3. Silvestro

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Era difficile scorgere quella baracca là dove il bosco era più fitto e impenetrabile. Si mimetizzava perfettamente tra gli alberi, con la sua facciata di assi di legno e il tetto spiovente completamente ricoperto di muschio. Aveva una piccola finestra e una porta che dava su una minuscola veranda sopra cui c'era appena lo spazio per una sedia consumata dal tempo.

Silvestro viveva lì da sempre, diceva di esserci nato. Figlio del bosco e fratello di tutte le sue creature. Non aveva nessun'altro al mondo. Per lui il bosco era tutto: famiglia e sostentamento. Il bosco lo aveva cresciuto ed educato, non gli aveva mai fatto mancare nulla e lui si era sempre fatto in quattro per preservarlo e custodirlo al meglio.

Gli incontri con altre persone erano rarissimi, Silvestro si spingeva in paese solo in casi eccezionali. La gente lo guardava sempre con un misto di paura e disprezzo. Temevano il suo aspetto e i suoi modi burberi. I suoi capelli lunghi e increspati, la sua barba ispida come gli aculei di un riccio, i suoi vestiti di pelli di animali cuciti senza troppa cura e la sua voce roca erano un buon deterrente anche per i più curiosi. La gente del paese non capiva la sua vita e non capiva il suo modo di essere. Dal canto suo, Silvestro non si sentiva a suo agio tra di loro, si sentiva diverso e a volte anche un po' sbagliato e non vedeva l'ora di tornare a casa. Quando era nel suo bosco, tra i suoi alberi, si sentiva di capire e di esser capito e ogni brutto pensiero passava. Gli bastava sedersi sotto ad un albero e ascoltare quello che aveva da raccontare per sentirsi nel posto giusto. Non aveva bisogno di quelle persone e delle loro chiacchiere, non aveva bisogno dei loro aggeggi e delle loro comodità. Lui aveva il suo bosco, la sua baracca e tanto gli bastava. Le sue giornate trascorrevano serene seguendo il ritmo delle stagioni e i tempi della natura.

Eppure dieci anni prima qualcosa, anzi, qualcuno, aveva messo in pericolo tutto il suo mondo. Ancora si rammaricava per non aver potuto fare nulla quando Lei aveva contaminato il bosco con la sua magia oscura. Non aveva capito la sua potenza, non era pronto alla sua malvagità e così, non era stato in grado di proteggere piante e animali che erano caduti vittime del suo sortilegio. Una parte del bosco era come morta: gli alberi avevano smesso di parlare, gli animali avevano perso la loro anima, l'oscurità era penetrata in tutti gli esseri viventi e li aveva piegati a sé. Silvestro aveva assistito impotente a quella tragedia, si era disperato, aveva urlato e aveva imprecato, ma poi si era arreso, consapevole di non poter far nulla contro una magia tanto potente.

Era un ricordo che bruciava ancora, una ferita che non si sarebbe mai rimarginata. Non si perdonava di non esser riuscito a difendere la sua terra e la sua famiglia. Lei era stata sconfitta poi, ma era una vittoria a metà: l'avevano cacciata sì, ma non per sempre. Ne era certo. Quella parte di bosco era un promemoria che non si poteva ignorare e per questo lui cercava sempre di starne alla larga.

Silvestro non voleva pensare che tutto potesse ripetersi, non voleva crederci. I segnali però c'erano tutti. Il bosco glielo aveva detto da tempo, lo aveva avvertito e lui aveva sperato di aver frainteso. Ombre scure strisciavano nel sottobosco, strane presenze aleggiavano tra gli alberi e gli animali erano sempre più inquieti. Lei stava davvero tornando e voleva la sua rivincita. Stavolta sarebbe stato pronto. Non avrebbe più permesso a Lei o ai suoi esseri informi di metter a repentaglio il suo mondo. Nessuna parte del bosco sarebbe più andata distrutta, nessun albero avrebbe perso la sua voce e nessun animale la sua libertà. Nessuno sarebbe più caduto vittima dei suoi malefici. A lui non importava niente di quella guerra, niente della posta in palio tra Lei e la gente dei vigneti, non voleva esser immischiato nelle loro battaglie, ma sarebbe stato pronto se il bosco fosse stato in pericolo. Ad ogni costo.


Quella mattina si era svegliato con una strana sensazione addosso. Un'inquietudine che non lo aveva mai lasciato, nonostante si fosse immerso anima e corpo nelle sue faccende. Aveva raccolto legna, liberato un vecchio albero da un'edera soffocante e sistemato il tetto della baracca. Aveva provato anche a intagliare, una delle cose che più amava, ma nemmeno quell'attività era riuscita a scrollargli di dosso quel sentimento strano. Temeva di conoscere la causa di quel suo malessere, ma non voleva ammetterlo, perché gli sembrava che anche solo pensarci potesse dargli più consistenza. Così tentava di stordirsi con il lavoro e la fatica e di chiudere quella paura in un angolo della sua testa.

All'improvviso però gli alberi avevano iniziato ad agitarsi e le foglie a fremere. Qualcosa li stava turbando, qualcosa li aveva scossi e se lo stavano dicendo. Silvestro non riusciva a capirli o forse non voleva sentire quello che avevano da dire. Sempre più irrequieto, sentiva forte il bisogno di andare via e così si incamminò velocemente verso la parte più bassa del monte.

Nonostante fosse pieno giorno, incontrò un grosso gufo che volava in direzione opposta alla sua. Il volatile rallentò e lo fissò per qualche istante come a volergli dire qualcosa. Silvestro non alzò mai lo sguardo su di lui, quindi l'animale rinunciò e riprese frettoloso il suo volo. Mani in tasca e cappello calato sugli occhi, Silvestro sembrava non voler vedere, non voler cedere a quella frenesia che aveva preso tutti nel bosco. Marciò con passo deciso fino a quando qualcosa attirò a forza la sua attenzione.

Dal punto in cui si trovava aveva una buona visuale dei vigneti più in basso e vedeva chiaramente una nebbia fitta e innaturale che vi si stava radunando. Quel muro bianco si muoveva veloce, agiva con determinazione come se avesse una missione da compiere.
E poi li vide. Due ragazzini.

Che stavano facendo?

Perché non se ne andavano?

Non avevano capito che quella non era una nebbia normale?

Silvestro ebbe l'istinto di mettersi a urlare per spingerli a fuggire ma non ci fu tempo. Fu questione di un attimo e la nebbia li avvolse completamente. Le foglie attorno a lui impazzirono sotto le sferzate di un vento caldo, grossi rami si piegavano fino quasi a spezzarsi vittime della sua forza bruta.

Silvestro faticava a restare in piedi e dovette aggrapparsi ad un grande tronco per non essere spazzato via insieme a foglie e rami. Il suo primo istinto fu quello di tornare a casa per mettersi al riparo, ma poi qualcosa in lui si mosse. Pensò a quei ragazzini e nella sua mente si fece strada l'immagine del vecchio corno: unico regalo che avesse mai ricevuto. Non lo toccava da tanti anni, il solo vederlo gli provocava fitte allo stomaco, eppure non lo aveva mai nascosto o gettato e, ora, qualcosa dentro di lui gli diceva di prenderlo e suonarlo.

Con grande fatica si rimise in piedi, con uno sforzo enorme riprese a camminare e tornò correndo verso casa. Il bosco sembrava aver capito il suo intento e lo agevolava nella sua corsa facendogli da scudo contro quel vento fortissimo. Entrò senza esitare nella baracca e trovò il corno appeso tra un grosso coltello e un'ascia, sopra la sua brandina. Ebbe un attimo di esitazione, era un salto in quel passato che aveva cercato di dimenticare. Dieci anni...

Lo sbattere di un ramo contro la finestra lo riportò al presente, così staccò velocemente il corno dal gancio e in un attimo fu fuori. Tornò rapidamente nel punto in cui in precedenza aveva scorto quei due ragazzini e si portò alla bocca il corno sperando fosse la cosa giusta da fare.

Soffiò con tutta l'aria che aveva in corpo. Un lungo fischio, quasi un ululato. E funzionò.
La nebbia si scosse come disturbata da quel suono e velocemente cominciò la sua ritirata. Anche il vento cessò e tutto attorno a lui si quietò.

Silvestro fu sicuro di sentire delle presenze nelle vicinanze. Non era solo, qualcosa o qualcuno si trovava nel bosco non lontano da lui e sembrava molto contrariato. Non riuscì a vedere niente o nessuno tra gli alberi e allora si voltò verso i vigneti per cercare quei due ragazzini. Li riuscì a scorgere: erano increduli e spaventati, ma sani e salvi. Li guardò allontanarsi incapace di staccare gli occhi da loro. Il ragazzo si voltò un paio di volte scrutando nella sua direzione e, per un attimo, gli sembrò che i loro sguardi si incrociassero. Li tenne d'occhio fino a che non sparirono dalla sua vista e poi tornò con passo pesante a casa. Sulla strada del ritorno raccolse parecchi rami spezzati e sentì gli alberi che parlavano del suo gesto. Ancora non capiva perché lo aveva fatto, guardava il corno che stringeva tra le mani e una smorfia simile ad un sorriso apparve sul suo volto. Chissà se anche lei aveva ancora il regalo che le aveva fatto. Chissà se qualche volta si ricordava di lui. Era stata l'unica persona a non trovarlo strano, era andata al di là del suo aspetto e dei suoi modi e lo aveva apprezzato così come era. Per la prima volta Silvestro si era sentito in sintonia con qualcuno che non fosse parte del bosco. Purtroppo, il loro legame si era bruscamente interrotto e da allora non aveva più ricevuto sue notizie. Forse non le era permesso mettersi in contatto con lui o forse non le interessava farlo.

Silvestro scacciò quel pensiero come una mosca dal naso e dopo una cena spartana si mise a letto. Faticò a prendere sonno. Appena chiudeva gli occhi lo vedeva come se fosse lì: lo sguardo di quel ragazzo sembrava non volersene più andare dalla sua mente.

SòcWhere stories live. Discover now