Capitolo 52

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Torce per accendere un fuoco istantaneo, fucili da paintball caricati a pallottole ripiene di verbena, lampade da testa, paletti di legno.

Avevamo tutto, ed era già un miracolo essere riusciti a procurarci un simile armamentario a tempo di record. I paletti di legno erano gentilmente offerti da Kurt, che sfidando qualsiasi logica, dal momento che per lui erano un attrezzo potenzialmente mortale, ne aveva sempre una buona scorta a portata di mano nel caso di un attacco da parte di un vampiro. La verbena da Marta, che appena l'avevo contattata si era prodigata per attingere alla scorta di erbe di Astarte e creare dei proiettili anti-vampiri. I fucili da paintball, in maniera del tutto rocambolesca, da Elena, che conosceva un amico che aveva un amico che... oh, sì, insomma, era in contatto per vie traverse con degli appassionati di questo gioco. Il resto me l'ero trovato da sola, visto che il licantropo aveva da offrire solo i propri artigli, che comunque erano già un aiuto interessante.

E ora eravamo tutti qui, raccolti davanti all'acciaieria in rovina, come uno sgangherato drappello di vigilantes che, anziché agire di notte, operava in pieno giorno.

Lanciai un'occhiata alla nostra banda strampalata. Il licantropo e Kurt parevano i supereroi di un film, con il fisico massiccio, l'aspetto virile e una certa aria truce che scintillava nel loro sguardo. Io, Marta ed Elena facevamo decisamente più pena, vestite com'eravamo con semplici tute che non avevano nulla di mitico: nonostante contassimo su un armamentario mica da ridere sembravamo più dei pulcini appena usciti dall'uovo che paladine capaci di sterminare un covo di vampiri.

Ma tant'è. Questo avevo a disposizione, e non potevo far altro che ringraziare il cielo per aver posto al mio fianco una manciata di persone, di ogni razza esistente e varietà di poteri possibile, che era così folle da mettere a rischio la vita pur di aiutarmi a strappare il mio ragazzo da un tormento eterno.

«Tutti pronti?» chiesi, controllando il fucile da paintball che avevo tra le mani. La mia vita dipendeva da un attrezzo che si usava per simulare una guerra, non per farne parte davvero.

Elena e Marta erano al mio fianco, e la cosa mi rassicurava un poco. Elena sembra un folletto vestito da Robin Hood, Marta una specie di principessa Marian che si era trovata per caso un'arma tra le mani. Dubitavo che fossero capaci di centrare non dico un vampiro, ma neppure un elefante a pochi metri di distanza, ma purtroppo erano le uniche persone che potevo coinvolgere in un assalto a un gruppo di creature soprannaturali, e dovevo ammettere che gli allenamenti nel prendere la mira e sparare, a cui le avevo costrette negli ultimi tre giorni, erano stati abbastanza soddisfacenti.

Il licantropo fu l'unico ad annuire. Chissà perché, sembrava il più pronto a menare le mani. Kurt aveva ancora l'aspetto emaciato di chi non ha dormito per tre giorni e tre notti, nonostante fosse un vampiro e di sicuro non avesse necessità di riposare; l'assenza di Max faceva questo effetto, su di lui, come se gli avesse anestetizzato tutti i sensi e l'avesse trasformato più in uno zombie che in un vampiro.

«Pronti!» esclamò Damian.

Presi un respiro, cercando di caricarmi d'entusiasmo e furia omicida al pensiero che stavo per ricongiungermi con Max. «Allora andiamo» ordinai, da perfetto capo di quell'improbabile drappello d'assalto.

Il licantropo mi regalò un sorriso piuttosto inquietante, tutto labbra sensuali e canini ipersviluppati, poi balzò in piedi e si mise a correre. Arrivò a poca distanza dall'edificio fatiscente e, come avevamo concordato, diede fuoco a una delle torce. La scagliò con una parabola perfetta dentro una delle finestre rotte del piano terra.

Attesi, il cuore che mi martellava nelle orecchie con tale energia che mi parve di essere diventata sorda e non udire nulla di quello che stava accadendo.

Il ragazzo con l'aura d'argentoWhere stories live. Discover now