▷ trenta

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Avevamo perlustrato ― in macchina, ovviamente ― alcuni quartieri per cercare un posto nascosto per poter fare il graffito, ma alla fine avevano optato per farlo sotto ad una tetra galleria stradale vicino al nostro liceo.

Lì era buio e non passavano quasi mai le auto perché veniva usata molto spesso da gruppi di ragazzi per fare festini o altre cazzate del genere, stando a sentire quello che mi aveva riferito Morgan.

«Ne sei davvero sicuro?», no perché io non lo sono, pensai amareggiata.

Morgan alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente, dandomi una leggera spallata, «Sì e se dovesse arrivare qualcuno è perché attiri la sfiga, Mavs.»

Mi aveva appena etichettata come una calamita per la sfortuna? Mica era colpa mia se alcune volte la sfiga mi veniva dietro e mi faceva brutti scherzi!

Lo fissai in cagnesco poi gli spalmai il dito medio su una guancia, «Fottiti scemo», sbottai, fingendomi arrabbiata perché tanto sapevo che lo aveva detto per prendermi un po' in giro.

Lui scoppiò a ridere e subito le mie guance presero colore. Stavo incominciando ad amare alla follia la sua risata. Solo la sua risata, mica anche lui!

«Adorabile», bofonchiò, pizzicandomi una guancia poi aumentò il passo. La macchina l'avevano lasciata ad un paio di metri dalla galleria quindi ora eravamo a piedi e stavo sperando con tutto il cuore che non si mettesse a piovere perché sennò eravamo spacciati.

Non ribattei, anzi mi bloccai in mezzo alla strada quando vidi che eravamo arrivati a destinazione. Il mio corpo venne pervaso da un brivido di terrore e il mio stomaco si chiuse in una morsa ferrea.

Non potevamo semplicemente andarcene? Quel posto mi metteva i brividi e non mi piaceva l'aria cupa che lo circondava. Sicuri che non fosse infestato dagli spiriti?

«Ti si legge in faccia che te la stia facendo sotto, Mavs», Morgan avvolse le mie spalle con un suo braccio, creandomi dei brividi lungo la spina dorsale mentre il mio corpo si infiammò improvvisamente poi, mi strinse contro il suo petto, facendomi affondare il viso in esso.

Inspirai a pieni polmoni il suo profumo poi gli assestai una gomitata tra le costole, facendolo gemere dal dolore e sospirai pesantemente, staccandomi dal suo corpo.

«Chiedo perdono grande uomo se questo posto mi mette i brividi. Potrebbe gentilmente fare tutto il lavoro da solo mentre io aspetto qui?», gli rifilai un'occhiataccia, sperando di incenerirlo con lo sguardo tagliente che avevo in quel momento, ma ciò non accade quindi sospirai pesantemente.

Solo perché lui non ero spaventato da quel posto, non significava che anche io non dovessi esserlo.

Sentii Morgan ridacchiare fortemente al mio fianco, cosa che mi mandò su tutte le furie perché ancora una volta si stava prendendo gioco di me poi appoggiò una mano sulla mia testa e mi spettinò i capelli, «Tranquilla, ti proteggo io.»

Ma chi diavolo voleva essere protetta da un deficiente come lui?! Potevo farcela anche senza di lui... Se come no, ma chi andavo a prendere in giro. Me la stavo facendo sotto.

Schioccai la lingua contro il palato con fare infastidito poi incrociai le braccia al petto, percependo freddo in tutto il corpo, intirizzito dall'aria gelida e pungente di quel pomeriggio. Be', grazie al cavolo, avevo lasciato in macchina il mio cappotto per evitare di sporcarlo e ora stavo congelando!

«Muoviamoci che mi sto congelando, porca troia!», esclamai, tremando bruscamente quando il mio corpo venne sferzato da dell'aria freddissima.

Morgan invece indossava una felpa nera e il suo solito giubbotto della squadra di football della scuola, cosa che poteva metterlo nei casini se qualcuno dovesse beccarci a fare graffiti. Però almeno lui stava al caldo.

Falling for a ChallangeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora