6. Lei

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Tutto quel sabato mattina era ricoperto da una spessa coltre di brina. Il paesaggio sembrava sotto l'effetto di un sortilegio che lo aveva lasciato così: immobile e bellissimo. Il tempo pareva non esistere e Gemma e Martino, stretti nei loro cappotti, sentivano crescere in loro la sensazione che qualcosa stesse per succedere.

Camminando tra i filari sentivano solo lo scricchiolio che i loro piedi producevano schiacciando quella fragile armatura che ricopriva ogni cosa. Entrambi avevano esaurito le congetture più fantasiose riguardo alla strana nebbia che li aveva avvolti e sull'incontro con l'uomo del bosco. La tentazione di chiedere di lui a Arturo era grande, ma qualcosa continuava a dissuaderli dal farlo.

« Credo che mio nonno sappia qualcosa che non mi vuole dire. C'è qualcosa di strano in lui da un po' di tempo e non so che pensare. Mi chiede in continuazione se sto bene, mi fissa a lungo e più volte mi è sembrato che volesse cominciare un discorso con me, ma che poi rinunciasse, come se qualcosa lo trattenesse... »

Gemma con la faccia sprofondata nella sciarpa, rimuginava su quello che Martino gli stava dicendo mentre passeggiavano ai piedi del monte. Incontrarono Renato, lo zio di Nilde, che stava andando a consegnare la spesa alla moglie di Bortolo e si lamentava di tutto quel ghiaccio che ricopriva la strada e lo aveva già fatto scivolare due volte.

« E poi chi lo sente mio fratello se rovino la sua preziosissima carne? Madame Bistecca, troverebbe finalmente il pretesto giusto per farmi licenziare! » disse facendo l'occhiolino ai ragazzi prima di riprendere la sua strada.

Avevano appena salutato Renato e stavano ancora ridendo per il soprannome riservato alla cognata, quando un grosso gheppio passò loro vicino prima di dirigersi verso il bosco. Lo seguirono con lo sguardo e lì, tra gli alberi, lo videro. Silvestro era lì che li fissava e sembrava stesse aspettando proprio loro.

Un brivido percorse Gemma che, però, non si scompose. Anzi, lasciò sbalordito Martino quando, con decisione, fece un cenno con la mano all'uomo che l'aveva fatta tremare di paura pochi giorni prima.

Anche Silvestro fu sorpreso da quel gesto ma, deciso a seguire il suo piano, rispose al saluto e cominciò la sua discesa verso i vigneti. Quando Martino capì che li stava raggiungendo ebbe l'istinto di mettersi davanti a Gemma per proteggerla. Questa volta però, lei sembrava ferma e determinata.

Con passi lunghi e pesanti Silvestro arrivò a pochi metri da loro. « Avevi ragione ragazzo. Ero io! » la sua voce era profonda, ma meno scontrosa.

« Ne ero sicuro. Chi sei? » chiese Martino tutto d'un fiato.

Gemma fissava quell'uomo con intensità, come se volesse leggergli nel pensiero. Voleva sapere, voleva avere le risposte a quelle domande che la tormentavano da giorni e, poi, non voleva assolutamente che lui la ritenesse una ragazzina fragile e frignona.

« Sono Silvestro. Vivo da sempre nel bosco... » rispose lui senza alcuna cerimonia.

« Certo! » Martino si picchiò una mano sulla fronte stupito di non averci pensato prima, « avevo sentito parlare di te da alcuni miei compagni di scuola. Sei l'eremita del monte. Sono anni che non ti si vede in paese. Qualcuno credeva tu fossi morto ».

« Gli piacerebbe! Ma alla facciaccia loro eccomi qua. Io sto bene dove sto. E adesso dimmi ragazzo, cosa volete da me? » tagliò corto.

Gemma si intromise nel discorso offesa per non esser stata ancora considerata. « Sei stato tu a far sparire quella specie di nebbia? E cos'era quel suono? » chiese con foga.

Lui la guardò come se la vedesse per la prima volta. « Quella cosa era magia oscura. Il mio corno l'ha spazzata via. Ma non per sempre ».

« Magia oscura? » Gemma e Martino non riuscirono a contenere la sorpresa e l'eccitazione per quello che Silvestro stava dicendo.

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