▷ ventisei

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A: Morgan [19:21]
Lo so che per te non ero nulla, ma tu per me eri il mio mondo e so che te n'eri accorto.
Di giorno nascondevo, trattenevo sia il dolore che le lacrime che tu mi facevi provare col tuo continuare ad ignorarmi mentre alla sera mi concedevo di crollare, con la testa conficcata nel cuscino e con le grida a strozzarmi, tanto nessuno mi avrebbe sentita.
La sera era la mia sola amica quando mi disperavo per te mentre tu continuavi a vivere la tua vita, mostrando perfida indifferenza nei miei confronti.
E sai quanto mi fa paura questo tuo volerti avvicinare a me? Troppa. Ho paura di soffrire ancora, di tornare a piangere alla sera quando nessuno può vedermi e sentirmi. Di sforzarmi di essere felice anche se non lo sono.
Dimmi Morgan, sei davvero sincero? Vuoi davvero rendermi felice o è solo un tuo perfido divertimento passeggero che finirà un'altra volta con me in lacrime?
Tieni davvero a me? Vuoi davvero la mia felicità? Allora ti prego non ferirmi più.

Fu quello il messaggio che scrissi a Morgan dopo che Cassidy lasciò casa mia, facendomi promettere di dargli una possibilità. Una vera possibilità, senza giudizi affrettati e dandogli il tempo di spiegarmi la sua verità.

Però ora ero un fascio di nervi perché avevo paura della sua risposta.

Continuavo ad entrare e a uscire dalla chat di Morgan in attesa di una sua risposta, ma ancora non lo aveva nemmeno visualizzato. Il suo ultimo accesso risultava a quel pomeriggio, appena pochi minuti dopo avermi scritto quel messaggio che mi aveva fatto battere in modo sproporzionato il cuore.

Non sapevo voi, ma io quando aspettavo una risposta importante da qualcuno sembravo una pazza. Era un continuo controllare il cellulare per vedere se avessi ricevuto o meno il messaggio che attendevo con impazienza. Oppure incominciavo a fare avanti e indietro per la stanza con in mano il cellulare mentre pensavo a tutte le possibili risposte che avrei potuto ricevere e quasi nessuna era positiva perché, ovviamente, se non mi mettevo ansia da sola non ero io.

Quindi ora, in preda all'ansia più totale, stavo facendo avanti e indietro per la stanza, passandomi disperatamente le mani nei capelli in attesa di una sua risposta.

Fu solamente la voce alterata di mia madre a risvegliarmi dal mio stato di trance, la quale mi avvisava di cambiarmi d'abito perché quella sera saremmo andati a cena fuori, non specificando dove ma soprattutto con chi.

La guardai scocciata poi sbuffai sonoramente. «Sono obbligata a venire anche io? Non basta Jeremy?», borbottai infine, andandomi a sedere sul bordo del mio letto ancora sfatto.

Mia madre mi rifilò un'occhiataccia che mi fece gelare il sangue nelle vene poi annuì, «Certo che sei obbligata a venire. Hanno invitato tutta la famiglia, non lo so una parte e tuo fratello già era stato avvisato questo pomeriggio della cena mentre con te, ovviamente, abbiamo dovuto aspettare a dirtelo perché conoscendoti, saresti fuggita di casa.»

Emisi uno sbuffo colpevole, passandomi una mano sul viso e scuotendo leggermente il capo, arresa agli ordini di mia madre.

«Muoviti signorina che non vogliamo arrivare tardi per colpa tua», mi attaccò ancora e se pensava che mi sarei sentita in colpa per questa cosa, be', si sbagliava di grosso perché poteva tranquillamente scegliere di uscire a cena anche senza di me, tanto io mi sarei annoiata a morte, come sempre.

«Sì, sì... E quando esci, per favore chiudi la porta», esalai un sospiro fiacco, arcuando un sopracciglio quando mia madre mi fissò con un cipiglio.

«Sono tua madre! Devi portarmi rispetto», strillò fastidiosamente, trapanandomi i timpani con la sua voce acuta.

Ma era scema o cosa? Le avevo persino chiesto "per favore", quando lei mi dava sempre e solo ordini e se provavo a contestarla, mi accusava di essere una figlia ingrata e mi rinfacciava tutto quello che loro avevano fatto per me.

Falling for a ChallangeWhere stories live. Discover now