4- 𝙎𝙬𝙚𝙚𝙩 𝙖𝙣𝙙 𝙗𝙞𝙩𝙩𝙚𝙧 - 𝘈𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢

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Scattai sull'attenti e mi voltai asciugandomi le lacrime, per dare un volto a quella voce, così gentile e festosa. Mi ricomposi, vedendo una ragazza di una bellezza assurda: due profondi occhi castani messi in risalto da folte sopracciglia, un sorriso pulito e sincero. Un volto dai lineamenti fini il suo, appesantito da un tubicino di plastica trasparente che dalla narice andava a perdersi tra le onde castane dei suoi capelli, poggiato dietro l'orecchio. 

Andai incontro a quel corpo longilineo per stringerle la mano esile e presentarmi. Ero imbarazzata nel conoscere, per la prima volta, una persona con il mio stesso disturbo; nella mia timidezza e scarsa capacità di socializzare, in quel momento non seppi se fosse meglio ignorare il fatto che ci stessimo conoscendo in una struttura protetta o se affrontare la situazione di petto. Come ci si comporta in queste situazioni assurde? Le pazienti accettano la malattia, parlandone liberamente? Quanto sarei risultata impicciona, se avessi chiesto a cosa serviva quel tubicino? Ellison sembrò accorgersi della mia espressione interrogativa. Ricominciò subito a parlare, dissolvendo qualsiasi tensione ci fosse nell'aria.

«Siamo state tutte spaesate, all'inizio, non ti preoccupare. E' un grosso cambiamento, essere entrati ufficialmente qui.» Disse con quell'espressione amichevole provando a farmi sentire a mio agio. «Sarò la tua compagna di stanza fino alle dimissioni di una di noi. Vorrei parlarti di un sacco di cose ma prima il dovere: devo farti un discorsone sulle regole di questo posto. Mettiti comoda e dimmi quando sei pronta, che inizio!» Ci sedettimo sul mio letto, io in testa e lei ai piedi, così da ritrovarci l' una di fronte all'altra, e ricominciò: «Al Fairwinds i telefoni vengono custoditi in infermeria tutto il giorno, ci vengono consegnati qualche ora la sera, dopo cena. Le sedute di gruppo sono obbligatorie, tre volte a settimana: due con la psicologa, una con il dietista. I bagni sono di uso comune, e sono in tutto tre. Sono sempre chiusi a chiave, li aprono mezz'ora prima dei pasti ed a distanza di un'ora dalla cena, per le docce.»

Sgranai gli occhi, incredula. Niente telefoni, bagni a orario. Dov'ero finita? «Sapevo che avresti fatto quella faccia!» disse sghignazzando. «La fanno tutte, quando vengono spiegate le regole del lager! Tante ragazze fanno fatica a rinunciare alle abitudini prese dopo i pasti, se capisci cosa intendo. Siamo tutte esperte nel nascondere i fatti, motivo per cui è stata stabilita la regola dei bagni chiusi.» 

Ero allibita, ma sapere che eravamo tutte nella stessa barca, spazzò via una piccola parte della solitudine dell'ultimo periodo. 

«Siamo in dieci al momento. Più tardi le conoscerai.» riprese Ellison. «Le regole più importanti sono queste. Non voglio assillarti oltre, ma prometto che ti starò vicino!»

Era di una dolcezza unica, sembrava davvero essere una di quelle persone la cui bontà si percepiva sulla pelle. Parlava a raffica, talmente a suo agio nello spiegarmi le regole che sembrava lo avesse fatto un'infinità di volte, ad un'infinità di compagne di stanza. Mi chiesi da quanto tempo fosse qui.

«Sono entrata per la prima volta quando avevo undici anni. Ora ne ho diciotto.»

Cazzo.

L'avevo chiesto ad alta voce. «Scusami, non volevo sembrarti impicciona. Solo che non sembra la prima volta che accogli una nuova ragazza.» Dissi sommersa dal mio senso di colpa.

«Non devi farti problemi a chiedermi le cose. Il tempo libero qui è così tanto che ficcanasiamo spesso nelle vite delle altre. Non sono sempre stata qui comunque, ma è da quando ho quell'età che la mia vita è un costante dentro e fuori dalle cliniche di riabilitazione. Sono stata anche in altre, più distanti, ma il Fairwinds mi ha sempre dato i periodi a casa più lunghi, prima delle ricadute.»

«Mi dispiace.»

«Non devi dispiacerti. Tornando a noi, tu sarai la mia ultima accoglienza! Questo sarà il mio ultimo ricovero, me lo sento. Lunedì finalmente toglierò il sondino nasogastrico, ed un po' alla volta, mi farò una vita fuori dagli ospedali!» Disse orgogliosa.

RESILIENTWhere stories live. Discover now