Capitolo 4

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2002

È il mio primo giorno in una scuola nuova. Zia Isabella mi ha letteralmente sbattuto fuori dalla macchina ed è partita via di tutta birra. È di fretta perchè ha un appuntamento con un ragazzo di vent'anni, Brayden. Se tutto va bene, se lo scoperà stasera e il giorno dopo non lo rivedremmo mai più. Ormai ho capito come funziona la vita privata di mia zia.
Prima di entrare, fisso l'edificio scolastico. È molto scialbo, le pareti color cannella e le finestre con le sbarre. Sembra un carcere, anzi no, un carcere minorile.
Il liceo si chiama Julian Marsh High School. È stato fondato nel 1954 e chiamato in onore di Julian Marsh (1899-1949), un poeta statunitense che ha vissuto qui ad Hartford dal 1924 fino all'anno della sua morte. Ho letto alcune sue poesie su internet. Sono molto depressive. Le poesie di Julian Marsh e le canzoni di Fiona Apple sono come burro di arachidi e marmellata: si combaciano perfettamente.
Con riluttanza, mi dirigo verso l'entrata. Se fuori sembra una prigione, dentro è una struttura rumorosa piena di ragazzi di tutti i sessi e di tutte le tonalità della pelle che parlano, urlano, baciano e scherzano.
Mi dirigo lentamente verso la mia classe. Alla prima ora ho scienze con la professoressa Harrison.
Non appena entro, noto una ventina di ragazzi seduti ai propri posti. L'unico posto che rimaneva vuoto era proprio dinanzi alla cattedra.
"Ciao, Emma" mi dice la Harrison con un sorriso a trentadue denti "entra in classe e parlaci un pò di te!".
Avanzo lentamente in classe e noto che tutti, in particolare un trio di ragazze agli ultimi banchi, mi fissa.
"Mi chiamo Emma Villareal, ho quindici anni e vengo da Boston" dico "ora vivo qui ad Hartford con mia zia Isabella".
Non dico altro e vado a sedermi.

Alle dieci, durante l'intervallo, sono seduta in disparte in cortile mentre guardo gli altri. Ad una certa, mi vengono vicine tre ragazze, le stesse ragazze che erano in classe con me nell'ora di scienze.
"Hey, Emma o come cavolo ti chiami?" Mi chiama la bionda "per caso sei rimasta indietro di dieci anni? La roba che indossi andava di moda negli anni 90!".
Effettivamente, i miei vestiti non sono dell'ultima moda.
"Scusa è che..." cerco di rispondere ma la mora mi interrompe.
"È che sei così povera che non ti puoi neanche permettere di comprarti vestiti decenti" afferma la ragazza.
La terza ragazza, quella dai capelli corvini, ride in sottofondo senza dire o fare niente.
Mi alzo per affrontarle. Voglio darle una lezione.
"E voi chi vi credete di essere?" Le dico.
Mi sento stupida e patetica mentre pronuncio tale frase. Avrei potuto usare una frase migliore.
"Chi siamo noi? Siamo Ava Vincent, figlia del preside Vincent, Sophia Lyons, figlia di Aaron Lyons, uno dei cinque imprenditori più importanti degli USA, fondatore del marchio di auto da corsa Lyons e, infine, Emily Porter, che, se hai un briciolo di cultura, saprai è figlia del re e della regina di Hollywood. Stiamo parlando di Aidan Porter e Eva Lester. Lui regista e lei attrice, la sua musa ispiratrice che appare in tutti i suoi film a partire dal 1982, un anno dopo che si erano messi insieme. Inoltre, sua sorella gemella, Autumn Porter, sta frequentando una scuola di recitazione e probabilmente diventerà come sua madre".
"Invece tu di chi sei figlia?" Mi chiede maliziosa Sophia "di qualche poveraccio che fatica ad arrivare a fine mese?".
"Scometto che tuo padre è disoccupato ed è tua madre a dover portare la pagnotta a casa" afferma Emily, la prima volta in cui apre bocca.
Sentendo quelle parole, vorrei dare uno schiaffo a tutte ma un uomo, probabilmente un professore, viene verso di noi.
"Ava, Sophia e Emily, invece di importunare povere ragazzine a caso, dovreste studiare! Vi devo ricordare quanto avete preso alla verifica della scorsa settimana?" Afferma l'uomo, rimproverandole.
"Va bè, prof, era la prima verifica dell'anno!" Dice Ava per giustificarsi "eravamo tutti un pò spaesati".
"Non accetto scuse!" Afferma severo l'uomo e le manda via.
"Ti hanno fatto del male?" Mi chiede con un tono di voce molto paterno.
È un uomo molto alto e muscoloso. Ha i capelli rossicci molto corti, una barbetta di tre giorni e i suoi occhi sono molto chiari. Ha un aspetto quasi angelico.
"No, sto bene" gli dico, sorridendo.
In quel momento, suona la campanella e lui scappa via.
Lo guardo allontanarsi e poi vado verso la classe di storia del professor Ellis.
Mi domando se riuscirò mai ad incontrare di nuovo quel misterioso uomo che mi ha salvato dalle grinfie di quelle arpie. Sembra un brav'uomo.
All'ultima ora, ho letteratura inglese col professor Woods. Noah Woods. Un nome molto più interessante di Isabelle Harrison, Elijah Ellis e Nora Shaffer.
Non appena entro, noto che il professore è in ritardo.
"Dov'è il prof?" Chiedo a Levi, un mio compagno di classe.
"È in ritardo!" Afferma mentre si dirige verso il suo posto "lui è sempre in ritardo all'ultima ora!".
"E per quale motivo?" Gli chiedo.
"Justin mi ha detto perchè si ferma a parlare con la Holloway, ma non lo so e, sinceramente, neanche mi frega poi tanto" mi risponde.
Vado a sedermi fra banchi al centro, tra Paige Clark e Aaliyah Brewer.
Dieci minuti dopo, arriva il professor Woods.
Rimango scioccata: è esattamente l'uomo che mi ha liberato da Ava, Sophia e Emily.
Inizialmente, non mi riconosce o forse finge di non vedermi fra gli studenti, ma poi si accorge di me e mi fa un piccolo sorriso. Ricambio un pò imbarazzata.
Aaliyah mi guarda male e mi chiede se ho una storia con Woods.
"Cos... no!" Affermo.
"Stai attenta! O farai la fine di Jessica Soto" mi dice sottovoce.
"Chi è Jessica Soto?" Le chiedo.
Lei non risponde e scrive qualcosa nei suoi appunti.
Dopo la fine della lezione, aspetto che tutti escano dalla classe, specialmente Aaliyah, e vado verso Woods, che è rimasto seduto alla cattedra.
"Volevi ringraziarvi per prima" gli dico sorridendo.
Lui ricambia il sorriso e mi dice : "il piacere è mio! Come ti chiami?".
"Emma, Emma Villareal" gli dico.
"Piacere, Emma" dice e mi porge la mano destra.
Noto una fede all'anulare. Sarà sposato o, forse è divorziato ma tiene ancora la fede al dito.
Ci stringiamo le mani ed esco.
Non l'avrei mai detto, ma ho finalmente un amico. Sposato, di circa trent'anni più grande e il mio professore, ma è comunque un amico per me.

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