Ottava Parte

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Ilaria regalò una strana occhiata allo sconosciuto, congiungendo le sopracciglia, mentre si chiedeva chi potesse essere quello strano essere umano.

Lo osservò per qualche secondo, notando l'assenza di ogni tipo di peluria sul suo viso: niente barba, niente capelli.

Dimenticandosi del suo stato pietoso, rimase fissata sul suo sorriso accennato e i denti un po' ingialliti, contornati da labbra piene e rosee. Sbatté le palpebre un paio di volte e si rese conto che non si era presentata.

«Ilaria...» disse infine, rimanendo impassibile di fronte a lui, che puntualmente si mise a ridacchiare.

«Scommetto che ti stai chiedendo come mai ho un nome così strano, vero?»

Ilaria sbatté le palpebre ancora una volta e lui si permise di avvicinarsi di qualche passo, accorciando  la distanza tra loro.

"Vattene, non sei il benvenuto!" ringhiò Orlando nella sua testa, lanciando occhiate di fuoco al nuovo arrivato. 

Come si permetteva di interloquire con la sua creatura? Era un affronto inaccettabile.

«Non mi stupisco più di nulla, ormai...» 

Un sospiro sommesso seguì quelle parole e il ragazzo, Nessuno, ne rimase visibilmente attonito: non si aspettava una risposta del genere.

Solitamente la gente gli chiedeva subito come mai avesse un nome così ridicolo, oppure scoppiavano in una risata così rumorosa da far spuntare anche a lui un sorriso.

Eppure lei no, perché lei doveva essere diversa?

Questa cosa lo incuriosiva e si avvicinò ancora.

«E come mai non ti stupisci più di nulla?»

La curiosità del ragazzo fece irritare ancor di più Orlando e anche Ilaria non ne fu affatto contenta; non voleva persone attorno, non nel suo posto segreto, non dove poteva sfogarsi in pace. Era andata lì proprio per quello, aveva bisogno di esternare tutto lo sporco che aveva dentro e lui la stava distraendo.

«Niente di importante.» 

Accennò un lieve sorriso e quello di lui si ampliò ulteriormente, facendo ancora qualche passo verso di lei.

«Non ti sei chiesta come mai ho questo aspetto?»

Ilaria, allora, si concedette un altro po' per osservare le occhiaie che solcavano il suo viso, la stanchezza negli occhi e la pelle disidrata, stanca, distrutta.

«Non sono affari miei» rispose, quasi se le fosse stato imposto.

Lei era sempre stata una ragazza curiosa, solare, aperta, vivace, soprattutto con i ragazzi.

Cosa l'aveva cambiata?

Nessuno, a quella risposta, capì nell'immediato che era stato troppo avventato nel volersi approcciare con lei e si ritrasse di qualche passo.

«Hai ragione, scusami e buona giornata...» 

Le rivolse un lieve sorriso e poi fece retromarcia, prendendo il vialetto per tornare all'ingresso del cimitero, per tornare a casa.

Ilaria rimase ferma con la bocca semi aperta finché non lo vide scomparire, per poi tirare un sospiro sommesso e girarsi nuovamente verso la tomba dei suoi defunti nonni.

«Sono un disastro» commentò, sedendosi sul marmo rialzato della lapide.

"No, non lo sei..." rispose mentalmente il fantasma, lieto che quel ficcanaso se ne fosse andato.

«Non so più farmi amici, non so più socializzare, non riesco a sorridere, non riesco a fare niente di quello che facevo prima, non... non so più provare emozioni positive...»

Orlando prese un respiro profondo e chinò il capo in avanti, avvicinandosi a lei e arrivandole di fronte al viso.

"Piccola creatura... non ce la faccio più a vederti soffrire..." 

Con le dita si avvicinò al suo viso e per un secondo, se fosse stato vivo, gli mancò il fiato. Si chiedeva se, dopo averla toccata, avrebbe percepito qualcosa: una scossa, un tocco, un soffio, qualsiasi cosa.
Il desiderio di sfiorarla era forte, imponente, più vivido che mai, ed era lì, con le dita a pochissimi millimetri dalla sua pelle segnata da qualche imperfezione adolescenziale, pronto a sentirla.

Ma l'avrebbe davvero sentita?

"Come posso percepire le emozioni, magari posso sentire anche le cose che tocco" si autoconvinse, deglutendo incerto. "E se poi non fosse così?"

Il dubbio soppiantò il suo palese desiderio e lentamente ritrasse la mano, tornando semplicemente a guardarla.

Chi voleva prendere in giro? Non aveva chance, non aveva neanche un briciolo di speranza e si sentì infinitamente stupido per avere anche solo pensato di poterla toccare o di poter sperare che un giorno si sarebbero potuti conoscere.

"Forse devo solo lasciarti andare" si disse ancora, indietreggiando di parecchi passi, mentre lei stava riflettendo su chissà quale suo male interiore.

Dentro si sentì morire, ma poi rise di se stesso, ricordandosi che era già morto.

Ogni sensazione, ogni emozione, ogni minima cosa che poteva avere mai provato in quel fastidioso lasso di tempo, non poteva essere reale, non poteva esistere davvero, perché lui per primo non esisteva.

Allora cos'era? Uno scherzo divino?

Digrignò i denti e si decise una volta per tutte a lasciare stare quella povera anima distrutta, allontanandosi dalla tomba dei suoi nonni e vagando per il cimitero senza una meta.

Chi voleva prendere in giro? Non poteva avere una meta, che razza di obiettivo poteva mai esserci in quel luogo così morto?

Sbuffò andando a raggomitolarsi vicino alla sua sudicia dimora e osservò per un momento la sua foto rovinata dal tempo e dai vandali.

I suoi lineamenti sorridevano fieri e cercò di collegare quello scatto a qualche sua scena vissuta, ma non gli veniva in mente nulla. Possibile che avesse dimenticato?

«Quella ragazza è strana, lo sai, mamma? Non mi ha chiesto nulla riguardo il mio aspetto e il mio nome...»

Orlando scattò come un fulmine verso quella voce e rivide il ragazzetto di poco prima, di fronte ad una tomba a muro.

«Aveva il volto rigato dalle lacrime e ha detto che ha paura di morire...» Un sospiro lasciò le sue labbra. «Anche io ho tanta paura, mamma... mi manchi...»

La sua voce si interruppe e Orlando rimase immobile, osservandolo nella sua debolezza.

Pensò e ripensò, ma si rese conto che non lo aveva mai visto lì... o forse era fin troppo concentrato su Ilaria per ricordarsene.

Lo osservò ancora, vedendo come accarezzava la foto della donna dai capelli biondi tinti e un sorriso meraviglioso, per poi lasciarsi andare ad un bagno di lacrime, inginocchiandosi e prendendosi il volto tra le mani.

"Siete così simili" constatò il fantasma, avvicinandosi con cautela al ragazzo. "Forse posso aiutare entrambi..."

E dopo quel pensiero, si allontanò, lasciando che entrambi avessero la loro meritata solitudine.

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