26- 𝙏𝙤𝙩𝙖𝙡 𝙫𝙞𝙚𝙬 -𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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«Doc, ci lasci sognare un po'!» protestò Elly. Spezzai la connessione con Jordan per voltarmi e scoprire che le ragazze erano ancora tutte lì, alle loro finestre, a guardarci. 

«Davis, si sta giocando le dimissioni.» Commentò sinistro il dottor Greg. Se ne stava a braccia conserte e lo sguardo corrucciato alla soglia del Fairwinds. «Reed, prego, con me in ambulatorio.» Non attese nemmeno che iniziassi a seguirlo. Lui sapeva che, quando parlava con quel tono, nessuno avrebbe osato disubbidire.

«Vai, prima che ti rapisca.» si rassegnò Jordan sciogliendo l'abbraccio.

«Ti userei per scappare e poi me ne andrei.» Scherzai.

«Puoi andare dove vuoi a patto che prima tu vada in lavanderia a far ripulire la mia felpa dalle tracce di pennarello.»

«E' indelebile, Davis. La tua felpa di Bal-qualcosa resterà così per sempre.» Alla sua espressione così disorientata, tornai divertita tra le mura del Fairwinds, non del tutto pronta a sentire la ramanzina del dottor Greg.

Salite le scale, lo trovai nel suo ambulatorio intento a sistemare le innumerevoli cartelle mediche sulla sua scrivania, assorto tra le sue tabelle alimentari con la calcolatrice alla mano. Sollevò leggermente la testa per invitarmi a entrare e mi accomodai sulla solita sedia di fronte a lui, che ritornò a picchiettare gli ultimi numeri sulla calcolatrice e riportarne i risultati.

«Mi sa che non ha ascoltato il mio consiglio, miss Reed.» In quell'accozzarsi di suoni per lui così difficili da pronunciare, la s sibilante risaltava ancor di più.

«Quale?»

«Il DDT.» Disse impilando i fascicoli per accantonarli all'angolo della scrivania. «Non credo che lo abbia usato se lo stesso moscone che l'ha aiutata a scappare una notte è lo stesso che ho trovato nel nostro giardino senza permesso.»

Era talmente serio in quello sforzo d'ironia che non sapevo se rispondergli e come rispondergli. Con quel dietista nessuno sapeva mai qual'era il momento giusto per restare nella serietà o per tentare con il sarcasmo: bisognava semplicemente aspettare che fosse lui a decidere il tono della conversazione. Era un mago nel non mostrare un briciolo di emozione. E io, semplicemente, me ne stetti zitta, in attesa che fosse lui a sbloccare quello stato d'incertezza.

«Detto questo» disse sfilando il fascicolo con il mio nome in copertina «Ho sentito dire che lei con quel moscone ricomincerà a pattinare. Sempre agonismo?»

Annuii.

«E' da rivedere il piano alimentare. Può togliere i vestiti e salire sulla bilancia?»

Era quasi ora di cena. Eravamo sempre state pesate dopo colazione, e quel giorno tra la pasta del pranzo e gli spuntini a base di mele e frutta secca, sapevo che stavo per oltrepassare il limite mentale che la malattia mi aveva imposto. 

Dicono che i limiti siano fatti per essere superati, no? Spogliati, Amelia. Spogliati e sali su quella bilancia. 

Sfilai i  pantaloni e la felpa del sì, restando con addosso solo le mutande e una canottierina. Ero quasi pronta a fare quel passetto indietro per salire sulla bilancia dando le spalle al display, quando il dottor Greg si alzò dalla scrivania per venire a verificarne il peso: «Può girarsi oggi, se vuole.» 

Mi stava mettendo alla prova. Lo capii subito. Era stata una giornata pesante, tra le ore di treno, il dialogo con mia madre e la discussione con Audrey. Sapevo che il numero sulla bilancia quel giorno era maggiore rispetto a quello visto a casa il giorno della partenza per il Fairwinds. Erano settimane che non mi allenavo e che passavo la maggior parte delle giornate sul divano a oziare con le mie compagne. Erano settimane che, un po' alla volta, avevo ricominciato a sentire lo stimolo della fame e mangiare come una persona normale. Ed ero arrivata al punto da voler sapere con precisione di quanto fossi aumentata. 

RESILIENTWhere stories live. Discover now