12. Fuochi

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L'inverno era stato rigido quell'anno e, dopo qualche settimana di un clima mite che aveva illuso piante e persone, sembrava esser tornato e non voler cedere il passo alla primavera.

I vignaioli avevano passato giorni a guardare il cielo e a leggere i segni della natura per capire cosa fare. A rischio c'era tutto un anno di lavoro, a rischio c'era la vendemmia. Si decise allora che quella notte si sarebbero accesi i fuochi tra i filari, sperando di salvare i germogli da quel gelo fuori stagione.

Le fiamme che brillavano una dopo l'altra tra le vigne erano uno spettacolo incredibile da ammirare, ma non c'era tempo per fermarsi a goderne. Tutti si davano da fare per accendere a distanze precise i fuochi con paglia ed erba, abbastanza vicino alle piante per scaldarle, ma non troppo, per non bruciarle.

La temperatura era scesa pericolosamente e i delicati germogli rischiavano di gelare e di non esser poi più in grado di produrre fiori e frutti. Il fuoco e il fumo che veniva sprigionato avrebbero creato una barriera per proteggerli, o almeno questa era la speranza di tutti. Pochi gradi potevano davvero fare la differenza per salvare il raccolto.

Iole, rimasta a casa con Bartolomeo, aveva contribuito a modo suo preparando un gran pentolone di zuppa, da cui tutti attingevano con un grosso mestolo, per rinfrancare gli animi in quella notte gelida che pareva non voler finire mai.

« Fa davvero freddo. Speriamo di riuscire a salvare i germogli. Quest'anno ho la figlia che si sposa, non posso perdere il raccolto... » diceva uno dei vignaioli a Zeno, mentre si scaldava con un po' di zuppa.

« I vecchi dicono che i fuochi li hanno già salvati in gelate peggiori di questa. Non ci resta che fidarci di loro », rispondeva un altro con gli occhi rivolti al cielo.

Martino era venuto con suo nonno e suo padre e non si risparmiava quando qualcuno dei vignaioli chiedeva a lui di correre a prendere altra paglia per alimentare i fuochi. Quando finalmente tutti i fuochi furono accesi, Gemma e Martino andarono a sedersi nel punto più alto del pendio per godersi lo spettacolo e per parlare senza che nessuno potesse disturbare la loro conversazione.

Erano giorni che non avevano del tempo da dedicarsi per via della punizione. L'occasione dei fuochi aveva messo fine a quell'odiato castigo ed entrambi avevano avuto il permesso di esser presenti per dare una mano. Gemma per guadagnarsi la libera uscita, aveva aiutato la madre a tagliare le verdure per la zuppa e l'aveva poi portata nei vigneti con suo padre.

Finalmente gli inseparabili amici erano di nuovo insieme e potevano riprendere le loro congetture su Leda e sugli eventi passati. Martino perse in un attimo la spensieratezza che aveva avuto fino a poco prima, quando correva tra un filare e l'altro. La sua faccia si fece seria. Tirò fuori un pezzo di carta stropicciato e lo passò a Gemma.

« Ecco. Questo è quello che c'è disegnato e scritto sullo spillone. A me non dice nulla. Siamo in un vicolo cieco... »

Gemma guardò con attenzione il foglietto:
« Un gufo e A&A. A dire la verità mi aspettavo di trovarci inciso Leda ».

« Anche io. A&A invece non c'entrano nulla... »

« Proviamo a ragionare... Un gufo... Sarà messo lì per un motivo? Cosa potrebbe significare? » Gemma non voleva darsi vinta, non adesso.

« Boh, è un animale notturno e vive tra i boschi », sospirò con poco entusiasmo Martino.

« Vero, caccia di notte e di giorno riposa. E poi? »

« Non lo so, in un vecchio libro di fiabe che ho a casa è considerato molto saggio e tutti gli chiedono consiglio... »

« Sì, anche io ho sentito questa cosa. Quindi la donna che lo indossava era un po' saggia, magari? »

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