24 - Non è bello senza i traumi

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Doyle Ikuji Lucos

Tre giorni. Erano passati fottutissimi giorni.

Iku si rannicchiò al buio, si strinse le ginocchia al petto trattenendo un gemito di dolore, era frustrato, arrabbiato con i suoi genitori e soprattutto con sè stesso. Avrebbe dovuto immaginarlo che sarebbe finita così; i suoi genitori non erano degli stupidi come lui credeva, Zalia non era una brava persona come lui credeva e lui stesso non era intelligente come credeva.

Era stato fregato e ora non gli restava che aspettare la propria fine in quel buco di posto. Sputò sangue con un colpo di tosse, il suo corpo fu scosso da un tremito, gli faceva male ogni singolo muscolo. Lo avevano picchiato quasi fino a farlo morire, era la punizione per aver tentato di scappare. Di nuovo, per la quarta volta. Il suo corpo lo pregava di arrendersi, ma finché lui era ancora vivo aveva qualche speranza. Quella speranza era una piccola luce nel buio in cui era immerso, eppure era la cosa più preziosa che possedeva in quel momento.

Lui sarebbe sopravvissuto, sarebbe tornato da Sam.

Ogni volta che chiedeva gli occhi, cercando di non cadere in uno stato di tormentosa incoscienza si aggrappava al ricordo luminoso del suo migliore amico, l'unica persona che c'era sempre stata per lui. Era convinto che in quel momento lo stava cercando quasi con disperazione e, anche se una parte egoistica di lui desiderava che Sam lo trovasse e lo salvasse da quell'incubo, desiderava, pregava, sperava che Sam sarebbe rimasto lontano da tutto quello. Lontano dal pericolo.

Gli avevano dato una settimana di vita, Iku sapeva però che l'avrebbero ucciso la sera successiva. Se solo sarebbe riuscito a muoversi, se solo non gli avessero ridotto il corpo in briciole, avrebbe tentato di scappare di nuovo.

Iku appoggiò la testa contro il muro che puzzava di umidità, piscio e alcool. Nonostante il buio aveva capito che l'avevano rinchiuso in qualche sorta di cantina umida e puzzolente e cominciava a pensare che se non fosse morto di botte prima, ad ucciderlo sarebbe stato il puzzo che impregnava quel luogo.
Sentì uno scalpiccio sopra di lui, forse stavano andando a portargli la sua porzione di cibo quotidiana: un pezzo di pane e dell'acqua in una lattina arrugginita. Stava morendo di fame, e per quanto cercava di non pensarci, ogni istante che passava sentiva il suo stomaco soffrire per la fame. Una volta fuori di lì avrebbe divorato qualsiasi cosa in casa di Sam, Charlie compresa.

Poco sopra di lui qualcuno aprì una botola, uno scricchiolio sinistro riempì la cantina e la luce, seppur flebile, accecò gli occhi abituati al buio di Iku.

Il ragazzo strinse le palpebre e non riuscì a vedere in faccia l'uomo che lo prese per i capelli e lo trascinò fuori dal buco dove l'avevano rinchiuso.

Sbattè contro qualche gradino poi si ritrovò sdraiato per terra, il pavimento sapeva di polvere e petrolio. Gli occhi del ragazzo ci misero un po' a tornare a funzionare correttamente. Quando Iku tornò a vedere si rese conto di essere circondato da uomini dall'aria non molto amichevole, qualcuno lo aveva già visto mentre lo trascinavano in quel buco.

- Ecco qua il nostro principe.
Rise uno.

- Non fa ridere.
Disse Iku, non per fare l'eroe, ma perché per lui davvero non faceva ridere quella battuta. Alle sue parole gli uomini scoppiarono a ridere, uno gli sollevò il mento con la suola delle scarpe e lo squadrò con disprezzo.

- I tuoi genitori hanno detto che possiamo fare qualsiasi con te purché ti teniamo in vita ancora un po'. Non lo trovi divertente?

- No, nemmeno un po'.
Biascicò Iku, si dimenò e allontanò il piede dell'uomo, poi gli sputò addosso. Era il massimo che poteva fare per esprimere il suo disappunto in quel momento. Aveva mani e piedi legati, giaceva rannicchiato per terra, troppo malconcio per muoversi. L'uomo al suo gesto scoppiò a ridere.

- Pensi che siamo feccia?

- No, assolutamente.
Disse Iku con ironia, il suo sguardo si riempì di odio, sapeva che sarebbe finita male in ogni caso. Tanto valeva sfogarsi un po' prima del peggio. Un uomo lo strattonò indietro per i capelli.
- È un peccato, ho ridotto il tuo bel faccino ad un grumo di sangue.

- Per fortuna che non avete uno specchio, se no darei di matto.

Ci fu un attimo di silenzio confuso, Iku sospirò:
- Sto cercando di sdrammatizzare ragazzi.

Un uomo rise forzatamente, come se trovasse la battuta di Iku divertente. Il ragazzo si chiese se avevano una nocciolina rinsecchita al posto del cervello. - Sentite...

Provò a dire Iku con fare diplomatico, ma quello che teneva per i capelli lo sollevò di colpo, Iku si lasciò scappare un gemito di dolore, se solo avesse avuto un potere, uno qualsiasi ora quegli energumeno sarebbero in ginocchio a piangere.

- Mi sono stufato delle chiacchiere.
Borbottò l'uomo che lo teneva per i capelli.

- Io no.
Disse Iku a denti stretti, mentre sentiva i capelli staccarsi dal suo cranio per la presa dell'uomo.

- Noi sì.
Fece eco l'uomo che prima gli aveva sollevato il mento con la scarpa. - Levategli i pantaloni.

Iku rimase immobile, pareva pietrificato, semplicemente il suo cervello stava lavorando a mille. Qualcuno stava per eseguire l'ordine dell'uomo quando una voce femminile li fermò.

- Fermi.
Basto una semplice parola e Iku fu lasciato andare, cadde rovinosamente a terra finendo un una posizione scomoda, rotolò su un fianco e si mise dritto. Quella voce l'aveva già sentita da qualche parte. Dalle ombre del capannone uscì una figura vestita di nero con un pesante cappuccio. Non appena passò sotto un raggio di luna che filtrava dalle vetrate polverose del capannone Iku rabbrividì.

Sul suo viso una maschera bianca sorridente brillava riflettendo la debole luce.

Hakaku era davanti a lui. Iku strinse le labbra, come aveva potuto...

- Tu... Traditrice, figlia di putt...
Non riuscì a finire la frase che Hakaku con una risata lo mise a tacere tirandogli un calcio nelle costole.

- Piaciuta la sorpresa principino?
Iku stava per commentare quella frase, ma Hakaku gli diede un'altro calcio, da come rideva sembrava divertirsi un mondo.

- Era da un sacco che desideravo vederti soffrire nella polvere come un verme e pensa un po': il tuo paparino mi paga pure una fortuna per questo.

Iku guardò con odio la ragazza davanti a sé.

- Morirai.
Sputò Iku con rabbia, odiava sentirsi così impotente

- Non è vero, Hakaku non puó morire, è un mostro e come tale è immortale. In più...
Hakaku prese con violenza il viso di Iku tra le mani, portò la maschera inespressiva a un centimetro dal viso di Iku.

- È un mostro che hai creato tu stesso.
Hakaku lo mollò con disgusto, si alzò e gli diede le spalle.

- Bene...
A passi lenti si allontanò da lui.

- Continuate pure ragazzi.
E come le bestie pronte a divorare la preda gli uomini si gettarono su Iku.

A. A.
Okay ehm... chiedo scusa se questo capitolo è stato un po' pesante, spero di non aver traumatizzata nessuno (Iku a parte). Byee

Devil town ||boyxboy||Where stories live. Discover now