8. Brucia la Vecchia

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Era arrivata la metà di marzo e, come da tradizione, questo significava una notte di festa. Era giunto il momento di lasciarsi finalmente il lungo inverno alle spalle e di salutare l'arrivo della primavera bruciando "la vecchia".

In questa occasione si dava fuoco a tutti i rami potati, ai dispiaceri e ai cattivi pensieri, per ripartire poi più forti e spensierati, più leggeri e colorati come i germogli sulle piante. Una speranza e un augurio per tutti, un modo per esorcizzare insieme le paure e prepararsi con fiducia alla rinascita della natura.

Attorno ad un enorme falò, nel campo che separava i vigneti dalle case, ci si riuniva con amici e vicini e si beveva un bicchiere di buon vino, accompagnandolo con i biscotti della signora Bice, un'arzilla vecchietta del paese, sempre schietta e a volte un po'scurrile.

Bice passava giorni in cucina a preparare infornate di questi suoi famosi biscotti e non rivelava mai a nessuno la ricetta per replicarli, anzi mandava a quel paese chiunque provasse a chiederla. Gemma trovava che Bice fosse davvero una forza, la signora più interessante di tutto il paese e avrebbe voluto tanto esserle amica e non solo per i biscotti che erano davvero favolosi, ma per quel suo modo di fare così stravagante. Nessuno però sembrava riuscire ad entrare in confidenza con la donna che se ne stava sempre per i fatti suoi e si univa ai compaesani solo in quell'occasione.

Gemma arrivò con la sua famiglia e con il suo solito contagioso entusiasmo, davanti al fuoco che aveva già cominciato a scoppiettare e che si faceva sempre più grande.

Baldo andò loro incontro con aria felice e un bicchiere di vino in mano. Erano tanti anni che non partecipava a quell'evento e sembrava contento di esserci.
Martino era in piedi davanti al grande falò accanto a suo nonno. Sul suo viso ballavano le ombre che il fuoco colorava con toni caldi, ma qualcosa nei suoi occhi strideva con l'atmosfera di festa che lo circondava. Gemma capì subito che doveva trovare il modo di parlare con lui in privato, ma la festa attorno al fuoco la chiamò a sé e le chiacchiere e i biscotti le fecero dimenticare il suo proposito.

Restò un po' a parlare e ridere con alcuni compagni di scuola mentre il fuoco bruciava e riempiva l'aria di minuscole lucciole incandescenti. Martino non si unì mai al gruppo. Quando più tardi lei incrociò il suo sguardo, gli fece un cenno con la mano. Entrambi sapevano cosa fare. Gemma salutò gli amici e si allontanò verso il grande gelso che aveva cominciato a germogliare proprio in quei giorni. Sul ramo più basso, con le gambe a penzoloni, Martino la aspettava già. In un attimo anche lei si arrampicò e gli si sedette accanto.

« Hai una faccia strana. Che succede? »

Martino fece molta fatica a cominciare il discorso, sembrava che le parole non trovassero la via per uscire dalla sua testa.

« Ho sentito una discussione tra mio padre e mio nonno. Loro pensavano che dormissi e quindi non si sono risparmiati... » disse infine.

« Oh. Mi spiace! Sai che non sono mai andati troppo d'accordo, mio papà dice sempre che sono due muli! »

« Non è questo... Parlavano di mia madre... »

Gemma sentì un tuffo al cuore. Era ancora vivo in lei il ricordo del dolore apparso sul volto del suo migliore amico davanti a quella scatola di latta. Restò allora in silenzio in attesa che lui si sentisse pronto per continuare, ma sembrava che ogni parola gli costasse molto.

« Mia madre... Mia nonna... Parlavano di loro. Nonno ha urlato contro papà dicendogli che era colpa loro se la nonna era morta... »

Pronunciando quelle parole gli occhi di Martino si riempirono di lacrime. Gemma si avvicinò poggiando la sua spalla a quella dell'amico, poi cercò e strinse forte la sua mano. Non sapeva davvero cosa dire, le faceva male vedere Martino così sconvolto.

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