«Doc, ci lasci sognare un po'!» protestò Elly. Spezzai la connessione con Jordan per voltarmi e scoprire che le ragazze erano ancora tutte lì, alle loro finestre, a guardarci.
«Davis, si sta giocando le dimissioni.» Commentò sinistro il dottor Greg. Se ne stava a braccia conserte e lo sguardo corrucciato alla soglia del Fairwinds. «Reed, prego, con me in ambulatorio.» Non attese nemmeno che iniziassi a seguirlo. Lui sapeva che, quando parlava con quel tono, nessuno avrebbe osato disubbidire.
«Vai, prima che ti rapisca.» si rassegnò Jordan sciogliendo l'abbraccio.
«Ti userei per scappare e poi me ne andrei.» Scherzai.
«Puoi andare dove vuoi a patto che prima tu vada in lavanderia a far ripulire la mia felpa dalle tracce di pennarello.»
«E' indelebile, Davis. La tua felpa di Bal-qualcosa resterà così per sempre.» Alla sua espressione così disorientata, tornai divertita tra le mura del Fairwinds, non del tutto pronta a sentire la ramanzina del dottor Greg.
Salite le scale, lo trovai nel suo ambulatorio intento a sistemare le innumerevoli cartelle mediche sulla sua scrivania, assorto tra le sue tabelle alimentari con la calcolatrice alla mano. Sollevò leggermente la testa per invitarmi a entrare e mi accomodai sulla solita sedia di fronte a lui, che ritornò a picchiettare gli ultimi numeri sulla calcolatrice e riportarne i risultati.
«Mi sa che non ha ascoltato il mio consiglio, miss Reed.» In quell'accozzarsi di suoni per lui così difficili da pronunciare, la s sibilante risaltava ancor di più.
«Quale?»
«Il DDT.» Disse impilando i fascicoli per accantonarli all'angolo della scrivania. «Non credo che lo abbia usato se lo stesso moscone che l'ha aiutata a scappare una notte è lo stesso che ho trovato nel nostro giardino senza permesso.»
Era talmente serio in quello sforzo d'ironia che non sapevo se rispondergli e come rispondergli. Con quel dietista nessuno sapeva mai qual'era il momento giusto per restare nella serietà o per tentare con il sarcasmo: bisognava semplicemente aspettare che fosse lui a decidere il tono della conversazione. Era un mago nel non mostrare un briciolo di emozione. E io, semplicemente, me ne stetti zitta, in attesa che fosse lui a sbloccare quello stato d'incertezza.
«Detto questo» disse sfilando il fascicolo con il mio nome in copertina «Ho sentito dire che lei con quel moscone ricomincerà a pattinare. Sempre agonismo?»
Annuii.
«E' da rivedere il piano alimentare. Può togliere i vestiti e salire sulla bilancia?»
Era quasi ora di cena. Eravamo sempre state pesate dopo colazione, e quel giorno tra la pasta del pranzo e gli spuntini a base di mele e frutta secca, sapevo che stavo per oltrepassare il limite mentale che la malattia mi aveva imposto.
Dicono che i limiti siano fatti per essere superati, no? Spogliati, Amelia. Spogliati e sali su quella bilancia.
Sfilai i pantaloni e la felpa del sì, restando con addosso solo le mutande e una canottierina. Ero quasi pronta a fare quel passetto indietro per salire sulla bilancia dando le spalle al display, quando il dottor Greg si alzò dalla scrivania per venire a verificarne il peso: «Può girarsi oggi, se vuole.»
Mi stava mettendo alla prova. Lo capii subito. Era stata una giornata pesante, tra le ore di treno, il dialogo con mia madre e la discussione con Audrey. Sapevo che il numero sulla bilancia quel giorno era maggiore rispetto a quello visto a casa il giorno della partenza per il Fairwinds. Erano settimane che non mi allenavo e che passavo la maggior parte delle giornate sul divano a oziare con le mie compagne. Erano settimane che, un po' alla volta, avevo ricominciato a sentire lo stimolo della fame e mangiare come una persona normale. Ed ero arrivata al punto da voler sapere con precisione di quanto fossi aumentata.
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RESILIENT
RomanceQual era il vostro sogno da bambini? Amelia Reed ha dedicato tutta la sua vita al pattinaggio artistico, con il solo obiettivo di mettere al collo la medaglia del metallo più pregiato. Nella corsa al successo, travolta dalla ricerca della perfezione...