30- 𝙍𝙚𝙫𝙤𝙡𝙪𝙩𝙞𝙤𝙣- 𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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Mi svegliai di soprassalto al rumore dello sbattere di una portiera. Mi sarei arrabbiata se qualcuno avesse osato svegliarmi in quel modo brusco, ma le mie narici furono subito invase dall'aroma del caffè contenuto nel bicchierone che Jordan mi stava sventolando sotto il naso.

«Che ore sono?» Avevo dormito così bene quella mezz'ora che appena aprii gli occhi non riuscivo nemmeno a capire in quale punto spazio-temporale fossi finita.

«Le cinque e un quarto.» 

«Cazzo, l'allenamento Jordan!» Sbottai afferrando il caffè. Non era passata mezz'ora. Mi aveva lasciato dormire per più di due ore. 

«Non fa niente, eri troppo stanca. Iniziamo domani.» Promise in un dolce sorriso «Però tra poco ci sono i bambini, non possiamo mancare.»

«Dovevi svegliarmi prima, siamo già in ritardo con la preparazione e tu mi lasci anche dormire.» Iniziavo a innervosirmi. Perché se c'è qualcosa che alimenta la determinazione quella è proprio la disciplina, e questa prevede orari ferrei. Saltare il primo allenamento non era certo da annoverarsi tra le cose possibili.

Nel sentirmi alterata, Jordan lasciò cadere il capo al poggiatesta del sedile, minimizzando qualsiasi mia reazione: «Amelia...non abbiamo pattinato insieme per diciotto anni, un giorno in più non ci cambia la vita.»

«Sei sempre così tranquillo, tu?»

«Ti ci abituerai.» Mi riservò un sorriso sghembo prima di scendere e invitarmi a seguirlo verso gli spalti. Mi incamminai seccando il caffè a grandi sorsate, in modo da gettare il bicchiere nel cestino a bordo pista.

Una volta arrivati, Martina era intenta ad allacciare i pattini ai bambini i cui genitori erano dovuti andare via. Non era il suo turno, il suo gruppo avrebbe iniziato dopo i nostri piccoli. E sapevo che nelle ultime settimane non si era mai appostata nelle panchine mimetizzate dagli alberi del parco accanto, perché dopo la prima volta avevo spesso tenuto d'occhio l'ambiente circostante. Si fidava di noi, non aveva più avuto il bisogno di controllarci.

«Ciao.» Salutai tutti, addolcita dai sorrisi sdentati dei bambini che fecero passare in secondo piano il nervoso per le due ore passate a dormire.

«Ciao ragazzi! Com'è andato il primo allenamento insieme?»

Mi zittii, e Jordan rispose al mio posto.

«Bene, Martina.» Scoprii che non si rivolgeva a lei come mamma nel momento in cui rivestiva il ruolo da allenatrice. «Salti in parallelo con le scarpe e qualche Lutz-Twist.» Mentì per me. «Cosa ci fai qui?»

«Bravi, la prossima settimana iniziamo a provare sui pattini. Oggi seguo io i bambini, voi potete iniziare a mettervi d'accordo per le musiche, così abbiamo una traccia su cui lavorare con la coreografa.» Entrò in pista allacciandosi la felpa in vita, prima di girarsi per le ultime raccomandazioni. «Un'ultima cosa: non musiche trite e ritrite. Vale a dire niente Romeo e Giulietta, niente Tristano e Isotta, niente Molly e Sam.» Mi fece un occhiolino scherzoso per poi darci le spalle e andare ad allenare i bambini.

Sorrisi della frecciatina di Martina, perché negli ultimi anni ero stata proprio Giulietta, Isotta, Molly e pure Sandy, accompagnata da un esaltato Kevin nei panni di Danny Zucco. 

Nessuna di queste interpretazioni era mai andata al primo posto, occupato dai programmi di Chloe e Jordan che coinvolgevano tutti a suon di versioni orchestrate di musiche recenti e passate. Erano sempre rimasti sullo stesso genere, che li aveva mantenuti al vertice della classifica americana e ai primi posti al mondo.

Non mi ero mai nemmeno trovata nelle condizioni di poter scegliere le musiche, perché le mie proposte erano sempre state scartate da Audrey, che preferiva generi più classici.

RESILIENTWhere stories live. Discover now