Capitolo 8

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2002

Al club di scrittura creativa ho visto qualche faccia conosciuta. C'è Justin Bailey, l'amico di Levi Cameron, Paige Clark, lo svampito Charlie Glass, Jaxon Hood e altri ragazzi che non conosco. Fortunatamente non ci sono quelle tre.
Sono tutti seduti a dei banchi. Ne è rimasto solo uno vuoto, dove mi siedo senza attendere altro tempo.
L'aula è decisamente più grande rispetto a quella dove Woods fa lezione.
Egli è seduto dinanzi alla cattedra con gli avambracci sul tavolo e le mani giunte che formano un piccolo muro con le dita.
Ci guarda in modo sereno, come se fosse una giornata scolastica normale.
"Ciao, ragazzi" parla finalmente Woods dopo minuti di insopportabile attesa "vi starete chiedendo cosa faremo in questo corso, giusto?".
Nessuno risponde. Siamo abbastanza intelligenti da capire che, indipendentemente dalla risposta, ci dirà comunque cosa faremo.
"Dovrete scrivere una storia ciascuno. Deve essere lungo esattamente 2000 parole e..." sta dicendo Woods prima che Justin lo interrompe.
"2000 parole?" Chiede meravigliato Justin "ma siamo seri?".
"Sì, Bailey" risponde Woods seccato per essere stato interrotto "dovrete scrivere non più e non meno di 2000 parole. Tuttavia, la vostra storia deve anche essere ben costruita, con una trauma plausibile e, soprattutto, personaggi ben caratterizzati. Vi do tempo fino a marzo per scriverlo nelle nostre ore settimanali extrascolastiche che abbiamo. Lo voglio scritto su fogli di carta, non sul computer e, una volta consegnati tutti, li vedrò uno ad uno. La storia migliore verrà pubblicato sul giornalino scolastico, il Julian Marsh Journal, dove tutti potranno leggerlo. Sono stato chiaro?".
Nessuno dice niente, neanche chi come Charlie Glass sembra avere le idee poco chiare.
"Chi non pensa di essere all'altezza per tale ruolo, è pregato di andarsene adesso e di non tornare più" dice Woods con molta formalità.
Quando parla con questo tono, devo essere sincera, non riconosco in lui il professore dolce e gentile che vedo. Eppure, nella sua freddezza, c'è un briciolo di gentilezza che, forse, solo io riesco a vedere.
Justin, Charlie e Paige escono, insieme a molti altri ragazzi. Dei venticinque studenti, ne rimangono solo dodici.
"Molto bene" dice Woods quasi soddisfatto e ci porge cinque fogli ciascuno.
"Se avete bisogno di altri fogli, basta chiedere" dice Woods "una volta finita l'ora, me li consegnate e continuate la prossima volta. Scrivete su ogni fogli il vostro nome".
Il modo in cui riesce ad organizzare tutto mi affascina di lui. Non riuscirei mai ad essere organizzata quanto lui.
Scrivo il mio nome in cima al foglio e penso a cosa scrivere.
Mille idee mi frullano nel cervello. Non so cosa fare e sono passati già tre minuti. Mi guardo intorno. Vedo una ragazza col velo in ultima fila che ha già iniziato a scrivere e lo sta facendo anche bene. Il ragazzo alla mia destra, Cooper Shah, da quello che c'è scritto in cima al foglio, ha scritto cinque parole e si è bloccato di colpo, non sapendo come continuare.
La ragazza alla mia sinistra, Serenity Webster dal foglio, non sta scrivendo affatto, come me.
Guardo Woods. È alla cattedra, impegnato a corregere dei compiti. Il suo sguardo è concentrato sui fogli. È come se tutto ciò che si trova attorno a lui non esista. Questo suo lato mi intriga.
Sono passati dieci minuti e non so ancora cosa scrivere.
Cooper è arrivato a metà foglio e si è bloccato di nuovo. La ragazza col velo ha ormai riempito di parole il primo foglio e ora sta al secondo. Serenity ha scritto due parole in croce e ora è ferma.
Penso a qualcosa. Potrei scrivere una mia autobiografia, cambiando i nomi. Potrei parlare di questa ragazza che a quindici anni perde il padre e va a vivere dalla zia che non si cura di lei. Trova una figura paterna in un professore e poi... e poi niente. La mia vita è ancora troppo breve per poterla raccontare. Devo aspettare di avere almeno trent'anni. Solo allora potrò parlare di me. E allora cosa?
Passano i minuti. Quindici minuti, venti minuti, trenta minuti, quaranta minuti. Io non ho scritto ancora niente. Non mi viene niente in mente, niente che possa portare la mia storia al Julian Marsh Journal. Io ispiro al meglio, ma non tanto per me. Più per Woods, per renderlo orgoglioso di me, per fargli capire che sono dotata, che sono capace di fare qualsiasi cosa. Voglio che veda il meglio di me.
Finisce l'ora. Tutti hanno scritto qualcosa, anche solo due parole. Io non ho scritto niente, per questo, invece di alzarmi e consegnarlo, resto seduta.
Una volta che tutti consegnano, restiamo solo io e Woods nell'aula.
Viene a sedersi nel posto dove era seduta Serenity.
"Tutto bene?" Mi chiede con tono apprensivo.
"Non so cosa scrivere" dico sinceramente.
"Forse potrei aiutarti" mi dice "scrivi".
Prendo la penna e mi posiziono, pronta a scrivere.
"Mary non era come le altre donne che Jake aveva incontrato. Ella era sinuosa, bella, seducente. Tutte caratteristiche che facevano impazzire Jake.
"Posso offrirti da bere?" Chiese Jake sottovoce per non farsi sentire dagli altri..."
Scrivo ogni parola che lui pronuncia. Dopo dieci minuti, finisco per scrivere cinquantacinque parole ed occupo quasi una pagina.
"Per oggi può bastare" mi dice "la prossima settimana, dopo la fine dell'ora, continuiamo, va bene?".
Accetto. Lo so, questo mi renderà dipendente da lui, ma non mi importa.
Lui fa per alzarsi, ma io gli chiedo : "professor Woods, ma questa storia è ispirata ad una storia vera? Qualcosa che lui ha vissuto?".
Lui fa un sorriso debole e mi risponde di sì sottovoce.
"Riguarda il suo primo incontro con sua moglie?" Gli chiedo facendo riferimento alla sua fede vistosa.
Lui la guarda con distacco e dice : "sì e no... diciamo che io e Hannah eravamo innamorati fino a poco tempo fa. Ma ora... ora, le cose sono cambiate. Ogni giorno mi sembra di svegliarmi con una donna che non conosco. Non provo più amore per lei".
Rimango quasi sorpresa. Non mi aspettavo parole così sofferenti e crude uscire dalla bocca di Woods. Mi chiedo se sua moglie sappia cosa pensa di lei.
"E perchè non divorzi?" Chiedo, ingenua.
"Vorrei farlo, ma alla fine non ci riesco e resta una fantasia non realizzata" mi dice "sai quando passi quindici anni Co una persona e ormai ti sei abituato a lei che, anche se non la ami, ci resti comunque accanto perché hai paura del nuovo e di restare da solo a vita nel caso la lasci?".
Sentirgli dire queste parole mi fa star male. Odio vederlo soffrire.
"Ma se trovassi una donna che ami? Che faresti? Riusciresti a trovare la forza di lasciate tua moglie?" Gli chiedo.
"Non lo so... a parte Hannah, non ho amato nessuna per ora" mi dice "ma chissà, magari un giorno...".
E non finisce la frase, preferendo alzarsi e andare verso la cattedra.
Io mi alzo, consegno il foglio ed esco.
Una volta tornata, sento mia zia e il tizio di turno, probabilmente un ragazzo giovane quanto me.
"Più forte, Parker! Più forte!".
Intanto penso a Woods. Sto conoscendo molti lati di lui e mi sta piacendo moltissimo. Vorrei essere sua figlia.

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