9. ᴀʟᴡᴀʏs ғɪɢʜᴛɪɴɢ

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Sull'aereo per il ritorno, Charlotte si sedette a fianco di Andrea, con una melodia rilassante negli auricolari che le permise di fare un sonnellino.
A svegliarla fu l'atterraggio un po' rumoroso, e si spostarono quindi dall'aereo al pullman per tornare al centro sportivo di Vinovo. Durante quel tragitto, sorrise rispondendo ai messaggi o alle storie Instagram delle sue compagne dell'Under 19 che le facevano i complimenti per l'esordio, tra tutte Kristin e Dalila.

Arrivate a Vinovo, Francesco la portò a casa, continuando a elogiare la sua prestazione.

«Hai guardato la nostra partita? Davvero?» chiese Charlotte. Non se lo aspettava di certo.

«Ovvio! Volevo vedere come te la cavassi! E, beh, direi che hai fatto un ottimo lavoro.» commentò.

Quando arrivò a Torino ed entrò nella propria via, si voltò a salutare Francesco che stava facendo la retromarcia per andarsene.
Appena varcò la soglia di casa, sentì il sorriso svanirle dal volto e la solita sensazione di lontananza e tristezza cominciare ad opprimerle il petto.

«Sono a casa.» esordì parlando al vento, per poi salire subito in camera per posare il borsone ai piedi del letto.

Scese di nuovo ed entrò nel soggiorno, dove vide suo padre leggere un quotidiano - era solito leggerli la sera e non il mattino, Charlotte si era sempre chiesta perchè - sua madre trafficare ai fornelli presumibilmente per preparare la cena e suo fratello William con il telefono all'orecchio, mentre ascoltava un vocale.

Appena vide la sorella, lasciò il telefono sulla dispensa e allargò le braccia.

«Ecco l'idolo di giornata! - esclamò avvicinandosi a lei con un sorriso in volto - Hai fatto una partita eccezionale.»

Charlotte accennò un sorriso.
«Grazie, ma ho giocato solo venti minuti, perciò-...»

«Charlie, ti ho visto, quelle cose che hai fatto, tu...» iniziò, prima che la ragazza potesse interromperlo ancora.

«Mi hai... vista? Hai guardato la partita?» domandò, stupita come quando aveva posto quella domanda a Francesco. Non si aspettava che la guardasse tutta quella gente.

«Charlie, sapevo che probabilmente stavi per esordire con la Prima Squadra, davvero credi che non ti avrei guardato?»

«Pensavo non vi importasse nulla della me calciatrice, dei miei impegni, delle mie trasferte... mi avete sempre fatto capire che non ve ne importava niente.» disse lanciando uno sguardo anche ai genitori.
Aveva sempre così mal interpretato i gesti della sua famiglia?

«Tesoro, non li appoggio, non è che non me ne importa. È diverso. - intervenne la madre - Continuo a non capire perchè tu ti sia fissata per questa strada.»

La ragazza scosse il capo e fece per parlare, ma in quel momento il padre richiuse il quotidiano, pronto a prendere la parola.

«Sai che io invece non ti impedirò di farlo. Però Charlie, il calcio non potrà mai darti da mangiare, non ti darà un salario stabile, non è come il calcio maschile, lo capisci?»

All'inizio Charlotte fissò il vuoto, poi alzò lo sguardo e lo fece balzare dal padre alla madre, ferita nel profondo.
Aveva appena esordito, realizzato il suo sogno e contribuito alla vittoria della squadra, e i suoi genitori le stavano facendo la ramanzina sul fatto che no, non avrebbe mai potuto farne un lavoro.

«Perdonami ma no, non capisco. - fece sconvolta, gli occhi lucidi dalla frustrazione, dalla rabbia e dalla tristezza per sentirsi così... sola - Il calcio femminile è in evoluzione, si sta affermando, basta che noi atlete giochiamo bene e i tifosi inizieranno ad adorarci, stanno già cominciando a farlo, e la strada per il professionismo si sta spianando. Non c'è cambiamento se nessuno fa il primo passo... io lo sto facendo, insieme alle mie compagne di squadra. Sto realizzando i miei sogni e sto facendo cambiare idea alla gente. Ti rendi conto di quanto possa essere bello e gratificante?»

𝐍𝐄𝐕𝐄𝐑 𝐆𝐎 𝐀𝐖𝐀𝐘 || Weston McKennie Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora