Sedicesima Parte

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Il tramonto era sempre stato uno spettacolo che affascinava sia Ilaria che Teodoro, ma in fondo non si erano mai soffermati ad ammirarlo.

Era bello osservare quelle sfumature di colore che si mescolavano come se fossero state al posto giusto nel momento giusto, come se Qualcuno li avesse scelti perché stavano talmente bene da meritarsi gli occhi degli umani puntati addosso.

A chi, d'altronde, non piace rimanere a guardare quello spettacolo?

A chi non piace fotografarlo?

A nessuno.

Eppure, sempre quel nessuno non approfondisce mai quello che sta dietro un semplice tramonto.

Il sole che lascia il posto alla notte, il sole che abbandona una fetta di mondo per accendere l'altro.

Il sole.

Quella palla gialla che non si può guardare per più di mezzo secondo; quella fastidiosa presenza che - almeno in estate - soffoca gli esseri viventi con il suo caldo asfissiante; quella stessa sfera che permette a tutti di vivere.

Il sole.

La vita.

Chi si è mai fermato ad apprezzare davvero la vita?

Teodoro lo stava capendo, pian piano, mentre percorreva le stradine della sua città.

Ilaria provava a capirlo mentre sedeva di fronte alla tomba dei nonni.

Orlando lo aveva capito da quando aveva fatto la conoscenza di quella creatura travagliata che osservava la lapide dei suoi cari con lo sguardo vuoto.

Ognuno di loro stava provando a lasciare entrare delle emozioni che avevano ignorato e la confessione del ragazzo era stata certamente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso di Pandora.

Dopo quello strano abbraccio, Ilaria era diventata completamente rossa e Teodoro dovette ammettersi che non gli era per nulla dispiaciuto sentire il calore e l'odore della sua pelle.

Quello che non avrebbe mai ammesso erano i suoi sentimenti.

Poteva davvero trovare interessante una sconosciuta?

Anche lei si chiedeva la stessa cosa.

Ma si rispondeva che poteva essere solo la voglia di stargli accanto per la sua malattia.

Sembravano davvero due estranei quando si salutarono con un lieve cenno della mano e un sorriso impacciato.

Orlando, dal suo mondo ultraterreno, se la rideva.

"Come possono non rendersi conto di nulla?" si chiedeva, passando lo sguardo da uno all'altra.

Ma nonostante iniziasse a interessarsi ai due ragazzi, non si era certo dimenticato di essere riuscito a toccarli.

Avrebbe voluto riprovarci, ma temeva che un fallimento lo avrebbe portato in un baratro di disperazione.

Più di tutto desiderava poter toccare la sua dolce fanciulla, ma da quando era subentrato Teodoro sembrava aver affievolito le speranze.

Che il suo compito fosse stato quello di farli avvicinare?

Ma come?

Non potevano né vederlo e né sentirlo; cosa avrebbe potuto fare lui, spettatore invisibile di uno spettacolo intoccabile?

Eppure, nonostante l'iniziale rivalità verso il ragazzo, cominciava davvero a credere che spettasse a lui.
Doveva ritirarsi nel suo piccolo angolo di solitudine e pensare; tanto quel giorno i due ragazzi erano immersi nei loro stessi pensieri e problemi.

La quiete regnava sovrana e un venticello fresco annunciava la fine dell'estate; Ilaria si strinse le braccia al corpo, sospirando.

Per la testa le frullavano diverse cose: il lavoro, la sua vita, i genitori, Teodoro...

Un sorriso impercettibile si formò sul suo viso che subito volse verso gli alberi dietro cui stava nascosto il ragazzo; si chiedeva cosa stesse facendo, cosa stesse pensando, come se la stesse cavando nella sua vita.

Però non si sarebbe avvicinata, dopo l'ultima volta non se la sentiva di guardarlo ancora in viso, in quegli occhi che stava capendo avevano un effetto particolare su di lei.

Teodoro non la pensava molto diversamente e aveva ancora in testa il calore che gli aveva trasmesso, l'affetto che gli mancava da troppo tempo.

Ma nemmeno lui aveva il coraggio di avvicinarsi, si era reso conto che aveva osservato le sue labbra con troppo interesse e la cosa lo spaventava.

Da quando era diventato un fifone?

Era sempre stato un bel ragazzo che non temeva nessun confronto, soprattutto con una ragazza, eppure l'idea gli faceva battere forte il cuore.

La paura di essere felici esiste?

Quella paura che ti attanaglia lo stomaco all'idea di possedere qualcosa di bello, ma destinato inevitabilmente a finire.

Lui sapeva che non poteva permetterselo, sapeva che prima o poi sarebbe finito.

Lui sarebbe finito.

Il sorriso della madre stampato sulla foto riusciva a dargli un poco di conforto, ma lo stomaco in subbuglio non poteva certo passargli come se nulla fosse.

"Cosa faresti tu, mamma?" si chiese, osservando per l'ennesima volta i lineamenti giovanili della donna. "Ho la possibilità di avere ancora qualcuno, ma so che è destinato tutto a finire, non voglio che qualcuno poi rimanga e soffra come sto facendo io con te..."

Una lacrima calda e fastidiosa abbandonò i suoi occhi per contaminare il suo viso candido, eppure non la tolse; non voleva eliminare il pensiero e il dolore che erano contenuti in essa.

"Se fossi qui mi diresti di seguire il mio cuore, vero mamma?"

Un lieve sorriso prese forma sulle sue labbra screpolate e si decise a lasciare il suo posto, ergendosi in piedi e salutando con un ultimo sorriso l'unica vera donna della sua vita.
Si incamminò verso l'ingresso con quel pensiero fisso: seguire il suo cuore.

Anche Ilaria era sempre stata una ragazza che segue il cuore, eppure gli eventi l'avevano cambiata e in quel momento preferiva solo seguire la corrente ed essere lasciata trasportare dove voleva l'Universo.

Quando scorse l'ombra del ragazzo dirigersi verso l'uscita un impeto strano le fece aprire la bocca, pronta a pronunciare il suo nome, ma subito la richiuse, scuotendo la testa.

Erano due sconosciuti che si erano trovati per caso, non aveva nessun senso provare a cercare un qualche altro significato nascosto.

La ragazza si alzò e dopo aver salutato i nonni e la sua pace, si avviò verso il cancello, osservando le lapidi degli altri.

Improvvisamente si chiese come poteva essere la madre di Teodoro, la donna di cui lui parlava così bene, la donna che lo aveva reso il ragazzo che aveva conosciuto, la donna che tanto gli mancava.
Si chiese se avesse preso qualche tratto da lei, magari il naso, o il colore delle iridi, oppure le labbra o gli zigomi.

Gli angoli della sua bocca si sollevarono senza che ne accorgesse e solo quando si trovò di fronte all'entrata il suo viso tornò serio.

Il cuore aumentò la sua corsa quando il pensiero che lui fosse rimasto ad aspettarla le balenò nella mente.

Ma non poteva essere così: erano solo sconosciuti.

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