Capitolo 30

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Di rado nella mia vita ero stata così sulle spine. Per tutto il tragitto che compimmo per arrivare alla reggia di Max, con il mio mezzo vampiro preferito immerso in un silenzio assorto e perfino Kurt a corto di parole, non feci altro che domandarmi come stessero le cose. Ero sempre stata una persona curiosa, e sapere che stavo finalmente per scoprire la verità mi elettrizzava dalla testa ai piedi.

«Allora?» sbottai appena varcammo la porta d'ingresso del palazzo, incapace di trattenermi.

Anziché rispondere, Max mi indicò la biblioteca, il luogo più accogliente dell'intera casa.

Kurt si eclissò, di sicuro andando in cerca di Giulietta, e io mi precipitai nella sala. Per una volta non contemplai la pila di libri rimproverandomi per non averli ancora letti tutti, ma mi buttai di malagrazia sul divanetto.

«Allora?!» ripetei, ancora più agitata.

Max si accomodò al mio fianco, con molta più eleganza di me. Senza curarmi dell'etichetta mi tolsi le sneakers, mi ritirai in un angolo per lasciargli spazio e mi abbracciai le ginocchia.

Lo vidi deglutire. Mi resi conto che per lui parlare di certe cose era doloroso, e mi rimproverai per essere stata insistente e avergli chiesto tanto. Pensavo che imbattermi in un ragazzo dall'aria così fragile, nonostante fosse un mezzo vampiro, mi avrebbe infastidito, invece mi colmò di tenerezza. Provai l'istinto di proteggerlo: io, una misera umana che non poteva contare su una forza prodigiosa né poteri fenomenali, a parte colpire un'aura con abbastanza forza da ammaccarla, desideravo trasformarmi in una paladina e difenderlo da ogni avversità.

«Sono nato nel 1900» disse Max dopo un po', prendendo il discorso molto alla larga. «Proprio il primo gennaio, ci crederesti? I miei genitori pensavano che fossi speciale, per questo. Che fossi una sorta di angelo caduto dal cielo, visto che avevano provato per tanti anni ad avere un figlio e non ci erano mai riusciti.»

Mi sfuggì un sorriso. Speciale Max lo era di sicuro, almeno ai miei occhi, ma non per la data di nascita. Tuttavia non volevo interromperlo, per cui restai in silenzio.

«Saltò fuori presto che non ero poi così angelico, se non altro perché non potevo contare sui poteri di una creatura del cielo» proseguì.

Aggrottai la fronte. Lui, per me, era perfetto in tutto. Non riuscivo proprio a immaginare per quale motivo...

«Soffrivo di una malattia rara» spiegò Max, interrompendo le mie riflessioni. «Il mio sangue non coagulava bene; se mi procuravo anche solo un piccolo taglio, continuavo a sanguinare per parecchio tempo.»

Mi raddrizzai sul divano, piuttosto allarmata. «Vuol dire che eri... emofiliaco?»

Mi parve un'assurdità anche solo pronunciare una parola del genere. Non potevano esistere dei vampiri emofiliaci. Cioè, a dire la verità non potevano esistere neanche i vampiri, ma questo era un altro discorso.

Max sorrise, di sicuro consapevole dell'evoluzione dei miei pensieri, e mi diede un colpetto sulla fronte con la punta di un dito. «Se pensi troppo ti si sciuperà la pelle» mi redarguì. «A forza di aggrottare la fronte, ti verranno le rughe prima del tempo.»

Mi lasciai sfuggire un piccolo verso scandalizzato, ripiegandomi in una specie di palla e scoccandogli un'occhiata di rimprovero, ma ero troppo curiosa di conoscere il resto della storia, per cui mi limitai a borbottare un continua! piuttosto sgarbato.

Max non commentò il mio tono maleducato. Alzò gli occhi, invece, e appuntò lo sguardo sui libri con il dorso consumato dal tempo, di certo smarrito in ricordi dolorosi. «I miei genitori erano molto preoccupati. Consultarono tutti i medici di loro conoscenza e mi fecero provare diverse terapie, ma nessuna ebbe successo. Gli venne riferito che sarei morto prima di compiere dieci anni.»

Il ragazzo con l'aura d'argentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora