Tredicesima Parte

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La vita è corta.

Che frase surreale.

Quanto si può vivere in media? Settanta, ottanta anni?

E a loro sembra poco?

L'esistenza è lunga, ma non la vita.

La vita è fatta di attimi, di possibilità, di esperienze, di sorrisi, di ricordi, di gioie, di dolori, di amore; e tutto ciò non dura, mai.

Per questo la vita è breve, perché la vita è un attimo, che ci scivola dalle mani come niente.

E Teodoro lo sapeva bene.

Per lui la vita era sempre stata una lotta.

Una lotta quando sua madre si ammalò, quando quel cancro gliela portò via; una lotta che stava continuando, nel suo cuore e nella sua anima.

Non avrebbe mai creduto ad una storia simile se gliel'avessero raccontata qualche anno prima, ma in quel momento era la pura realtà.

Vedendo l'affetto delle due donne, i ricordi della sua vita prima della sua fine tornarono a galla tutti insieme.

A scuola aveva tanti amici che gli davano tutto il supporto di cui aveva bisogno, una ragazza che teneva a lui, i voti erano buoni e non si era mai lamentato, ma poi le condizioni di sua madre erano peggiorate e con esse il suo mondo.

Era sempre più nervoso, sempre più stanco per colpa delle visite in ospedale anche fuori orario solo per stare un'ora in più con la sua creatrice; ogni fattore esterno non contava più.
Camilla stava peggiorando a vista d'occhio e nonostante gli amici provassero a distrarlo con lo sport, nonostante la sua ragazza cercasse di distarlo con tecniche infallibili, nonostante potesse distrarsi con lo studio, niente riusciva ad impedirgli di pensare alle condizioni della sua adorata madre.

Suo padre sembrava sempre assente, come se non sapesse neanche di abitare sulla Terra; lavorava sempre, ogni giorno, fino a tardi e Teodoro era certo avesse un'amante.

D'altronde come puoi pensare di amare una persona pallida, consumata, deperita, stanca, con gli occhi sbiaditi e il viso spettrale?

Eppure il lieve sorriso che solcava le labbra ormai screpolate della donna, racchiudevano un amore infinito verso la vita, verso suo figlio.

Teodoro non potrà mai dimenticare quando entrava nella stanza e lei gli rivolgeva il più caloroso dei saluti, anche se non aveva neanche la forza per alzare un braccio, lei sprizzava vita da tutti i pori.

Anche se la stanchezza la stava logorando, anche se la speranza si stava spegnendo, non aveva mai permesso che questo influisse sull'immagine che Teo aveva di lei.

E lui la adorava per questo: a dispetto di ogni catastrofe, Camilla sapeva regalare sempre il meglio di sé.

Dopo la sua morte, però, anche la poca serenità che aveva trovato, cessò.

Una notizia devastante si aggiunse a tutto il suo dolore e scoprì che da sua madre non aveva ereditato solo i lineamenti del viso.

I suoi amici erano scomparsi, la sua ragazza aveva deciso che preferiva stare proprio con uno di loro e i voti sprofondarono in un abisso.

Se aveva provato a fare tornare tutto come prima?

No.

Non poteva importargliene un bel niente se dei completi idioti non volevano stare con lui, non gli importava se la sua ragazza fosse una troia che lo tradiva, né se i suoi voti rasentavano la sufficienza; sua madre era morta, la luce e la speranza con lei, e non c'era assolutamente nulla che potesse valere tanto da riportarlo almeno vicino alla superficie del baratro.

Però quando guardava Ilaria, quando incrociava quegli occhi sporchi e quel sorriso pieno, qualcosa si risvegliava nel centro del suo torace.

Anche vederla là, con sua madre, mentre piangeva sul suo petto, gli fece risvegliare qualcosa dentro.

«Mamma, è davvero bella, sai? Lei non lo sa, non credo che lo sappia, ma è davvero bella... ha due occhi profondi, un sorriso bello come il tuo e un carattere proprio tosto.»

Gli piaceva quando andava a confidarsi con lei; era rimasta l'unica ad ascoltarlo, o meglio, l'unica da cui lui voleva essere ascoltato.

«Mi ha confessato di aver fatto una cosa poco bella al lavoro e ne sono rimasto molto scioccato... come è riuscita a dirmi un qualcosa di tanto estremo come questo?»

Orlando, come al solito, origliava ogni parola, ogni gesto, ogni minimo spostamento.
Lo guardava mentre parlava, mentre gesticolava, mentre si lasciava andare, pensando di essere solo.

Sentirlo parlare di Ilaria in quel modo gli dava il nervoso: non poteva.

Non l'aveva mai vista nella sua vera natura, nel suo dolore, e osava raccontare di lei?

Però, nonostante gli montasse dentro un'ira incontrollabile, non poteva che condividere ogni parola sulla sua bellezza.

In fondo sapeva che non avrebbe avuto nessuna speranza con lei, perché allora non lasciare che qualcuno di vero potesse avvicinarla e renderla una persona felice?

Ancora non sapeva se Teodoro sarebbe potuto essere quella persona, però pian piano si rendeva conto che era un bravo ragazzo, proprio come Ilaria.

Si meritavano l'un l'altro, solo che ancora non lo sapevano.

«Hey.»

Entrambe le teste – una reale e una invisibile – si voltarono nella direzione della voce e trovarono Ilaria con un sorriso raggiante e gli occhi ancora rossi dal pianto.

Teodoro ebbe un impercettibile sussulto e si alzò subito in piedi, come colto in flagrante.

«Ciao» rispose in fretta, con il respiro affannato.

La ragazza avanzò qualche passo e si concesse diversi minuti per ammirare la foto della donna cui si stava rivolgendo il ragazzo; riportò l'attenzione sulla figura alta e snella di fronte a lei e si spostò una ciocca dietro l'orecchio.

«È proprio una bella donna, ti assomiglia.»

Quell'affermazione lo fece sussultare ancora, percepì il cuore tremare e le dita stringersi a pugno.

La somiglianza con lei gli faceva ricordare quanto gli mancasse, ma sentirselo dire da lei lo fece sorridere.

«Grazie... anche tu somigli molto a tua madre.»

Si pentì nello stesso istante in cui terminò la frase: si era fregato da solo.

Lei ridacchiò di fronte alla sua espressione colpevole.

«Non ti preoccupare, ti ho visto quando ti sei allontanato e ho deciso di venire a parlarti.»

Teo rimase confuso; non capiva perché gli volesse parlare.

«E perché?»

Lei abbassò lo sguardo, fissandosi sulle proprie scarpe da ginnastica, quasi timorosa di rivelare le sue vere intenzioni.

«Non lo so, avevo solo voglia di parlare con te.»

Alzò le spalle, quasi indifferente alle sue stesse parole, e l'unico che invece riuscì a capire che dietro ci stava molto più era l'unico che non poteva essere visto e sentito da nessuno.

La vita oltre che breve può essere anche molto ironica.

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