2- 𝙍𝙖𝙞𝙣, 𝙞𝙣 𝙮𝙤𝙪𝙧 ᵇˡᵘᵉ 𝙚𝙮𝙚𝙨- 𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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«Spingi, più veloce, dritta, stringi le scapole, allunga e...su!» l'ennesimo tonfo. Audrey continuava ad anticipare i miei movimenti, urlando a gran voce dall'altra parte della pista, dandomi il ritmo del salto. Ogni caduta rimbombava sul parquet del palazzetto, ed ero finita così tante volte con il sedere a terra da non sentire più il minimo dolore. Se ne erano andati tutti, ma Audrey aveva deciso di prolungare il mio allenamento fino a che non avessi fatto un triplo toeloop perfetto.
Ero a dir poco sfinita, e iniziavo a non avere più il controllo del mio corpo a causa dei muscoli indolenziti.

Mi rialzai, asciugandomi il sudore sulla fronte con l'avambraccio, presi velocità con il passo incrociato indietro e mi misi in posizione, verificando mentalmente che tutto fosse al posto giusto: scapole strette, spalle allineate ai fianchi, braccia tese e a L. Allungai la gamba sinistra indietro, puntando il freno a terra con la punta del pattino aperta di un quarto di giro: mantenendo dritto il busto, piegai le gambe per iniziare la fase di caricamento, feci scorrere il pattino destro per avvicinarlo all'altro, spostai il peso per darmi la spinta dal puntale sinistro e iniziai la fase aerea del salto, chiudendo rapidamente le braccia e allungando il mio corpo verso l'alto, con l'obiettivo di fare tre giri completi in aria. Niente da fare, di nuovo a terra. 

Mi alzai, sbuffando, stanca di provare e riprovare lo stesso salto che fino a qualche settimana prima era tra i più sicuri del mio bagaglio tecnico. Ero in grado di farli alla perfezione, veloci, alti, con una buona parabola in volo e atterraggi completi e puliti sulle ruote.

Stavo andando con spinte blande verso gli spalti, per bere un sorso d'acqua e mettere in pausa  quel supplizio per qualche minuto, quando mi sentii tirare i capelli per la coda e finii quasi a terra.

«Svegliati cazzo, non ti riconosco più!» con violenza, Audrey mi prese per le spalle e scuotendomi ricominciò ad urlarmi contro «Salti in aria storta, vai fuori asse, è impossibile restare in piedi e completare i tre giri». Quel maledetto asse di rotazione, che da manuale doveva essere perpendicolare al pavimento, era la conditio sine qua non per poter atterrare correttamente qualsiasi salto di pattinaggio. La mia allenatrice aveva gli occhi fuori dalle orbite tanto era arrabbiata. Iniziai ad avere paura.

«Scusa Audrey, sono stanca, non so che mi prende» sussurrai.
«Devo dirtelo io? Ti sei vista ultimamente? Come pensi di completare le rotazioni dei salti con questa pancia? Come fa Kevin ad alzarti?» e trattenendomi per una spalla mi diede la prima, forte, sberla.

Al ricordo mi svegliai di soprassalto. Era solo un incubo, uno dei tanti che popolavano le mie notti nell'ultimo periodo.

Quel giorno, per la prima volta, saltai la cena e dopo la doccia guardai il mio corpo. Avevo ancora gli addominali alti ben definiti, ma tastandomi la pancia riuscii a prendere tra le dita un piccolo pezzo di carne morbida. Non era nulla di che, ma c'era. Strinsi il pollice contro l'indice, quasi come a voler staccare quella lieve rotondità che tanto stonava sul mio corpo prima perfettamente tonico e delineato. Mi sentii una stupida. Come avevo potuto permettere che accadesse? 

Audrey, ogni lunedì, portava la bilancia in un angolo della pista e a turno ci faceva salire, annotando il peso di ognuno di noi in un taccuino con la copertina blu. Era sua premura, poi, portare i risultati della prova peso alla nutrizionista del nostro team, che avrebbe aggiornato le nostre schede personali nel suo PC. Eravamo controllate scrupolosamente e ognuno in società si adoperava per metterci nelle condizioni di dare il massimo. 

I nostri genitori, con le sovvenzioni di qualche sponsor, pagavano per un pacchetto completo che ci desse la possibilità di allenarci con i migliori allenatori, affiancandovi un'adeguata istruzione parentale. Non andavamo al college come tutti, non ne avevamo il tempo materiale. Studiavamo gli appunti che ci preparavano gli educatori tra un allenamento e l'altro, dando a fine anno gli esami da privatisti, per confermare la nostra preparazione anche a livello culturale.

RESILIENTOn viuen les histories. Descobreix ara