Capitolo 1

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All'improvviso, credetti proprio di essere diventata pazza come mia madre.

I miei genitori avevano sempre condotto un'esistenza sopra le righe, per dirla con un eufemismo, aprendo un negozio olistico in cui vendevano incensi, cristalli, oli essenziali e tanti altri oggetti strani, dai mandala alle ali di angelo alle piume cherokee. Io invece, Bastian contrario all'incontrario, avevo fatto di tutto per crescere sviluppando il più possibile l'emisfero sinistro del cervello, quello analitico e razionale, tanto che mi ero iscritta al liceo scientifico prima e a Ingegneria civile poi.

Andavo fiera del mio rigore, della capacità di mantenere il controllo in ogni circostanza e dell'ordine maniacale in cui tenevo il mio bilocale, venti metri quadri a farla grande.

E allora perché, tutto a un tratto, avevo l'impressione di vedere le aure delle persone?

Mi trovavo nel corridoio più stretto del dipartimento, sgomitavo per arrivare in anticipo alla lezione di Fondamenti di analisi matematica 2 e non intaccare la mia reputazione di studentessa modello entrando in aula con tre secondi di ritardo, e all'improvviso incrociai il ragazzo più bello che avessi mai visto.

Viso angelico, di un pallore d'altri tempi; capelli nero-tenebra, scompigliati ad arte per risultare ancora più magnetico; occhiaie scure, di quelle che danno l'aspetto di un poeta maledetto alla Rimbaud; mani delicate, con dita lunghe che potevano appartenere solo a un musicista che aveva trascorso l'intera esistenza a suonare il piano.

C'era qualcosa di parecchio sbagliato, nel vedere questa specie di semidio dell'oscurità, vestito come un modello di Vogue, aggirarsi per i corridoi del dipartimento con i muri scrostati e le porte così consumate che parevano sul punto di sfaldarsi, ma non fu quello a sorprendermi: fu il fatto che, quando mi passò accanto, vidi che era circondato da un alone di luce di uno strabiliante color argento, che mi trasmise un'onda di energia così forte che mi si rizzarono i peli delle braccia.

Schizzai di fianco a una parete e lo guardai in cagnesco. Non poteva non accorgersi del mio comportamento strano. E infatti se ne accorse.

Si girò verso di me e s'immobilizzò.

Mi sarei aspettata più o meno qualsiasi genere di reazione. Una parolaccia, come sarebbe stato più che giusto nell'incrociare la strada di una povera folle che, al solo vederlo, era saltata via come se fosse un appestato, e continuava a fissarlo neanche avesse il diavolo in corpo. Un Ma che accidenti ti prende? Sei fuori di testa? come di sicuro avrebbe detto la mia amica Elena se le fosse capitata una cosa del genere. Un posso aiutarti? accompagnato da un'espressione compassionevole, se fosse stato un tipo gentile alle prese con una ragazza che, con ogni evidenza, non aveva tutte le rotelle a posto.

Ma Aura-argento fece proprio l'opposto. Assunse l'immobilità di una perfetta statua di marmo e mi esaminò da capo a piedi.

Restai senza parole.

Cavoli. Quegli occhi non potevano essere reali. Doveva avere una qualche tipo di lente colorata, perché erano di un grigio perla quasi innaturale.

Per quanto dovesse essersi reso conto che il suo sguardo mi aveva fatto sprofondare nell'imbarazzo, non smise di osservarmi. Inclinò la testa, perfino, come se fosse convinto di trovarsi di fronte a una creatura aliena e volesse esaminare ogni anfratto della mia anima.

Aprì la bocca per parlare e intravidi una schiera di denti perfetti, di un candido quasi abbagliante. Ma prima che pronunciasse una sola sillaba, un altro tizio perfino più alto e più strambo di lui, circondato da un'aura color arancio, comparve dal nulla, mi rivolse un'occhiata così tagliente da scorticarmi il viso, afferrò il proprio compare per un braccio e lo trascinò via.

Il ragazzo con l'aura d'argentoWhere stories live. Discover now