22. La cura

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Gemma si mise in testa a quel gruppetto mal assortito e li guidò percorrendo stradine secondarie. Evitò accuratamente di passare in paese, dove, di sicuro, avrebbero perso tempo in inutili spiegazioni. Chissà poi cosa avrebbero detto le comari di fronte a Silvestro e a tutto il sangue che ricopriva Baldo. Gemma già immaginava l'isteria generale che avrebbe colpito il paese.

Si muoveva a passo di marcia, cercando di restare lucida e di mettere ordine dentro di lei, ma era tutt'altro che facile.

Martino, Silvestro, Nilde, Baldo, Iole e Zeno affollavano i suoi pensieri ancora fradici per quel tuffo che le era quasi costato tutto e tutti. Le sue mani erano incrostate del sangue di Baldo, i suoi abiti erano sporchi e pesanti, come pesante era il suo cuore.

Martino non era ancora tornato a casa e ora Baldo ci stava tornando moribondo. No, non potevano portarlo da Arturo che di sicuro sarebbe andato fuori di testa vedendolo in quello stato, quindi Gemma pensò che il posto migliore fosse a casa sua. Sua madre, due anni prima, aveva ricucito suo padre quando una damigiana di vetro gli era scoppiata tra le mani e lo aveva ferito sul palmo. Gemma era rimasta molto colpita per come Iole non si fosse fatta prendere dall'agitazione e avesse risolto con calma e dolcezza la situazione.

Convinta della sua decisione, Gemma aumentò ancora il passo, consapevole che non c'era tempo da perdere. Silvestro la seguiva a breve distanza, mentre Nilde arrancava, provata dagli eventi di quello strano pomeriggio e dal suo elegante abito reso ancora più ingombrante dal fango del lago. Quando furono finalmente in prossimità di casa, Gemma vide venirgli incontro suo padre, visibilmente scosso, e Renato.

« Gemma! Pensavo di aver perso anche... » Zeno restò senza parole quando vide che la figlia, sporca e fradicia, non era sola. L'eremita del bosco la seguiva e portava sulle spalle qualcosa, anzi qualcuno.

« Papà! Baldo è ferito!! Dobbiamo aiutarlo subito!! » lo incalzò Gemma.

Zeno sembrava aver ricevuto una bastonata in testa, era immobile e il suo sguardo saltava dalla figlia a Silvestro, come fosse incapace di capire quello che stava accadendo. Renato fu più rapido a riprendersi dalla sorpresa e iniziò a dirigersi in fretta verso il paese urlando:

« Vado a chiamare il Dottore! »

Poi si fermò incredulo quando vide, poco più in là, la nipote, sporca e sconvolta.

« Nilde! Che ci fai qui? Cosa hai fatto? », ma, non ottenendo subito una risposta e avendo una gran fretta continuò, « Me lo dirai dopo. Aspettami qui. Se tua madre dovesse vederti in questo stato non basterebbe un dottore... »

Zeno a quelle parole sembrò ridestarsi e indicò a Silvestro la porta di casa. Davanti agli occhi sgranati di Iole, Silvestro scaricò Baldo sul tavolo della cucina con una delicatezza che non sembrava potergli appartenere. Si allontanò immediatamente e si mise, in evidente stato di disagio, in un angolo della stanza.

Iole, dopo un sorriso sollevato rivolto alla figlia, prese coraggio e si avvicinò all'amico incosciente. Zeno le si fece subito accanto e insieme scoprirono l'ampia ferita sul fianco di Baldo. Iole fece un respiro profondo e decise di prendere in mano la situazione almeno fino all'arrivo del Dottore.

« Prendi una forbice, degli asciugamani e una bacinella d'acqua », disse al marito che annuì e si mise subito in moto. Poi con gli occhi tornò alla figlia e si accorse, non senza sorpresa, della presenza di Nilde.

« Gemma vai in camera tua con Nilde, toglietevi quei vestiti fradici e prendetene di puliti. Fate piano, Bartolomeo dorme nella sua cesta e adesso non è proprio il caso che si svegli... » e, prima che la figlia provasse a contraddirla, chiuse il discorso con fermezza:
« Andate! Subito! »

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