▷ trentatré

967 55 5
                                    

Le lezioni erano finite da circa mezz'ora e solamente da un'ora era arrivato il messaggio della sfida successiva. E dovevo dirlo: gli organizzatori della challenge o si fumavano canne oppure erano veramente dei coglioni.

Passare dal fare qualcosa di illegale al mangiare una coppa gigante di gelato era assurdo. Con che cazzo di criterio le organizzavano le sfide? Probabilmente dicevano la prima stupidata che gli passava per la mente e boom, quella diventava la nuova sfida, non curandosi particolarmente dei problemi che avrebbero potuto causare ai giocatori.

In più, oltre a quella stupida sfida da completare, io e Morgan dovevamo incominciare a dare una ripulita ai muri della galleria. Motivo per cui adesso ci trovavamo di fronte alla stazione di polizia in attesa. Esatto, in attesa poiché Morgan aveva chiesto ad un poliziotto se potessero darci delle scope o dei pennelli a rullo con la vernice per poter dare una rinfrescata ai muri e quel uomo mingherlino e abbastanza giovane ci aveva detto di aspettare l'arrivo di un altro suo collega che stava portando con sé tutta l'attrezzatura per quel pomeriggio di pulizie.

«Sto morendo di freddo!», mi lamentai, stringendo le braccia intirizzite dal freddo al petto per cercare calore. Per quel giorno, Morgan ed io avevamo deciso di fare solamente due ore di pulizie ― dopo aver avuto anche il consenso del capo della polizia; aveva detto che potevamo fare come volevamo, ma dovevamo assolutamente fare tutte e sedici le ore ― perché faceva troppo freddo e, l'idea di dover persino mangiare una coppa gigante di gelato mi faceva venire i brividi in tutto il corpo.

Morgan annuì, abbozzando un sorriso poi tornò con lo sguardo verso la centrale di polizia mentre iniziò a picchiettare un piedi sull'asfalto per l'attesa.

Io e il signorino al mio fianco non avevamo ancora parlato del bacio che ci eravamo scambiati ieri, proprio dove ci trovavamo in quel momento. E in certo senso n'ero felice perché sarei potuta morire dalla vergogna, ma d'altro canto volevo assolutamente sapere cos'eravamo ora.

Non poteva baciarmi e poi il giorno dopo fingere che non fosse successo niente perché sennò mi mandava in paranoia.

Avevo così tanti pensieri contrastanti nella mente da essermi fatta venire un forte mal di testa e solo più ansia a tormentarmi lo stomaco. E se quel bacio per lui non avesse significato nulla e io mi stessi riempiendo solo di paranoie inutili per capire se adesso stavamo insieme o meno? Ma a sua madre aveva detto che era innamorato di me quindi significava pur qualcosa, no?

Mi mordicchiai l'interno guancia e quando feci per aprir bocca e chiederglielo direttamente, un poliziotto uscì dalla centrale con due minuscoli rulli e un secchiello di vernice nera poi chiamò a gran voce Morgan.

Serio? Cosa dobbiamo farci con dei pennelli così piccoli? Con quelli ci metteremo una vita a rimettere in sesto la galleria!

«Vi accompagno io fino alla galleria.»

Alla fine il poliziotto che ci aveva scortati sino alla galleria era lo stesso che ci aveva arrestati la sera prima e infatti ci aveva riempiti di noiose raccomandazioni sul fare tutto per bene e sul non azzardarci a fuggire, come se fosse possibile!

Sapevano perfettamente chi eravamo e quante ore dovevamo scontare quindi gli sarebbe bastato venirci a prendere a casa se avessimo provato a scappare o a non presentarci all'appuntamento.

Morgan, seduto al mio fianco, aveva fatto intrecciare le nostre dita appena eravamo entrati in auto, motivo per cui le mie guance tutt'ora erano scarlatte, a fine corsa.

Falling for a ChallangeWhere stories live. Discover now