacciando. Eri solo una ragazzina bisognosa di affetto".
Madison mi abbraccia e corre via verso la madre a pochi metri di distanza. Vi era anche la sorella maggiore, Annabelle.

Poco dopo, noto molte persone venirmi incontro: sono tutti I suoi colleghi: dalla A di Sean Andersen a alla Y di Isla Yu.
Vedo anche Olivia e Matthew fra la folla, insieme a Jake e Chloe.
"Emma, siamo venuti qui per augurarti buona fortuna!" Dice Chloe.
"Grazie ragazzi" dico loro sorridendo.
"Spero che quel pedofilo finisca in prigione" dice Max Morse, la prima volta in cui non è uno stronzo egocentrico.
"Lo speriamo tutti, Emma" Intervenne Destiny Huber.
Gli sorrido ed entro in tribunale con Ethan.
Egli mi tiene per mano mentre avanziamo. A malapena vi faccio caso. Ho altre cose per la testa.

La giudice Mia Mullins è seduta al suo posto, mentre Madison si sistema alla postazione col suo avvocato.
Woods e il suo avvocato sono al lato opposto e Woods mi guarda mentre mi siedo albanco dei testimoni. Il suo sguardo è enigmatico: da una parte sembra che mi stia implorando in modo disperato di non dire niente, di negare tutto, di salvargli la pelle. Ma dall'altro, sembra volermi strangolare. È questo il problema con Woods: il fatto che riesce a farti paura ma allo stesso tempo di intenerirti.
Quando tutti si sono posizionati ai propri posti, la giudice Mullins batte il martello e annuncia : "oggi siamo qui riuniti per discutere riguardo la questione Brandt-Woods".
"Vostro onore, il mio cliente è innocente" interviene l'avvocato di Woods, Logan Pineda "lui e la Brandt hanno sempre avuto un rapporto sereno e platonico. Questi presunti abusi non sono mai avvenuti nella realtà".
Interviene l'avvocato di Madison, Liam Shah che dice : "vostro onore, la signorina in questione ha prove concrete riguardo l'esistenza di molestie da parte del professor Woods. Anzitutto, abbiamo i numerosi bigliettini, che la polizia ha recentemente trovato che, a giudicare dal contenuto, erano di natura esplicita. Secondo...".
"Obiezione!" Grida Pineda "vostro onore, vi giuro che c'è stato un malinteso! Quei biglietti erano completamente casti. La malizia era negli occhi degli agenti che l'hanno revicionati".
Indica con lo sguardo un gruppo di poliziotti che si trova in un angolo del tribunale. Fra loro vi è anche Kyle.
"Capusco i diversi punti di vista" afferma la Mullins "ma non arriveremo da nessuna parte se continuamo in tal modo. Per questo motivo chiedo alla qui presente Emma Villareal di raccontarci la sua verità".
Il mio respiro diventa affannoso e delutisco.
"Va bene" dico "sono Emma Villareal e, diciasette anni fa, fui stuprata da chi pensavo fosse un amico, un padre, un insegnante, una figura paterna. Ecco come sono andate le cose quel lunedì 4 novembre".

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