21. ᴡᴏʀᴋ ʜᴀʀᴅ

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Dallo sfollo al telefono appena tornata a Torino, Charlotte non aveva più sentito Weston, nemmeno per messaggio, forse complice il fatto che avesse una trasferta non molto semplice che, poi, aveva comunque portato i tre punti ai bianconeri.

Era lunedì e la giovane aveva contattato Francesco per chiedergli di darle un passaggio fino a Vinovo.
Durante il tragitto parlarono di come fosse stata riammessa in squadra e della ramanzina che probabilmente Silvia Piccini le avrebbe fatto prima di allenarsi, e poi il discorso virò inevitabilmente sulla finale di Chicago.

A Charlotte era un po' passata: insomma, era ancora un po' scossa e convinta di essere l'artefice della sconfitta americana, ma almeno non le diventavano più gli occhi colmi di lacrime al solo nominare quella partita, o non le si bloccava il cuore sentendo parlare del rigore.
L'aveva superata, ma non ancora digerita.

«Hai fatto una buonissima partita Char, non sono io a dovertelo dire, lo sai benissimo anche tu. Hai fatto gol, hai fatto assist, ti sei quasi presa la squadra sulle spalle anche se non sei capitano, non ancora. - stava dicendo Francesco - E il rigore, beh, capita. Capita a tutti di sbagliare, di prendere male la mira, di essere umani e non automi infallibili. Capita a tutti di essere fragili a volte, di essere deboli, e non nascondo che la Charlotte che ho visto dopo il rigore quasi non la riconoscevo, perchè non ti ho mai vista così, nemmeno quando ti ha messo fuori rosa. Perchè lì diciamolo, te l'eri un po' cercata, ma era una cosa prettamente individuale, ma quello era la gioia o il dolore di un'intera squadra, di un'intera paese, e ti capisco. E quando ti ho vista così ero quasi sollevato, perché ho detto "la mia Char è umana".»

L'americana riuscì a distendere le labbra un un sorriso che, seppur tirato, fu del tutto sincero.

«Non conta il risultato quanto il percorso. Sì, avete perso, ma siete cresciute, tu sei cresciuta, e il mister della nazionale maggiore, Piccini o Guarino lo hanno sicuramente notato. Nel breve futuro si smuoveranno le cose per te, Char. - sostenne convinto, continuando nel suo discorso di incoraggiamento dicendo tutte quelle cose che pensava davvero ma non aveva mai avuto il coraggio di dire alla ragazza, perchè sapeva che avrebbe detto 'non mi servono queste parole'. Ora, invece, non si opponeva, forse perché sapeva di averne bisogno davvero - Parteciperai a tornei che nemmeno immaginavi, giocherai in palcoscenici calcistici fantastici e diventerai ciò che hai sempre sognato. La stoffa per farlo ce l'hai, serve però anche la tua volontà.»

Terminò di parlare e Charlotte fissava fuori dal finestrino, senza il coraggio di guardarlo in faccia.
Tutto quel che aveva detto era vero, e voleva informarlo che fosse così, ma non ci riusciva, complice la debolezza che provava di fronte a quel grande discorso e la convinzione che, davvero, a Francesco importasse qualcosa.
Non erano solo una calciatrice e l'autista della squadra, no, erano più di questo: erano il sarcasmo continuo, erano frecciatine di buono ma anche di cattivo gusto, erano l'amicizia che probabilmente non avrebbero mai pensato di poter instaurare.
L'uno nel pieno della maturità e, a cinque anni di distanza, l'altra, che ci stava per arrivare: eppure quando erano insieme quella barriera d'età sembrava cadere, rimpiazzata da un sentimento reciproco di intesa, amicizia, buon cuore.

«Grazie.» sussurrò Charkotte, proprio nel momento in cui varcarono il cancello del centro sportivo di Vinovo.

«Te l'ho già detto, ci sono sempre per te Char.» sbloccò lo sportello, la osservò scendere e le sorrise facendo un cenno del capo mentre lei si allontanava, la tipica camminata da calciatore mentre si avvia nell'unico posto in cui vorrebbe stare fino alla fine dei suoi giorni.

Giunse in spogliatoio.
Inutile dire che fu festa grande.

«Charlie! Sei tornata!» esclamò Michela Giordano, la prima ad accorgersi del suo ingresso.

Non aveva scritto alle ragazze di essere stata riammessa in squadra, voleva fare loro una sorpresa, e infatti lo stupore dipinto sul volto di tutte fu evidenzte quando si voltarono verso di lei.

«Che ci fai qui?» domandò Valentina Soggiu.

«Sono venuta a raccogliere le margherite. - commentò sarcastica - Il mister dice che questo è il mio nuovo ruolo in squadra. Può rivelarsi utile contro il San Marino.»

«Brutta stronza, ti ha riammesso e non ci hai detto niente! - la accusò Kristin, puntando il dito - Ma guardatela come fa!»

Charlotte fece un sorriso innocente.
«Non vi sareste liberate di me per sempre, ovvio. Io torno sempre, prima o poi.»

«E per fortuna. - aggiunse Alice Berti - Come faremmo senza di te!»

Ci fu un chiacchiericcio generale mentre le ragazze indossavano le divise da allenamento, ma poi fu una a rompere il ghiaccio, dicendo ciò che di fatto pensavano tutte.

«Charlie. - la chiamò Sara Caiazzo - Abbiamo visto la partita che hai giocato l'altro giorno. Noi... sì, volevamo farti sapere che hai giocato una partita pazzesca. E che ti capiamo. Capiamo la frustrazione e la tristezza e la rabbia che tu possa aver provato in quel momento. Ma davvero, quello non cancella i 120 minuti che hai giocato prima, che sono stati favolosi. Siamo fieri di avere in squadra una lottatrice come te.»

Charlotte si convinse di non aver mai sentito parole più genuine e comprensive.
Si sentì improvvisamente gratificata e capita da qualcuno, apprezzata anche se aveva sbagliato e del tutto fiera di aver giocato, anche di aver sbagliato, perchè sì, un rigore sul palo non avrebbero cancellato un assist e un gol stellare.

«Grazie ragazze. Davvero.» rispose sorridendo sul serio per la prima volta dopo quella maledetta finale.

Uscirono dallo spogliatoio e raggiunsero il campetto.
Salutarono il mister, e anche Charlotte lo fece. In effetti non aveva ancora avuto modo di parlarle dopo che l'aveva richiamata, tra l'altro indirettamente.
Non le rivolgeva la parola praticamente da quando, in lunedì precedente, si era presentata ad allenamento senza poi essere ammessa alla sessione.
Da allora, il vuoto.

Piccini sembrò pensare la stessa cosa, tant'è che mandò le ragazze a riscaldarsi, premurandosi di specificare 'no Charlie, tu vieni qui un attimo'.
L'americana, quindi, lasciò il gruppo delle sue compagne per avvicinarsi all'allenatrice e guardarla curiosamente.

«So che non vorrai parlare della finale, perciò rispetterò il tuo desiderio, tranne per il fatto che, ti ricordo, il rigore è arrivato dopo ben 120 minuti giocati egregiamente. Ti lascio quindi tirare le conclusioni. Ho sentito i tuoi, e poi ho scoperto che esci con McKennie: mi hanno riferito dei tuoi notevoli sforzi, e dopo la nazionale non potevo non richiamarti. Però devi mantenerti focalizzata, non dare di matto, non fare bravate, altrimenti non ci metto molto a metterti di nuovo fuori. Chiaro?»

Charlotte annuì.
«Chiaro, mister. Grazie.» fece poi, prima che Silvia Piccini annuisse dandole una pacca sulla spalla.

La ragazza ci pensò un attimo, poi specificò alla donna:
«Comunque Weston è solo un grande amico.»

Silvia Piccini la guardò e le sorrise.
«Quel tipo di vita privata non è affar mio. - disse - Ora forza, raggiungi le tue compagne. - mentre la ragazza si aggregò al gruppo, il mister iniziò a sgolarsi - Il San Marino fa un buon calcio, dovremo anticiparle, per evitare di farle costruire! Dovremo correre, per punire le loro disattenzioni! Dovremo vincere, per mantenere il vantaggio sulle altre! Se non vi allenate bene le nostre speranze saranno vane, nessuna di voi è certa del posto da titolare, dovrete guadagnarvelo come ogni volta. Li ricordate i tre pilastri? Lavoro, sacrificio, concentrazione! Senza di loro, panchina! Forza, forza, forza!»

Le urla di Piccini erano davvero frequenti, il suo spirito da lottatrice l'aveva resa una delle allenatrici migliori del campionato primavera.
Per quanto fossero assordanti, Charlotte dovette ammettere che le erano mancate.

Perdonatemi eventuali errori, ma non ho voglia di revisionare dato che questa è la terza storia che aggiorno oggi visto che ultimamente ho trascurato Wattpad e le storie in corso per riordinare le idee per i progetti in bozza. Spero comunque vi piaccia il capitolo, besos❤

𝐍𝐄𝐕𝐄𝐑 𝐆𝐎 𝐀𝐖𝐀𝐘 || Weston McKennie Место, где живут истории. Откройте их для себя