Capitolo 16

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Capitolo 16

Mi guardavo allo specchio come una ragazzina, alla ricerca del minimo difetto, come una sedicenne al suo primo appuntamento.

Che poi quello non era un appuntamento!

Continuavo a ripetermelo, anche se non viverlo come se lo fosse stato appariva difficile. Infondo, chi non sarebbe stata in ansia?

Sospirai con forza, guardando il mio top bianco e i leggings che mi fasciavano le gambe.
Avevo passato ore a chiedermi se fosse meglio mettere semplici jeans oppure degli shorts ero finita per indossare la cosa più comoda che avessi nell'armadio.
Passai le mani fra i capelli, portandoli dietro le orecchie e afferrai una borsa.

Alla fine Dusan mi aveva davvero scritto quell'indirizzo. L'anello verde, così si chiamava quel sentiero pedonale fra le colline torinesi.
Non ci ero mai stata, nonostante avessi vissuto tutta la vita a Torino, ma avevo visto su internet che da casa mia distava circa 20 minuti in auto. Sembrava un bel posto, decisamente appartato e discreto, immerso nel verde.

Non avevo detto niente a nessuno di quell'incontro, neppure a Miriam, che dopo essersi bevuta la storia che la colazione in ufficio me l'avesse portata Sara, non aveva più fatto domande.
Sembrava però preoccupata per me, decisamente troppo. Le avevo quindi detto che avevo bisogno di stare sola, il che era vero e l'avevo tranquillizzata.

Stavo bene, più i giorni passavano e Christian non mi cercava, più mi rendevo conto di come non mi mancasse e di come la nostra storia fosse finita da tempo. Semplicemente io non me ne ero resa conto.

L'Anello verde era davvero verde, un sentiero tranquillo immerso nella natura. Ero ammirata dagli alberi secolari, troppo impegnata a guardare il cielo per notare che un'auto si era fermata a qualche decina di metri da me.
Un'auto di servizio, nera, con i vetri oscurati e un uomo di mezz'età alla guida.

Quando scese Dusan feci un passo indietro, come se non mi aspettassi che scendesse da quell'auto.
Indossava degli occhiali da sole che gli coprivano gli occhi, una t-shirt azzurra e dei pantaloni neri, appoggiati su scarpe da ginnastica color fluo.

Inarcai un sopracciglio quando le vidi, pensando che se non voleva farsi notare quel colore avesse l'effetto opposto.

L'auto sfrecciò via, alzando una nuvola di polvere a causa del ghiaino della strada e Dusan mi si avvicinò piegando le labbra in un piccolo sorriso.

"È la prima volta che ci vediamo in circostanze normali" disse ancora prima di salutarmi, mentre si sfilava gli occhiali appoggiandoli sulla testa e svelando i suoi occhi.

Erano occhi magnetici, castani, dalla leggera forma allungata. Deglutii notando solo allora quanto fosse alto, ed io non ero poi così bassa.
Era imponente da vicino e realizzai che era la prima volta che ci trovavamo davvero faccia a faccia.

"Non posso davvero pensare di..." le parole mi morirono in gola, mentre scuotevo la testa. "Non sono mai stata qui".

Lui sorrise, "Nemmeno io, ma mi hanno detto che è un posto tranquillo e poi a quest'ora non dovremmo trovare praticamente nessuno" disse guardando l'orologio che segnava quasi le sette di sera.

Annuii. Capivo il perché fosse tanto preoccupato che nessuno ci vedesse e in un certo senso lo apprezzavo, perché probabilmente avrebbe messo in una posizione scomoda anche me.

Non si era mai visto un calciatore con una tifosa, non uno come lui. Ed io di certo non volevo finire su qualche sito di gossip.

"Andiamo?" mi domandò puntando lo sguardo sul sentiero che iniziava di li a pochi metri.

Magnets - Dusan VlahovicDove le storie prendono vita. Scoprilo ora