31. ᴅᴏɴ'ᴛ ɢᴏ ᴀᴡᴀʏ

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Charlotte passò due notti insonni: la prima fu quella tra il martedì e il mercoledì, e poi la successiva.
In quella seconda notte era più l'ansia a divorarla, e nonostante avesse letto i messaggi di Weston e sapesse che ci fosse la Champions League maschile, non riuscì a scollarsi dal letto.

Sembrava quasi in coma vegetativo, fissava il soffitto per minuti interminabili, a volte anche ore, avvolta tra i suoi pensieri, soppesando tutte le possibilità, anche quelle piccole cose che magari potevano esserle sfuggite in precedenza, alla ricerca disperata di una soluzione che non fosse il trasferimento al Lione.
La stimava come squadra, per carità, era una delle più forti, ed era una lusinga esser cercata da loro.

Ma la sua casa era lì, a Torino. Quella città era diventata tutto per lei, l'aveva accolta in un momento difficile della sua vita, quando il nuovo mister del Manchester le aveva esplicitamente detto che, nel suo progetto, per lei non c'era spazio. E tra le numerose pretendenti che le avevano offerto soldi e un numero per sostituire il suo nome, la Juventus le aveva offerto aiuto e la possibilità di mantenere il suo nome e anzi, di farlo conoscere al mondo intero. Le avevano dato fiducia, e lei aveva giurato che avrebbe fatto di tutto per ricompensarli.
E invece aveva infranto la promessa, proprio lei che odiava tanto chi non mantenesse la parola data.

Aveva tradito la fiducia della società, più di una volta tra l'altro, e aveva deluso la Juventus che con tanta fatica si era conquistata.
Forse non la meritava più, quella squadra.

Sentì il telefono vibrare insistentemente, segno che qualcuno la stava chiamando.

«Pronto France?» rispose, rizzandosi a sedere: aveva notato solo in quel momento che mancavano solamente tre quarti d'ora all'appuntamento a Vinovo per il contratto, qualsiasi decisione prendesse.

«Non obiettare, - scandì lentamente l'autista - tra dieci minuti sono sotto casa tua.»

Charlotte sospirò, aprendo l'armadio per cercare i vestiti da indossare, con il cellulare in vivavoce.
«France, è un passo che devo fare da sola, non... - non sapendo cosa dire, sbuffò disperata - Ho bisogno solo di me stessa.»

«Ti accompagno solo. - insistette lui - Se ti fa stare meglio, non entro nemmeno dal cancello, parcheggio fuori dal centro.»

La ragazza si stava ormai infilando la felpa della Juventus, scelta non casuale, e a quelle parole si bloccò un attimo.
Sorrise mesta, e mormorò al cellulare:
«Non so come farei senza di te, France.»

Potè percepire dall'altra parte dell'apparecchio telefonico un sorriso farsi spazio sul volto del giovane.
«Sono sempre qua. Sto arrivando, a dopo.»

Charlotte riattaccò, e con un sospiro infilò le scarpe.
Prese la cartelletta dalla scrivania, mise il cellulare in tasca e scese.

Vide William entrare in casa proprio in quel momento, mentre lei stava scendendo le scale.
«Vado.»

Lui la guardò infilarsi il giubbino e avvicinarsi all'uscio.
«Cosa fai?» chiese il fratello, alludendo a quell'ardua scelta studiata, pensata, e presa valutando tutto.

Charlotte strinse la maniglia della porta.
«Firmo.» sentenziò, prima di sgusciare fuori e chiudersi alle spalle le mille domande che sarebbero uscite dalla bocca della sua famiglia, altra gente che si aggiungeva a quella che aveva malamente tradito.

****

Weston era sceso dall'aereo praticamente durante la notte, ed era rincasato verso le tre e mezzo del mattino.
Non si era nemmeno cambiato ma si era gettato sul letto e addormentato subito, puntando la sveglia sulle otto e mezzo per riuscire a prepararsi velocemente e raggiungere Vinovo.

𝐍𝐄𝐕𝐄𝐑 𝐆𝐎 𝐀𝐖𝐀𝐘 || Weston McKennie Where stories live. Discover now