Capitolo 2

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Aura-argento stava discutendo in maniera piuttosto vivace con l'energumeno biondo che, a quanto sembrava, gli stava sempre appiccicato come colla epossidica. Forse spazientito dalla piega che aveva preso la discussione, il tizio lo prese con foga per un braccio.

Fui così sorpresa da quel gesto che lasciai cadere da una parte la borsa, che si rovesciò e sparpagliò sul roseto buona parte del suo contenuto, e dall'altra i libri. Tutto quel trambusto catturò ovviamente l'attenzione di Giacomo, che schizzò indietro togliendomi il braccio dal collo per evitare che il tomo di Fondamenti gli azzoppasse un piede, di buona parte degli studenti e, purtroppo, anche dell'oggetto del mio pedinamento, che si liberò dalla presa del proprio compagno e mi rivolse un'occhiata penetrante.

Per un momento rimasi immobile, a bocca aperta, sentendo un'insopportabile onda di disagio scorrermi dalla testa ai piedi come una cascata d'acqua ghiacciata.

Poi, il ragazzo misterioso si voltò e infilò il primo corridoio che si trovò accanto, sparendo dalla mia vista seguito dal suo compare.

Non potevo perderlo. Chissà se lo avrei mai rivisto! Balzai in piedi, recuperai tutti i miei averi (pile, coltellino e legacci neanche fossi MacGyver; non si sapeva mai quando qualcosa poteva rivelarsi utile) e li ficcai alla rinfusa dentro la borsa. Agguantai anche i libri e mi fiondai all'inseguimento dello sconosciuto, strillando un ci vediamo! a un Giacomo decisamente sconcertato.

Feci il corridoio in due secondi netti, sgomitando tra la folla di studenti e con il cuore in tumulto, ma non riuscii a trovare i due fuggitivi da nessuna parte.

Guardai in aula A, B e C. Mi precipitai su per i gradini e corsi al secondo piano. Mi appostai per qualche minuto davanti ai bagni. Buttai un'occhiata in mensa e un'altra nell'aula studio. Entrai in biblioteca fingendo di voler prendere in prestito un paio di libri, anche se ne avevo già cinque tra le braccia.

Niente da fare. I due erano spariti.

Avrei voluto sbuffare per la frustrazione, appena mi resi conto che non trovavo le mie prede da nessuna parte, ma come al solito ero circondata da almeno una decina di studenti, che essendo iscritti a ingegneria erano capaci di cogliere ogni dettaglio che indicava il mio cattivo umore neanche fossero degli investigatori in erba, per cui lasciai perdere e m'incamminai verso le scale che portavano al piano terra.

Stavo già pensando che sarei rientrata a casa con la coda tra le gambe, avrei buttato la sacca in un angolo e mi sarei preparata una tristissima pasta con il tonno, il piatto base della mia alimentazione poiché detestavo cucinare, quando udii una voce.

Mi bloccai sul posto.

«Devi smetterla di mettere a repentaglio la tua vita a questo modo. Non posso tollerarlo!»

Questo è l'energumeno che stava con il tizio dell'aura, pensai, riconoscendo la voce energica e il tono spazientito.

Ma come parla? fu ciò che mi domandai subito dopo, perdendo un paio di secondi a ragionare sul fatto che nessuno, al giorno d'oggi, ricorreva a termini così desueti come mettere a repentaglio o tollerare.

A parte me, che usavo vocaboli come desueto, mi resi conto resistendo a fatica all'impulso di darmi una manata sulla fronte.

Il tizio dall'aura d'argento, che di sicuro doveva essere accanto a lui nell'angolo subito dopo le scale, dovette rispondere qualcosa, perché sentii un mormorio, pronunciato in tono armonioso ma con voce così bassa che non distinsi quasi nulla, se non un tutto sotto controllo e un non ti preoccupare che, dovevo ammetterlo, non convinse neppure me, figurarsi il suo amico energumeno.

Il ragazzo con l'aura d'argentoWhere stories live. Discover now