2. Una strana nebbia

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Gemma cercò di far tornare di buonumore il suo migliore amico, ma niente sembrava funzionare. Provò a raccontargli di come sarebbe finita secondo lei la lite con Nilde, se non fossero state interrotte dalla campanella.

Gli parlò di Pietro, un ragazzino della sua classe, che aveva passato metà della lezione del maestro a cercare chissà cosa nel suo naso e di come lei si fosse immaginata quel dito uscirgli da un occhio per tanto che lo spingeva su.

Di solito i suoi racconti coloriti lo facevano ridere, ma non stavolta. La delusione di Martino per quello che gli aveva detto il nonno era cocente. Non sapeva bene perché, ma era davvero convinto che quell'oggetto fosse importante. Qualcosa lo aveva spinto fino a lì per raccoglierlo e non voleva rassegnarsi al fatto che fosse solo robaccia.

Gemma alla fine capì che l'unica cosa da fare era seguirlo nel filo ingarbugliato dei suoi pensieri e, così, tornò sull'argomento che aveva fino a quel momento cercato di evitare.

« Va bene. Se per te è importante lo è anche per me. Dove hai trovato quel coso? Mi ci porti? »

Martino si riscosse come se non aspettasse altro e, con un grande sorriso, tornò ad essere il ragazzino più entusiasta che Gemma avesse mai conosciuto.

Cominciò a correre. Correva forte, le gambe lunghe e magre si muovevano veloci tra quei sentieri percorsi migliaia di volte. A Gemma c'erano voluti anni di allenamento, ma finalmente riusciva a tenere il suo passo, anche se il fiatone non mancava mai.

Dopo qualche minuto Martino si fermò improvvisamente davanti al grande masso che segnava la proprietà di quel vigneto.
Il vigneto dei Galli si trovava incastonato tra il bosco e una fila di alti gelsi che lo delimitavano. Gemma e Martino non si spingevano quasi mai fino a lì, perché era troppo vicino a quella parte di bosco che restava sempre in ombra e in cui nessuno osava mai metter piede.
Il Bosco Oscuro lo chiamavano.

Una volta, due ragazzi della scuola si erano vantati di esserci stati e di aver visto le cose più strane, ma, quando la voce era giunta alle orecchie dei loro genitori, la commedia era finita e avevano dovuto ammettere di essersi inventati ogni cosa.
Nessuno del paese parlava volentieri di quella parte di bosco, tutti sapevano di restarne alla larga e di non fare troppe domande a riguardo.
Era un tabù che non andava infranto. Ogni bambino aveva sognato almeno una volta di varcare quella soglia misteriosa e scoprirne i segreti, ma la paura che si dipingeva sul volto degli adulti quando si raccomandavano di non andarci era tale da far desistere anche il più curioso e coraggioso tra di loro.

« Ho visto un pettirosso bellissimo e ho cominciato a seguirlo fino ad arrivare qui. E poi l'ho visto, era mezzo sepolto, ma il sole lo illuminava e lo faceva brillare. Mi ha quasi accecato, non potevo proprio non vederlo».

Martino si accucciò ad indicare il punto esatto del ritrovamento. Nel terreno si vedevano ancora i segni del passaggio delle sue mani che avevano scavato per estrarre quel tesoro. Gemma si chinò accanto a Martino per vedere se ci fosse altro, magari un indizio che li aiutasse a capire cosa fosse quell'oggetto.

Provarono a scavare ancora un po', ma senza ottenere nulla. Delusi decisero di cancellare i segni del loro passaggio prima che uno dei proprietari del vigneto arrivasse a sgridarli.
I Galli infatti erano famosi per esser molto gelosi della loro proprietà e per le reazioni esagerate che avevano se qualcuno provava ad avvicinarsi. In paese si diceva sottovoce che quel caratteraccio era dovuto alla vicinanza dei loro vigneti al Bosco Oscuro, come se lavorare così vicino a quel luogo nefasto avesse avuto una cattiva influenza su di loro. Gemma e Martino ricordavano bene di quella volta in cui avevano visto il vecchio Bortolo correre con in mano un badile per scacciare un viandante sfortunato che si era fermato a riposare proprio vicino ai suoi filari. Quel pensiero li faceva sempre ridere, ma gli ricordava anche che era meglio starne alla larga.

SòcWhere stories live. Discover now