▷ ventuno

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Mancavano meno di due ore all'inizio delle festa a casa di quel Michael, e nonostante Maryse mi avesse promesso che non mi avrebbe mai lasciata sola, continuavo a sentirmi nervosa.

Ero un fascio di nervi mentre con circospezione, fissavo il mio armadio aperto, senza trovare niente che potesse piacermi da indossare ad una festa.

Diciamo che il mio stile non poteva certamente venir paragonato a quello di Cassidy.

Io prediligevo più per le felpe, maglioncini e jeans mentre, in estate vivevo con i top o crop top e shorts, be', quello perché non sopportavo il caldo e di stare troppo coperta non se ne parlava.

Cassidy, invece amava gli abiti, le gonne e camicette eleganti, difatti lei era sempre molto raffinata e aggraziata, anche in fatto di acconciature e make-up. Tutto il contrario di me.

Sbuffai disperatamente, passandomi con nervosismo le mani nei capelli, indecisa su quale indumento tirar fuori da quell'ammasso di abiti che c'era nel mio armadio.

Sarebbe stato meglio se non avessi accettato di andare a quella stupida festa, almeno non mi sarei ritrovata in quello stato emotivo.

Detestavo, no, odiavo sentirmi così. Confusa. Ansiosa. Nervosa. E poi per cosa? Per una festa?

Una festa piena d'alcool, ragazzi ubriachi, pronti ad allungare le mani in ogni momento e Morgan.

Era lui il mio problema. Era per lui che mi sentivo così nervosa, con lo stomaco ridotto in una poltiglia dall'ansia.

Strattonai alcune ciocche di capelli dalla cute, facendomi un po' di male poi emisi un gemito di frustazione, sentendo i battiti cardiaci tamburellare contro la gabbia toracica.

Perché? Perché? Perché? Dannazione, per quale diavolo di motivo sarei dovuta andare a quella festa, se non sopportavo la metà degli invitati e l'altra neanche la conoscevo?

Era meglio se avvisavo Cassidy che non sarei andata. Non ce la facevo. Ero troppo nervosa e, proprio per quello volevo evitare di svenire davanti a tutti.

Trattenni a stento un grido di frustazione tra le labbra poi girai i tacchi e mi buttai sul mio letto, conficcando la testa sotto al cuscino.

«Mi spieghi che cazzo hai?», la voce annoiata di mio fratello mi arrivò perfettamente alle orecchie quindi spostai la testa da sotto il cuscino e lo fissai.

«Non so cosa indossare per la festa e poi non sono nemmeno sicura se venire sia una buona idea», piagnucolai, battendo i piedi contro il materasso, come una bambina quando faceva i capricci.

Jeremy sbuffò mentre le sue spalle si alzarono verso l'alto in segno di menefreghismo, «Usa una mia camica e fingi che sia un vestito. Bo'...»

Lo fissai interdetta. Era serio? Non avrei usato una sua camicia, soprattutto se per trasformarla in un vestito.

«Col cavolo! Non voglio sembrare una cretina che non sa come vestirsi.»

«Ma tu sei una cretina che non sa vestirsi», alzò entrambe le sopracciglia e sul suo viso nacque un ghigno furbo poi entrò nella mia camera e andò verso il mio armadio.

«Stronzo», bofonchiai, mettendomi seduta sul mio letto e osservando i movimenti di mio fratello. Volevo capire cosa stesse cercando con esattezza nel mio armadio.

«E questa gonna nera di pelle?»

Eh?

Lo vidi trafficare un po' con la pila di vestiti sulla destra dell'armadio ― o meglio conosciuto come ammasso di abiti, piegati alla cavolo ― poi ne tirò fuori davvero una gonna di pelle. E quella da dove diavolo usciva?

Falling for a ChallangeWhere stories live. Discover now