17. sᴏᴍᴇᴛʜɪɴɢ sᴘᴇᴄɪᴀʟ

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«Hai voglia di accompagnarmi a casa?»

Charlotte e Weston erano rimasti ancora un po' al parco parlando del più e del meno, e stava facendo buio quando la ragazza si era alzata dalla panchina segnalando chiaramente la sua intenzione di tornare a casa.

Weston dovette ammettere di essere rimasto un po' spiazzato dalla domanda della giovane, ma non si scompose quando le rispose:
«Se hai piacere che lo faccia, sì.»

E così lasciarono la panca e si avviarono verso casa dell'americana.
«Spero di non averti rovinato il lunedì pomeriggio. - fece - Sicuro che non ti scoccia accompagnarmi?»

Il ragazzo sorrise.
«No. - ribadì - Davvero, tranquilla.»

Ci fu una pausa, Charlotte non se la sentiva più di parlare non avendo di fatto nulla da dire, mentre Weston stava pensando al modo più sarcastico per dire quello che alla fine buttò lì piuttosto semplicemente, pur di strappare un sorriso all'amica:
«Tuttavia lo sai che, se ti accompagno, poi ricorderò di sicuro il tuo indirizzo?»

Il suo intento riuscì, e anzi oltre a sorridere Charlotte sfoderò di nuovo l'ironia:
«Se vieni a suonarmi il campanello alle tre di notte ti denuncio, non me ne frega un cazzo se sei un vip.»

Weston allungò un braccio e glielo mise sulle spalle, tirandosela vicino.
«Non verrò a romperti le palle alle tre di notte. Magari, però, alle tre di pomeriggio.»

«In caso, non ti denuncio ma ti caccio via a pedate.» ribattè Charlotte.

Il ragazzo le tolse la mano dalle spalle e fece un passo indietro, risentito.
«Come, con tutto quel che ho fatto per te anche oggi! Davvero mi rifiuteresti così?» domandò, prima di mettere un finto broncio.

Ancora sorridendo, Charlotte alzò una mano e gli diede uno schiaffetto sulla nuca.
Non poteva negarlo a sè stessa, Weston la faceva stare bene.

«Sei pronto? Stiamo per arrivare nella mia super-iper-mega villa a quattro piani con piscina olimpionica in giardino.» annunciò.

«Non vedo l'ora.» fece il riccio, prima che svoltassero l'ultimo angolo e raggiungessero la via.

Weston inclinò il capo.
«Quel rampicante è molto formale.» commentò appena furono davanti a casa.

La ragazza si voltò e lo guardò con tanto d'occhi.
«È tutto quel che sai dire? Da fuori sembra che cada a pezzi.» disse Charlotte.

«E dentro?» insistè l'americano con il disinteresse mascherato dall'impertinenza.

Charlotte lo guardò, di nuovo.
«Non ti infiltrerai in casa mia, non oggi.» sostenne.

Il ragazzo sorrise.
«Un altro giorno?»

«Si vedrà. - fece vaga, prima di fermarsi sul cancellino e poggiare le mani sul suo petto per spingerlo amichevolmente indietro - Ora vattene.»

Weston continuava a sorridere.
Era tornata la Charlotte sarcastica con cui aveva sempre avuto a che fare, quasi non fosse successo nulla quel pomeriggio. Un po' gli dispiaceva che si fosse ricomposta così in fretta, ma non lo disdegnava: sì, insomma, a lui garbava sia la parte sarcastica e da dura sia quella emotiva e da debole.

«Va bene capo. Ci vediamo, allora.»

«Ci conto. Grazie ancora.» disse, e il riccio ebbe la conferma che non si era affatto dimenticata di nulla.
Si era solo ripresa, e non poteva che essere felice per lei.

«Figurati, quando vuoi fai uno squillo. Non da ubriaca, possibilmente.»

La ragazza sorrise ancora e scosse il capo, quindi gli diede le spalle e si avviò fino alla porta di casa.
Quando si voltò, trovò Weston ancora in piedi vicino alla cassetta della posta.
Prima ancora che lei potesse parlare, egli fece:
«Complimenti per la sfilata.»

𝐍𝐄𝐕𝐄𝐑 𝐆𝐎 𝐀𝐖𝐀𝐘 || Weston McKennie Where stories live. Discover now