9. Il fiume che non c'è più

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Le giornate si stavano finalmente allungando e la primavera cominciava a sentirsi nell'aria.

Dopo quello che era successo con Nilde, Martino e Gemma non avevano più il permesso di vedersi. Riuscivano a scambiarsi qualche parola nell'intervallo e nel tragitto tra casa e scuola, ma non potevano passare il pomeriggio insieme come sempre.

Entrambi soffrivano per quella punizione arrivata, poi, nel mezzo di quella storia assurda.

« Sembra quasi che lo facciano apposta. Non siamo mai stati messi in castigo, neanche quando eravamo più piccoli e ora ci rinchiudono in casa. Proprio adesso che il tempo si fa più bello e stiamo iniziando a scoprire qualcosa su questa Leda », brontolò, un giorno, Gemma mentre tornavano da scuola.

Il suo spirito libero non riusciva a tollerare quella punizione e la faceva sentire arrabbiata con il mondo. Finalmente si erano ritrovati in una vera avventura, non se la stavano inventando, e gli adulti, oltre a non dirgli niente, gli mettevano pure i bastoni tra le ruote.

« Lo so, ma è solo un nome », replicò sconsolato Martino che viveva con altrettanto malumore quella reclusione.

Dopo scuola passava le giornate ciondolando tra casa e fienile, armeggiando distrattamente con le sue cianfrusaglie. Si rese conto solo allora che, da quando aveva trovato quello spillone, ne era rimasto così stregato da non esser più andato più a caccia di tesori. Si era concentrato cosi tanto sulle strane cose che stavano accadendo che aveva dimenticato tutto il resto, anche quella sua passione che coltivava da sempre.

Quando era molto piccolo il nonno gli raccontava una storia:

« Tanto, ma tanto, ma proprio tanto, tanto tempo fa, dove ora ci sono i vigneti, passava un fiume. Dal mare partivano piccole scialuppe che risalivano questo fiume per nascondere ai piedi del grande monte solitario, che tu conosci bene, bauli carichi di tesori... »

«Eh già... », diceva il nonno abbassando il tono della sua vociona con fare misterioso, « qui un tempo non era strano incontrare un pirata che, dopo aver nascosto con cura un forziere pieno di chissà quali meraviglie, si attardava nel borgo per bere della buona grappa e affascinare gli abitanti con avventure favolose, prima di ritornare a bordo della scialuppa e poi del suo veliero.

Una volta uno di loro si innamorò a tal punto di una delle ragazze del paese da portarle come pegno d'amore una collana d'oro ricoperta di pietre preziose. Quella ragazza era la nonna della bisnonna della trisnonna di tua nonna ed era una fanciulla bellissima e molto invidiata.

Il pirata, però, dopo esser salpato, non tornò da lei come le aveva promesso, forse vittima di un nubifragio o chissà... Lei nascose la collana per anni incapace di separarsene, ma una notte qualcuno entrò nella sua casa, la trovò e la portò via, lasciando al suo posto una mappa. La fanciulla non riuscì mai a decifrarla e morì molto vecchia stringendola tra le mani. Quella mappa passò di generazione in generazione, ma, purtroppo, finì bruciata nel grande incendio che distrusse mezzo paese molti anni fa.

Pensa, se fosse arrivata a tua nonna, ora potremmo andare noi alla ricerca di quel tesoro!

Col passare degli anni quel fiume si è prosciugato e al suo posto ci sono tanti vigneti e, io, sono sicuro che la nostra uva è così buona proprio grazie a quel fiume che qui scorreva. Se tu sarai attento e avrai pazienza sono certo che un giorno, non troppo lontano, troverai uno di quei tesori sepolti sotto terra, magari proprio quello che la mappa indicava... »

Martino chiedeva quella stessa storia ogni sera e ogni volta che trovava un sasso, un pezzo di metallo o di legno dalla forma particolare la sua fantasia viaggiava lontano e saliva a bordo di quelle scialuppe in compagnia dei pirati più scaltri e coraggiosi.

Raccoglieva e catalogava con perizia ogni oggetto che trovava, ipotizzando quale fosse stato il suo uso in tempi lontani. In camera sua facevano bella mostra alcuni dei reperti che considerava più preziosi: un grosso uncino che, era sicuro, fosse servito per arpionare grossi pesci di cui la ciurma si nutriva durante le lunghe traversate; una catena con anelli a maglie larghe usata, certamente, per immobilizzare sfortunati marinai fatti prigionieri dopo l'assalto alla loro nave e un maniglione di metallo appiattito con incisi triangoli su tutta la sua circonferenza, appartenuto, senza ombra di dubbio, ad una cassa del tesoro e staccatosi da questa durante il trasporto a causa del peso del suo sonante contenuto.

Il nonno aveva ottenuto con fatica che Martino tenesse solo alcuni dei suoi cimeli in camera e riponesse il resto in un baule nel fienile perché, se fosse stato per il piccolo esploratore, la casa sarebbe stata sicuramente invasa dai suoi ritrovamenti.

Crescendo Martino non aveva dimenticato quella storia. Il fatto che suo padre lavorasse a bordo di una nave gli sembrava l'ennesima conferma che doveva esser proprio lui a scovare uno di quei meravigliosi tesori che i pirati avevano nascosto.

SòcWhere stories live. Discover now