20. GLORIA

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«Almeno passiamo da piazza Vetra a comprare gli antidepressivi» propose Emanuele prima di salire in moto.
Gabu scosse la testa. «Ci toccherà restare lucidi. Il nostro inseguimento non passerà inosservato.»
Emanuele si avviò verso casa di Gabu, assorto tra i propri pensieri. Erano da poco passate le otto, ma il cielo non accennava a imbrunire. L'aria tiepida gli accarezzava il volto, ma come da molti anni ormai, lui non era pronto ad accoglierla. Quel tepore veniva spazzato dall'inverno glaciale che Manuel gli aveva lasciato dentro. Aveva perso anche Bianca, l'unica persona al mondo in grado di ricordargli che si sopravvive anche al più subdolo dei dolori.
«Ho la fedina penale pulita. Il mio volto è sconosciuto alle forze dell'ordine, non mi rintracceranno.»
«Verranno da me» disse Gabu. «Mi chiederanno il motivo di quell'appostamento non autorizzato. Mi estorceranno il tuo nome» sospirò. «Mi sarei potuto spacciare per l'amante di Bianca, se non ti avessi coinvolto in questa faccenda. Sono stato un coglione.»
«Sei stato un amico» lo corresse Emanuele.
Si salutarono al loro solito modo, dandosi alcune vigorose pacche sulle spalle.
«Mi raccomando, va' dritto a casa. Non metterti in testa strane idee, tipo di sparire nel nulla. Non desiderano altro che dare un volto al colpevole. Vai da Gloria» esitò qualche istante, guardandolo negli occhi. «Potrebbe essere l'ultima scopata che ti verrà concessa, per molto tempo.»
«Pensi sempre a quello?» sorrise.
Gabu si avvicinò all'orecchio dell'amico, disse a bassa voce, prima di accomiatarsi: «Buona fortuna, ragazzo mio. Si risolverà tutto, ne sono certo; non so quanto tempo ci vorrà, ma quando accadrà, tutto questo non sarà mai esistito.»
Come Gloria, anche Gabu parve illudersi che fosse possibile cancellare il passato; dovevano essere diventati poeti, pensò Emanuele, oppure stavano diventando tutti matti.

Quando tornò a casa, trovò Gloria incollata alla TV.
«Ci sono novità?» domandò preoccupato. Sperava che la notizia non fosse già stata diffusa.
«Stanno mandando in onda uno speciale. Hanno trovato gli altri due rapitori. Cioè, si sono dissolti anche loro in metropolitana. C'è un grosso mistero laggiù.»
Emanuele sentì di avere le ore contate. Si avvicinò alla moglie, la baciò sulle labbra.
«Facciamo il bagno insieme, come ai vecchi tempi?»
Lei accondiscese.
«Non è un bel periodo, per te» disse Gloria immergendosi nella vasca da bagno.
«Per te lo è?» domandò Emanuele, sprofondando anch'egli in quella soffice effervescenza alla vaniglia.
«Mi dispiace per la tua amica.»
Lasciò che l'ultima parola aleggiasse nell'aria per alcuni, lunghi minuti.
«So che non è la moglie di un tuo allievo. Lo so da un pezzo» disse contrita.
Emanuele abbassò lo sguardo. Si vergognò per quella infedeltà che andava avanti da anni, a discapito di una donna annientata dal dolore. La pena che provò per se stesso e per lei, raggiunse un'intensità emotiva tanto elevata da sfiorare le vette invalicabili dell'amore.
«La vita continua a cogliermi di sorpresa e io... reagisco come posso». Si sentì soccombere sotto il peso della propria debolezza. «Mi sento un verme.»
«Io invece mi sento euforica. Come se stesse per accadere qualcosa di immenso.» Pregustava, senza saperlo, la dolcezza del perdono. Accennò un sorriso, qualcosa che Emanuele aveva dimenticato; una boccata d'ossigeno per il suo cuore oppresso.

Quella notte, fecero l'amore. Non accadeva da dieci anni; da quando Manuel, il loro bambino adorato, era stato portato via dalla leucemia.

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