Settima Parte

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Ilaria mosse un passo e Orlando non riuscì a fare a meno di guardarla muoversi, con la consapevolezza che lei voleva morire.

Perché?

Lui voleva vivere; voleva godersi ogni singolo piacere possibile, voleva intrattenersi con delle belle donne, voleva ridere, voleva parlare con altri, voleva sentire nuovamente il calore che il sole gli donava in una fredda giornata di Ottobre - anche se in quel momento era ancora estate -, voleva tornare sulla Terra.

Perché?

Quando si hanno le cose sotto gli occhi non si apprezzano.

Fa male, vero?

Quando desideri ardentemente qualcosa che ha qualcun altro e che per di più non apprezza.

Fa rabbia, vero?

Ilaria aveva la vita e non lo apprezzava.

Per un secondo Orlando provò quella che poteva benissimo essere furia cieca.

Quella che ti possiede e ti distrugge dentro, oltre che intaccare tutto ciò che ti circonda.

Quella che, nella sua persona, aveva sempre dominato.

Il vero problema di Orlando non era voler vivere, ma come farlo.

E se ne rese conto quando, dopo quello che poteva essere un sospiro, tornò ad osservare il turbamento della ragazza che camminava spaesata tra i monumenti delle varie lapidi.

Passava lo sguardo da una foto all'altra senza soffermarcisi troppo, ma andando a concentrarsi comunque sui loro volti, sulle pieghe della loro pelle, sulla loro presunta vita.

"Chissà cosa c'è dopo la morte" pensò, sorpassando la tomba di una ragazza morta qualche anno prima all'età di soli ventisei anni.

Orlando si decise a seguirla in mezzo a quell'ammasso di pietre, finché non la vide fermarsi di colpo, con gli occhi spalancati e il corpo rigido.
Stava scrutando la foto di una ragazza con un sorriso angelico, gli occhi chiari e i capelli biondo cenere.

Il fantasma aggrottò le sopracciglia e si riservò di leggere sia la data di nascita che quella di morte e anche la sua reazione non fu così distante da quella di lei.

"15 maggio 1977 - 15 maggio 1997" recitava la lapide.

Ma perché era così sconvolgente per Ilaria?

Lo spirito avrebbe tanto voluto chiederglielo, sapere, parlarle, sorriderle, accarezzarla e più si rendeva conto che tutto ciò era impossibile, più percepiva una sconfinata desolazione.

Perché avvicinarsi così a qualcuno se si è già consapevoli di non poterlo avere?

Bella domanda.

Orlando non poté che osservare il suo viso, mentre il vociare della gente recatasi per il funerale di Marco, si faceva sempre più vicino.

«Chissà quando toccherà a me.»

Fu un sussurro lieve, quello di Ilaria, andando a sfiorare quei lividi visibili sotto la maglia a maniche corte.
Orlando fu scosso - anche fisicamente, se fosse stato possibile - e puntò gli occhi sul suo corpo, scrutandone ogni curva, ogni lineamento, ogni sfumatura, ogni imperfezione e perfezione.

Non capiva.

Si stava realmente sforzando per comprendere cosa potesse portare una giovane donna a pensare tanto male di sé.

Desiderare la propria morte è come rifiutare la possibilità di vedere i propri sogni realizzati.
Ti viene offerto un dono e lo vuoi buttare via.

"Prendi in mano la tua vita e fanne qualcosa di cui andare fiera" pensò, senza smettere di prestarle attenzione.

Se solo avesse potuto farlo arrivare anche a lei...

La ragazza emise un sonoro sbuffo quando le sagome della gente vennero a palesarsi nella sua visuale.
Distolse lo sguardo da quella lapide, da quella data, e i suoi passi tornarono a schiacciare la ghiaia che occupava il passaggio.
Nella mente i pensieri si accavallavano e ben presto si ritrovò con le mani nei capelli, stringendo delle ciocche scure. Voleva far star zitto il suo cervello, voleva non sentire più nulla in quella sua testa malata che l'aveva portata a compiere azioni di cui non credeva esserne in grado.

«Basta!» urlò, sferzando l'aria del cimitero.

Qualche persona, udendo un rumore in lontananza, alzò lo sguardo verso il cielo, magari aspettando un nuovo frastuono o una ragione per deconcentrarsi dalla propria passeggiata, o magari solo una scusa interessante per sfuggire alla monotonia della vita.
Per loro sfortuna non si udì nient'altro: Ilaria si era trattenuta.

"Dannazione, che tortura assistere al tuo dolore!" pensò Orlando, andando a mettersi di fronte a lei.

In cuor suo avrebbe voluto semplicemente dimenticarla, passare oltre, far finta di nulla, ma non ci riusciva; c'era qualcosa di estremamente forte che lo legava a lei.

«Mi dispiace... ancora una volta...» Ilaria pronunciò quelle parole e si gettò ai piedi della tomba, espirando tutta l'aria che aveva nei polmoni. «Non sono stata una nipote modello... non sono proprio una persona modello... eppure non riesco a...» La sua mano cercò il livido violaceo sul braccio e chinò la testa in avanti. «Avrei voluto essere come la mamma... forte, determinata, ironica, responsabile, solare... avrei tanto voluto essere come lei e invece sono diventata un fallimento...» Una lacrima bagnò il marmo della lapide e Orlando rimase immobile, ascoltando la sua voce distrutta. «So che dovrei porre fine a tutto questo, alla mia inutile esistenza, ma come? Ho paura, nonni... ho paura di morire...» Singhiozzi incontrollati presero il sopravvento sulla sua voce e si lasciò andare, appoggiando il viso al freddo materiale della tomba.

Orlando pensò che in quel momento, se fosse stato vivo, avrebbe potuto piangere.
Non gli era mai capitato di sentire il desiderio di piangere, ma in quel momento, ascoltando quelle parole, ascoltando tutta la disperazione racchiusa in una ragazzina, sentì il bisogno di far uscire tutto il marcio che per un'intera vita gli si era annidato dentro.

La ghiaia scricchiolò e il fantasma andò subito a scovare la fonte di tale rumore: un ragazzo.

Nascosto tra le tombe riservate, quelle chiuse, stava osservando Ilaria nella sua fragilità.

Un moto di rabbia lo investì, facendolo quasi ringhiare: nessuno poteva vederla in quello stato, nessuno doveva venire a conoscenza del suo dolore, solo lui poteva esserne parte, essere parte di qualcosa di così vero.

«Tutti hanno paura di morire.»

Ilaria si destò velocemente, alzandosi alla meglio dalla sua posizione, risultando goffa e con le guance devastate dal pianto.

Quando incontrò le iridi del ragazzo si sentì tremendamente in imbarazzo, distogliendo lo sguardo e rivolgendolo a terra.

«Scusami, non volevo origliare» provò a difendersi lui, visibilmente scosso, mentre avanzava di qualche passo - scatenando l'ira di Orlando - verso la ragazza.

«Stavo praticamente urlando, scusami tu...»

"No! È un villano e un irrispettoso, non sei tu a doverti scusare, mia dolce creatura" pensò immediatamente il fantasma.

«Io sono Nessuno, piacere.»

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