Quarta Parte

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I cimiteri sono luoghi sacri.
Ma fate sul serio?
I cimiteri sono la dimora dei morti e bisogna rispettarli, dite; quando fino a cinque minuti prima stavate bestemmiando perché a tavola vi era caduta la forchetta?
Sì, c'è gente che ha il coraggio di essere davvero così incoerente.
Comunque, tornando alla famosa sacralità dei cimiteri, Orlando era davvero rimasto allibito dallo squallido comportamento dell'uomo.
Uomo che in quel momento teneva ancora stretta Ilaria nella sua presa, ma si era distratto un secondo, giusto il tempo di puntare gli occhi sul viso disperato della ragazza, illuminato dalla luce del lampo.

"Scappa."

Orlando sperò che potesse sentire questo richiamo anche solo come un istinto di sopravvivenza, ma lei non voleva saperne di muoversi, facendo scaturire maggior rabbia nel fantasma.

"Dannazione, salvati!"

Orlando si avvicinò a loro con una terribile ansia e una voglia di poter tornare vivo per salvare la vita a quella creatura così indifesa.
Avrebbe fatto una buona azione, avrebbe, per la prima volta, salvato qualcuno, invece di farlo perire.

"Salvala almeno tu! Fai qualcosa se esisti!"

Un tuono fece tremare qualche lapide instabile e Ilaria chiuse gli occhi, strizzandoli con forza tra di loro.
Non era troppo spaventata per il fatto che potesse morire di lì a poco, più che altro temeva di venire umiliata nuovamente; quello non lo avrebbe sopportato.
L'uomo rimase a guardarla ancora per qualche secondo e, preso da una strana sensazione allo stomaco, lasciò la presa e indietreggiò di diversi passi, tremolando appena.

«S-scusami... non volevo farti del male...»

Ilaria deglutì con fatica, sentendo tutto il contenuto del suo stomaco lottare per essere espulso, rimanendo immobile e con il fiatone.
Orlando sgranò gli occhi e li alzò verso il cielo.

"Grazie."

L'uomo, nel frattempo, aveva cambiato direzione, percorrendo il vialetto al contrario per tornare a casa dalla moglie malata.
Aveva rischiato di macchiarsi di un terribile peccato, solo perché considerava quel luogo sacro.
Eppure se credi così tanto nella religione non dovresti arrivare a tanto, giusto?

Ilaria non distolse lo sguardo dal signore anche quando scomparve dietro l'angolo che portava all'ingresso.
Non riusciva ancora a metabolizzare cosa le sarebbe potuto succedere.
Quando si riprese alzò gli occhi verso il cielo che diveniva sempre più scuro.

«Grazie» sussurrò, prendendosi poi una mano con l'altra, come per infondersi coraggio.

Orlando seguì i suoi movimenti e desiderò poterla toccare per farle capire che c'era e che sarebbe stato disposto a proteggerla.
Aveva capito i suoi errori, aveva compreso il male e sentiva che doveva rimediare e che lei era la persona giusta con cui iniziare.

La ragazza tirò su col naso e si mosse nuovamente verso la tomba dei nonni, passandosi le dita sotto gli occhi.

«Mi dispiace di non essere la ragazza che avreste voluto che fossi... mi dispiace darvi questa grande delusione e so che ho sbagliato, so che ho commesso un atto orribile...»

Nuove lacrime le deturparono il viso e smise di parlare, prendendosi delle ciocche di capelli tra le dita.
Orlando sospirò e si avvicinò al suo corpo, scorgendo piccoli dettagli del suo viso, mentre ancora della luce riusciva a permetterglielo; il presunto temporale sembrava essersi attenuato e il fantasma sorrise, comprendendo che il Cielo aveva terminato il proprio dovere.

«Quando il capo mi ha chiesto di fargli un favore, non credevo si trattasse di...» si bloccò nuovamente, facendo tremare il labbro inferiore. «Non volevo farlo, non volevo poggiare la mia bocca su quello schifo, lo giuro!»

Ilaria tirò le ciocche dei propri capelli in maniera più marcata, facendo sussultare Orlando.

"Merda, cosa ti ha fatto quel mostro?"

«Mi sento così sporca...»

Orlando si intenerì, di fronte a cotanta fragilità.
Avrebbe voluto confortarla; dirle che lui aveva compiuto azioni peggiori, terribili, indicibili.
Le avrebbe raccontato di suo zio, del suo primo omicidio, dell'adrenalina che gli scorreva nelle vene mentre osservava il sangue della vittima fluire indisturbato fuori dal suo corpo, di come non aveva avuto scrupoli a ferire chiunque si mettesse sul suo cammino e infine narrerebbe come ha voltato le spalle alla propria famiglia solo per una vita agiata, senza risparmiare neanche sua madre.
Ma tutto quello non avrebbe potuto farlo, non le avrebbe reso il suo dolore meno opprimente.

«Mi dispiace così tanto...»

Ilaria si inginocchiò e accarezzò la lapide dei suoi parenti con una delicatezza che poteva appartenere solo ad un'anima buona.
Orlando sospirò e osservò le foto dei suoi nonni, notando delle vaghe somiglianze; sorrise e per un secondo si ritrovò a pensare alla propria faniglia.

«Spero che un giorno potrete perdonarmi.»

Un singulto mise fine a quel discorso e un silenzio tetro calò sull'ambiente.
Orlando puntò gli occhi sulle dita di Ilaria, intente ad attorcigliarsi tra di loro e una sensazione sgradevole si impadronì di lui.

"Cosa succede?" si chiese, percependo un vuoto all'altezza dello stomaco, mai provato prima.

La ragazza prese a camminare lentamente, in direzione dell'uscita del cimitero e il fantasma non poté fare a meno di seguirla.
Non riusciva a spiegarsi quella sensazione che provava.

Come poteva sentire qualcosa?

Arrivato al cancello, vide la ragazza girarsi verso tutte le tombe presenti e sussurrare qualcosa.

Sentì.

Sentì quelle parole e, come se fosse nuovamente umano, un brivido di terrore gli accarezzò il corpo.

Non poteva, però, sentire.

Eppure era proprio così.

Percepì un freddo pungente, uno di quelli che non ti abbandonano neanche quando ti ritrovi immerso nel caldo più confortante.

Quel freddo che in fondo non è fisico, ma è solo quella paura viscerale che ti attanaglia ogni fibra del corpo, regalandoti quella terribile sensazione di vuoto.

Vuoto interiore.

E tutto questo per tre semplici parole pronunciate da Ilaria, prima di girare i tacchi, con le lacrime agli occhi, e sparire dalla sua vista: «Ci vedremo presto.»

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