Capitolo 12

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Vivere in una città d'impianto medievale e piena di sottoportici per un vampiro doveva essere una fortuna, mi resi conto mentre lanciavo qualche occhiata di soppiatto a Kurt, che per evitare il sole si era vestito con jeans e felpa pesanti, teneva il cappuccio sollevato e occhiali da sole nero funereo, e si nascondeva il più possibile all'ombra.

«Sta bene?» domandai a Max, che, pur potendo assorbire qualche raggio solare in più, si teneva comunque lontano dal sole diretto.

«Sto bene» asserì il diretto interessato, lanciandomi un'occhiata spavalda che, nonostante gli occhiali da sole, colsi alla perfezione.

«Come fai a stare all'aperto anche se sei un vampiro?» gli domandai.

«Come fai a fare domande per tutto il giorno? Non ti si secca la bocca, ogni tanto? Non ti manca il respiro?» ribatté lui, sempre più scorbutico.

Max gli diede una gomitata, per indurlo a essere più gentile. «Posso stare per qualche tempo al sole, ma è doloroso e... stancante» aggiunse allora Kurt, controvoglia. «Dopo, devo recuperare le energie» concluse, sollevando per un istante gli occhiali da sole e strizzandomi un occhio.

Mi passò la voglia di porre domande, appena intuii a cosa si riferiva.

Per recuperare le energie, doveva succhiare un po' di sangue.

Gli feci una linguaccia, per dimostrargli che non avevo paura di lui ma facendo di sicuro la figura di una bambina, dopodiché mi dedicai all'attività più interessante della giornata: osservare le reazioni stupefatte con cui gli studenti accoglievano il mio ingresso trionfale in dipartimento, scortata da due ragazzi divinamente belli.

Le poche studentesse sgranarono gli occhi, incapaci di reggere tale perfezione, mentre i ragazzi strinsero le mani a pugno, forse provando l'istinto di cacciarli fuori dal loro territorio.

Avrei dovuto avvisarli, che non era il caso di mettersi contro due vampiri se non volevano rischiare una brutta fine, ma avevo giurato a Max che non avrei mai rivelato il loro segreto, e soprattutto volevo gustarmi ancora un po' la sensazione di essere guardata come se fossi un premio da conquistare.

Sì, lo so. Sono una brutta persona.

«Allora, io vado a lezione» dissi a Max con naturalezza, quando fummo nei pressi dell'aula. Lui si irrigidì per un istante, ma quello era il piano che avevamo concordato e non poteva cambiare idea all'ultimo momento. Tutto sommato fui soddisfatta della sua reazione: era l'ennesima prova che ci teneva a me, al punto da non volermi perdere di vista nemmeno per un'ora.

Entrai nell'aula, sicura che Max e Kurt si sarebbero rifugiati nell'archivio della biblioteca, il luogo più tetro dell'intero dipartimento, e mi accomodai al solito posto con la testa colma di pensieri.

Solo ventiquattr'ore prima ero seduta nella stessa sedia e la mia preoccupazione più grande era approfondire la conoscenza dello spazio euclideo, rivolgendo al professore ogni domanda che mi frullava nella testa. Ora, invece, mi scervellavo su come evitare di infastidire un vampiro che pareva sempre sul punto di mordermi, mi agitavo per la sorte di un mezzo vampiro che rischiava la vita per un motivo che nemmeno conoscevo e, soprattutto, temevo di venire catturata da un gruppo di vampiri demoniaci a causa dei fenomenali poteri che avevo dimostrato di possedere ma fino a due giorni fa neanche sapevo di avere.

Da perderci la testa.

Per fortuna la mia amica Elena fece il suo glorioso ingresso nell'aula, sfoggiando una fenomenale capigliatura blu elettrico e guadagnandosi un'occhiata adorante da parte di tutti i maschi dell'aula. La salutai con entusiasmo. Elena poteva essere una ragazza stramba che tendeva fin troppo spesso a perdere il contatto con il resto del mondo, ma era il mio punto fermo. Dopo tutti gli avvenimenti dell'ultimo giorno, il solo vederla mi diede una ventata di stabilità.

Il ragazzo con l'aura d'argentoWhere stories live. Discover now