24 ~ Ero strano. E lo sapevo.

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Pioveva ed io ero felice.

Ovviamente!

Come non avrebbe potuto essere altrimenti? Correvo da una parte all'altra del quartiere, in maniche di camicia e gilet, ombrello, sedici gradi di temperatura e strade allagate, tombini straripanti, calze e scarpe bagnate.
Ero felice.

Mi pizzicava il naso per il freddo, ma mi sentivo ringiovanito di almeno dieci anni. Nessun dolore fisico, nessun sudore, niente spossatezza.
Ero strano e lo sapevo.

-Sei contento, eh?- mi canzonò Pieruccio, il nostro vicino di attività, sfoggiando ancora una T-shirt a maniche corte che ben sottolineava il suo fisico da culturista.

-Non vedi anche tu quant'è poetico questo tempo? Il cielo grigio non ti ispira profondo romanticismo e poesia?-

Pieruccio cercò con lo sguardo Fausto, seduto dietro di me sullo sgabello vicino alla cassa. -Profondo romanticismo e poesia- ripeté con voce colma di freddo stupore. -Ma questo si droga-

-È tutto matto- disse Fausto, scuotendo la testa rassegnato, mentre io ridevo e uscivo dal bar, recuperando l'ombrello.

-L'ombrello!- esclamò Pieruccio. -Sotto la pioggia a prenderti tutta l'acqua! Altro che ombrello!-

-Fosse per me, sarei un moderno Gene Kelly. È che devo proteggere la merce da consegnare-

Pieruccio si scambiò un altro sguardo eloquente con Fausto e io corsi sotto la pioggia, ma con l'ombrello aperto, in direzione dell'abitazione del cliente che aveva richiesto il domicilio.

Fatta la consegna, ripiegai verso il bar, canticchiando jingles natalizi, straripante di entusiasmo.

Adoravo l'inverno.
Adoravo il buonumore che solo la pioggia e i maglioni sapevano trasmettermi.
L'idea del Natale in arrivo, delle luminarie, dei dolci e di quell'atmosfera unica, riusciva sempre a suscitarmi una voglia genuina di vita.

Ero strano.

Molto strano.

Ero fatto così.

L'inverno, sulla carta, non era ancora arrivato, ma le mezze stagioni ci avevano abbandonato da anni: il giorno prima era stata ancora estate, e in quello eravamo tornati a far parte dell'Italia, saltando l'autunno e approdando all'inverno.

Cosa poteva esserci di più bello?

Stavo procedendo lungo il marciapiede, quando da lontano intravidi venirmi incontro una tipa con i capelli lisci, ma elettrizzati a causa dell'umidità; indossava una lunga gonna – che sicuramente aveva visto giorni migliori – e teneva in una mano l'ombrello, che però non la copriva per niente, e nell'altra una cassa portatile da dove proveniva musica neomelodica a tutto volume.

Me la immaginavo già fulminata dalla scossa che avrebbe sicuramente preso di lì a poco.

Nel vedermi andarle incontro, schiuse le labbra, tinte di un acceso color fragola, e mi sorrise. -Ma sei bellissimo!- esclamò e io, che continuavo a essere di buonumore, invece che impappinarmi con le parole e imbarazzarmi – come di solito capitava –, mi limitai a risponderle con un grazie e un sorriso, stupito per l'assurdità della scena che stavo vivendo. -Mi vuoi sposare?-

Scoppiai a ridere e la superai. -Poi, poi ti sposo!- le risposi.

-Grazie!- mi urlò alle spalle, mentre raggiungevo il bar.

Non ebbi neppure il tempo di raccontare dell'esilarante episodio né a Fausto, né a Romina, ché trovai il locale stracolmo di gente. I tavolini della sala interna erano tutti occupati, lo stesso le poltrone. Al banco c'erano in attesa almeno una quindicina di persone, e un paio di turisti stavano sfidando il freddo e la pioggia, sedendo intorno al tavolino in prossimità dell'ingresso del bar, a malapena riparati dalla tenda su cui svettava il nome del locale. Diedi loro l'ombrello, nella speranza che riuscissero a ripararsi un po' di più, guadagnandomi sorrisi, risatine e una manciata di grazie sia in italiano che in inglese.

CI SONO ANCH'IO Where stories live. Discover now