11. LOVE SOMEONE ELSE

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«Io non me la sento di ucciderla» disse Pel di Carota.

Emanuele. Cosa mi aveva spinta fino a lui? Spinta fino a compiere quel passo estremo che si chiama tradimento? Il ricordo del nostro primo bacio, nel suo studio, mi dava ancora i brividi.

«Se la portassimo bzzzzzzzzzz la uccideremmo comunque. Come pensi possa bzzzzzzzzzz. Finirebbe, laggiù bzzzzzzzzzz lasciamo il corpo alla sua famiglia. E poi le sparizioni quest'anno bzzzzzzzzzz non dobbiamo dare nell'occhio o bzzzzzzzzzz.»

Ecco perché avevo tradito Giulio. Il nostro amore, vecchio di vent'anni, non mi faceva tremare più. Giulio, Emanuele, amavo entrambi anche se non era giusto il gioco che mi ostinavo a portare avanti. Emanuele si era sempre accontentato degli spazi risicati che potevo offrirgli. Ogni tanto aveva mostrato segni di insofferenza, ma avevo dovuto fingere di ignorarli; il divorzio non era contemplato tra le possibili strade che avrebbe preso la mia vita. Neanche il tradimento, in realtà.

«Io questa qui non la bzzzzzzzzzz mi ricorda mia madre.»
«Tua madre un cazzo, Dagmos, questa potrebbe essere tua figlia.»
«Come invecchiano male, qui.»

Amavo Giulio, e soprattutto amavo nostra figlia.
Emanuele mi dava i brividi.

«Mille anni bzzzzzzzzzz non può bzzzzzzzzzz 217.137.175 capisci? bzzzzzzzzzz.»

Mi svegliai.
I loro discorsi si erano fatti concitati. Parlavano sempre tra di loro quando dormivo. Ed era vero che dormivo, eppure i miei pensieri erano fin troppo coscienti; eppure, li sentivo. Utilizzavano sempre due lingue: la nostra e quel sibilo. Quel numero si infilò come uno spillo nel cervello, fu lui a svegliarmi: 217.137.175
Lo ripetei come un'ossessa; per non dimenticarlo lo scomposi nella mia mente. Lo collegai a dei ricordi: 21.7, ventuno luglio, il giorno del mio matrimonio; 13.7, tredici luglio, il giorno del decesso di Manuel; 17.5, diciassette maggio, il giorno... del mio rapimento. Non avrei dovuto dimenticare quel numero per nessun motivo. Matrimonio, Manuel, rapimento. 21.7.13.7.17.5
Se avevo una possibilità di salvarmi, era legata a quel numero.
«E allora ammazziamola! Buttiamola giù da un ponte, lo fai tu?» sbottò Pel di Carota rivolgendosi a Burel.
«Se ci beccano ci arrestano e buttano la chiave. Volete rimanere qui? Sapete quante malattie bzzzzzzzzzz è omicidio, rapimento! Qui invecchieremmo come bzzzzzzzzzz» disse l'energumeno.
«Va bene, liberiamola» sentenziò il capobanda.

Chiusi gli occhi; nella mia mente apparve un vagone della metropolitana.

RapitaWhere stories live. Discover now