Capitolo 15

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Max si alzò con delicatezza, per non svegliare il suo amico, e sostituì il proprio corpo con un cuscino. Doveva essere debole per la perdita di sangue, perché appena fu in piedi vacillò, rischiando di finire lungo disteso per terra.

Per una volta fui io a reagire con prontezza; lo presi per un braccio, me lo trascinai dietro e lo obbligai a sedersi su una delle sedie di fronte al tavolinetto. Non sapevo come aiutare un mezzo vampiro quasi dissanguato, ma qualcosa dovevo fare o avrei perso la testa per l'ansia, per cui agguantai la campanella d'argento che avevo adocchiato sul tavolo e la scossi con tutte le mie forze, provocando un piccolo gemito contrariato da parte di Kurt e un aggrottare infastidito delle sopracciglia da Max.

Non ci speravo più di tanto, invece sulla soglia comparve subito la ragazza che mi aveva aperto la porta. Lanciò un'occhiata a Kurt, immerso nel sonno, e parve recuperare un po' di colore nel notare che era vivo e respirava.

Anzi no, non era vera nessuna delle due cose: era rimasto non-morto e non respirava, ma comunque stava meglio di prima.

«Portaci subito delle bende. Devo curare il tuo padrone» stabilii, con abbastanza energia da farla sobbalzare. «E prepara dei pancake» aggiunsi, valutando con occhio critico l'aspetto pallido di Max. «Tanti pancake. Una montagna di pancake.» Se non fossero serviti a rimettere in forze Max, almeno avrebbero aiutato me a recuperare un po' di lucidità.

La ragazza annuì e si volatilizzò.

Io e Max rimanemmo da soli.

Vidi che continuava a fissare il suo amico con espressione assorta. «Non ti preoccupare. Starà bene» gli dissi sfiorandogli un braccio, anche se non avevo idea di come si dovesse curare un vampiro e quali probabilità avesse di cavarsela, dopo essere stato ferito dagli artigli di un licantropo.

Max si riscosse e posò lo sguardo su di me, fissando la mia mano appoggiata sul suo bicipite, nel goffo tentativo di confortarlo. «Che... che cos'è successo?» lo interrogai, cercando di farlo riprendere dal torpore.

Max esalò un lungo sospiro. «Te l'ho detto, il mio sangue è benefico per i vampiri. Può curare i pochi disturbi che mettono a repentaglio la loro vita e regalare loro un'eccellente potenza.»

Mi trattenni con tutte le forze dal domandare il mio solito: «Perché?», visto che Max sembrava ancora parecchio scosso, e rafforzai la stretta sul suo braccio.

Lui mi rivolse un'occhiata quasi disperata, poi si liberò dalla mia stretta, in un piccolo moto di rabbia che non mi aspettavo. «Gli avevo detto di non attirare l'attenzione degli umani, e lui cosa fa? Si mette a combattere con un licantropo in un dipartimento affollato di studenti!» sbottò, indicando Kurt con entrambe le mani.

Scosse la testa e recuperò il dominio di sé, rivolgendo al suo amico un'occhiata accigliata e a me una appena un poco più serena. «È tutta colpa mia. Se non gli avessi detto che doveva proteggerti...» Tacque e deviò lo sguardo sul pavimento.

Certo, non era il momento di provare soddisfazione, ma il mio piccolo cuore fece una giravolta, al sentire quelle parole. Non capivo perché, ma davvero sembrava che Max tenesse alla mia incolumità al punto di mettere in pericolo perfino la vita del suo migliore amico, che gli era più caro di un fratello.

Lo presi di nuovo per un braccio, obbligandolo a concentrare l'attenzione sul mio viso. «Non è colpa tua né di Kurt» stabilii guardandolo fisso negli occhi. «È colpa mia, invece.»

Vidi che Max si preparava a interrompermi, ma ripresi il discorso prima che parlasse. «Se non avessi seguito quel licantropo, non mi sarei messa in pericolo e Kurt non avrebbe dovuto iniziare quella battaglia per proteggermi.»

Il ragazzo con l'aura d'argentoWhere stories live. Discover now