Sesta Parte

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Se l'organo che permette al sangue di espandersi in tutto il corpo fosse stato ancora al proprio posto, in Orlando, probabilmente avrebbe avuto un sussulto.

Quando il prete varcò la soglia con un passo, seguito dalla macchina e dalla colonna di persone, il fantasma percepì una forte aura negativa, come un bruttissimo presentimento.

Aspettò.
Immobile e teso, mentre tutti si dirigevano verso la tomba che avevano preparato pochi giorni prima, cercava di frenare quelle sensazioni così sbagliate e impossibili da provare.

Un piccolissima parte di sé ancora sperava che quella non fosse la sua Ilaria.
Una piccolissima parte di sé ancora credeva che avesse cambiato idea o che magari non avesse neanche mai pensato alla morte.

"Piccola creatura, non farti del male, non entrare a far parte di questo mondo."

Eppure, appena concluse il pensiero, una possibilità non ancora presa in considerazione, si manifestò come un uragano.

"Potrei vederla..."

Orlando credeva che se fosse diventata un fantasma, avrebbe potuto conoscerla e, chissà, magari anche toccarla.

Non aveva visto nessun altro fantasma in tutta la sua permanenza, ma se non era il suo inferno personale ed era ciò che era per colpa di un conto in sospeso con la vita, forse potevano davvero incontrarsi.

Oppure no.

Tutto era un forse.

Niente era una certezza.

Eppure lui voleva crederci.

Povero illuso, direbbero gli scettici.

Ma dopo aver constatato che i fantasmi esistono, sarebbe così strano un fenomeno simile?

No, ma sarebbe un tipico cliché da film e questo non è un film.

Lo sguardo del fantasma seguì la folla fino a che non si fermò di fronte alla tomba.

Un fremito gli attraversò le membra e percepì il fiato mancargli.

Come potevano essere così vivide quelle emozioni?

«Ave o Maria, piena di grazia; il Signore è con te. Tu sia benedetta tra le donne, per il frutto del tuo seno...» recitò il prete, accostandosi alla buca.

In Orlando la paura cresceva sempre di più.

Perché non verificare prima se quella poteva essere la sua tomba?
Neanche lui sapeva rispondersi.

Si accostò alla folla, in disparte, osservando i loro volti distorti nella loro disperazione.

Per un attimo desiderò che qualcuno avesse provato un minimo di compassione per la sua morte, ma quel momento di debolezza fu soppiantato subito da tutt'altro: doveva sapere se era lei.

Il cielo non prometteva né pioggia, né nuvole e l'azzurro tipico della serenità, invadeva tutta la superficie.

"Meritava di meglio."

Il prete continuava a recitare il solito supplizio a cui ormai era solito assistere ad ogni funerale.
Stesse parole, stesse facce, stesse azioni, stesse identiche situazioni.
Sembrava quasi che tutti seguissero un copione, che tutti recitassero in attesa della fine.

«Ed è con grande dolore che siamo qui a chiederti di vegliare su noi, Marco. Che la tua anima possa riposare in pace.»

Una folata di vento fece muovere qualche cespuglio che adornava il perimetro e Orlando rimase immobile a fissare quella folla devastata di dolore.

Marco.

Non era la sua Ilaria.

Se avesse potuto, avrebbe certamente sorriso ed esultato, lanciando gridi di gioia.

Per la prima volta nella sua vita era certo che gli importava di qualcuno al di fuori di se stesso.

Forse era quella la "punizione divina".

Forse era quello che doveva capire: l'importanza di amare il prossimo.

Un singhiozzo si elevò prepotente nell'aria, poco lontano da dove si stava svolgendo l'addio al povero Marco.

Orlando si precipitò all'entrata e mai fu più felice: Ilaria era in piedi che osservava l'intera distesa di lapidi.

Si avvicinò ancora, ma solo allora li vide.

Due lividi violacei che spuntavano sul collo e sul braccio destro.

Corrugò la fronte e rimase a scrutarla a sua insaputa, mentre gli occhi di lei vagavano ancora per tutto il perimetro.

"Cosa ti hanno fatto?" pensò lui, inorridito dalla situazione.

Lei avanzò di un passo e se solo la presenza di Orlando fosse andata oltre la mera versione spirituale, avrebbe potuto sfiorare la pelle della sua mano, macchiata di peccati terribili.
Lui rimase immobile, osservando con impotenza e ammirazione i suoi occhi, in quel momento più tendenti al verde.

"Perché questa tristezza ti dona un colorito così meraviglioso, piccola mia?" pensò lui, con le labbra incurvate in una smorfia di tristezza.

Ilaria rimase impassibile ad osservare la distesa di tombe che la circondava, in lontananza avvertì uno spezzone del tipico rito da funerale e passò le dita sotto gli occhi, cercando così di impedirsi di crollare.

«Ciao a tutti» sussurrò poi, avanzando ancora di qualche passo, mentre Orlando fu costretto a spostarsi dalla sua traiettoria.

Certamente non sarebbero potuti entrare in collisione, ma l'idea che qualcuno potesse trapassarlo non gli piaceva affatto.

La seguì con lo sguardo mentre i passi lenti e stanchi risuonavano in tutto il cimitero.

"Che luoghi strani i cimiteri... talmente tante anime intrappolate e costrette a vivere qui, costrette da una vita che magari neanche ha fruttato a nulla, che magari ha recato solo sofferenza e dolore... allora forse vale davvero la pena morire per una vita schifosa? O forse anche da morti si sente tutta la sofferenza della vita?"

Ilaria dava libero sfogo ai suoi pensieri, nella sua mente, al sicuro da orecchie indiscrete.

Chi mai avrebbe potuto capirla?
Chi mai avrebbe potuto assecondarla?
Chi mai avrebbe potuto salvarla?
Ma soprattutto: la sua vita poteva valere così tanto da meritarsi la salvezza?

Un sospiro lasciò le sue labbra piene e gli incisivi andarono subito a torturarle, premendo sulla pelle screpolata.
Con la mano sinistra andò a cercare quel marchio sulla pelle, quel livido tremendo che si era causata, arrivando al limite.
Gli occhi le pizzicarono nuovamente, ma si impose di stare calma.

«Cosa c'è che non va in me?» si chiese retorica, alzando lo sguardo sulle lapidi che le stavano attorno.

"Nulla."

Orlando le si accostò, condividendo la sua visuale del cimitero.
Si diede un secondo per immedesimarsi in lei, per cercare di capire cosa la spingesse a recarsi in quel luogo saturo di nulla, per i vivi.

Poi, una nuova lampadina scattò in lui, collegando finalmente ogni piccolo tassello del puzzle che lo affliggeva da quando l'aveva vista per la prima volta lì, di fronte la tomba del nonno, ancora in compagnia dell'anziana signora; quando sbuffava all'idea di accompagnarla, quando avrebbe preferito cento volte di più essere sotto le coperte, oppure sul divano a mangiare schifezze.

Collegò e si voltò ad ammirare il suo profilo serio: si sentiva morta dentro.

Fantasmi del PassatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora