14 ~ Tuoni, fulmini e lampi

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C'era di sicuro qualcosa di affascinante nel percepire i tuoni riecheggiare nell'aria, mentre i lampi illuminavano il cielo con bagliori bianchi, azzurri, squarciando la volta celeste con immagini astratte e spettrali. Sapeva di autunno, sapeva di gioia.

Sì, ero strano e mi rendevano felice i temporali. Soprattutto i temporali estivi, proprio come quello a cui stavo assistendo da dietro il bancone del bar, in quel momento. Mi illudevano che il peggio era passato, che il caldo era ormai un ricordo lontano.

Il condizionatore acceso aveva iniziato a darmi fastidio, a farmi rabbrividire.
Adoravo l'aria che profumava di erba bagnata, il rumore della pioggia che batteva sull'asfalto – tutte cose in grado di strapparmi un sorriso e di accendere in me una gioia incontenibile.

Ero strano, sì.
O forse no, chissà.

Ero pure certo che quella giornata di tuoni, fulmini e lampi non fosse altro che una breve parentesi. Avrei potuto pure scommettere che nel giro di poche ore tutto sarebbe tornato com'era stato fino a quella stessa mattina, con l'afa pronta a far crepitare l'asfalto e il caldo ad ammantarmi con uno spesso velo di imbarazzante sudore.

In quel momento, però, mi godevo la pioggia.

-Vive le vent / Vive le vent / Vive le vent d’hiver / Qui s’en va sifflant soufflant
Dans les grands sapins verts / Oh!-

-Che cazzo stai cantando ad agosto, Cla'?!- tuonò Romina e io ridacchiai, percependo sulla pelle la bruciante occhiataccia da parte di Fausto.

-Fine agosto- precisai. -Ormai dai, che ci siamo! Jungle Bells in francese-

-In francese, addirittura!- esclamò Fausto, senza entusiasmo, con un'espressione decisamente sonnecchiante.

-Eh, sì. Reminiscenze di quando andavo alle elementari e studiavo francese-

-Francese o inglese... mi pare un po' prematuro- borbottò Romina.

-Mancano quattro mesi precisi al Natale. Non la senti anche tu, nell'aria, questo odore di pini, di polvere, di scatoloni pieni di decorazioni natalizie appena riesumate, di luminarie, di gioia, di caldarroste?- dissi tutto d'un fiato.

Fausto mi rifilò l'ennesima occhiataccia, sollevando solo una palpebra, lasciando l'altro occhio chiuso. -Tu sei tutto matto- disse e scosse la testa, indossando gli occhiali da sole, messaggio che stava a significare: "Voglio dormire, non rompete il cazzo".

Me lo ripeteva spesso, che ero "tutto matto". Immagino che, anche lui, un po' come tutti quelli che avevo incrociato sul mio cammino fino ad allora, si fosse accorto di quanto io fossi diverso. E non per via della mia identità di genere, né tantomeno per via delle mie inclinazioni sessuali.

Ero strano.
Lo sapevo.
Ero diverso.
E lo sapevo.

Mi sentivo spesso come se ragionassi su frequenze diametralmente opposte rispetto a quelle di tutti gli altri, un tantino più basse. Ogni tanto sfioravano in blandi picchi quelle degli altri, ma poi restavano a un livello inferiore... e non perché io fossi inferiore. Ma perché la mia voce tendeva troppo spesso a spegnersi in pensieri, le parole si esaurivano prima ancora di lasciare la bocca. Per paura, certo, di essere considerato troppo "matto, strano, diverso". Passavo in sordina, sempre un passo indietro a tutti, nel timore che, venuto fuori quello che ero veramente, tutti mi avrebbero potuto lasciare indietro per propria scelta.
Nel timore che ciò accadesse, decidevo io di restare indietro.

Le ferie mi avevano fatto male, sicuramente. Forse perché mi ero scoperto più solo di quello che avevo creduto fino a quel momento.
Forse perché avevo avuto una piccola discussione con Cristina e non mi piaceva avere – piccoli o grandi che fossero – battibecchi con le mie Amiche. Entravo nel panico e subito la mente correva all'ipotesi terrificante di poterle perdere.

CI SONO ANCH'IO Där berättelser lever. Upptäck nu