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Faith

"Cosa ci fai qui, di nuovo?" Domandai alla figura imponente di Kyle, in piedi davanti alla porta di casa mia, con un sorriso strappa mutandine sulle labbra e gli occhi luminosi. Sembrava particolarmente contento quella mattina.

Ieri pomeriggio era andato via da casa mia, insieme alla sua adorabile sorellina, con un'espressione incredibilmente strana stampata sul volto. Sembrava pensare arduamente a qualcosa, facendolo sembrare stranamente importante.
Trovarlo nuovamente qui, mi stupiva non poco.
Dopotutto era veramente raro, trovarsi Kyle Sullivan davanti alla propria porta di casa.
Che potrà mai volere?

Si strinse nelle spalle larghe, fasciate dalla felpa sportiva della squadra di Hockey della scuola, di cui era capitano. "Andiamo, ti porto a scuola." Parlò limpidamente, come se quella dichiarazione risultasse del tutto naturale per lui.

Aggrottai la fronte, cosa? "Mi porti a scuola?" Domandai, facendolo annuire e sorridere. Ma cosa diamine aveva bevuto? Una tazza di caffè troppo corretto? "Per quale diamine di motivo dovresti portarmi a scuola?" Gli domandai incrociando le braccia al petto, coperto da una delle enormi felpe di mio fratello, che oramai all'Università si era lasciato dietro qualche indumento, che mi era risultato piuttosto utile.

"Non capisco la diffidenza che leggo nella tua faccia." Parlò incrociando a sua volta le braccia al petto, risultando molto più muscolose rispetto a quelle esili mie, che sembravano due stuzzicadenti davanti ai suoi due tronchi di alberi.

Inarcai un sopracciglio verso l'alto. "Non puoi pretendere il contrario, Sullivan." Mormorai, nel mentre che aggrottava la fronte dichiarandosi confuso all'evidenza dei fatti. Sbuffai. "Noi non siamo amici. Quindi il fatto di trovarti qui, con questa buona volontà di portarmi a scuola mi risulta piuttosto strano. Come puoi biasimarmi?"

Si morse il labbro, davanti alle mie parole e mi riuscì difficile - non potevo non ammetterlo - distogliere lo sguardo. "Possiamo iniziare a diventarlo." Parlò, facendomi scuotere la testa. Da quale buco gli era venuta fuori questa assurda idea, dal naso o dal buco del c..delle orecchie?

Mi ritrovai a ridacchiare piuttosto ironica.
"Noi non potremo mai essere amici, veniamo da due mondi troppo diversi. Te dalla alta gerarchia sociale, io dagli angoli bui di una biblioteca. È un'idea che non avrà successo già in partenza." Mormorai, prima di sistemarmi lo zaino sulla spalla e sorpassarlo.

"Non me ne frega un accidenti della gerarchia sociale, Faith. Dove diamine sta scritto che non possiamo essere amici?" Urlò allargando le braccia, mentre scendevo gli scalini del porticato.

"Perché tutto questo interesse nel diventare mio amico, fino a qualche giorno fa non sapevi nemmeno della mia esistenza. Cosa ti ha fatto cambiare idea nel volermi conoscere, hai per caso scommesso un dollaro con i tuoi amici su di me? No, perché due spiccioli non mi mancano, potrei darti immediatamente la tua ricompensa e farti evitare di sforzarti nel tuo misero intento." Sbuffai, irritandomi all'idea di essere il principale argomento di una stupida scommessa. Essere giudicata costantemente a scuola da Miranda e tutti i componenti della scuola, era già sufficientemente abbastanza.

"Che diamine di persona tu pensi che io sia? Non farei mai una cosa tanto meschina, non sono quel tipo spregevole di persona. Non mi conosci." Dichiarò camminandomi dietro, sembrò sconcertato e ferito dalle mie parole.

"Appunto, Kyle, non ti conosco!" Alzai le mani al vento.

"Però mi giudichi, quando tu stessa ti sei lamentata ieri di questo fatto nei tuoi confronti." Touché. Sospirò, passandosi una mano sui suoi capelli, che ricadevano morbidi sulla sua fronte. "Dammi una possibilità."

Ho passato gran parte del mio tempo, senza aver nemmeno un amico o un'amica dopo la pugnalata alle spalle da Miranda. Osservare le persone, mi aveva aiutato a capire una menzogna a chilometri di distanza. E Kyle mi sembrò sincero, non c'era ombra di traccia di una bugia nelle sue parole e questo mi sconcertò molto. Perché voleva veramente diventare mio amico, perché proprio io?
"E in tutto questo cosa ci guadagno?"

"Oltre alla mia meravigliosa amicizia?" Domandò ridendo, facendomi alzare gli occhi al cielo. "Un passaggio in macchina tutte le mattine per andare a scuola."

"E una ciambella calda di Gwen." Proposi, porgendoli il palmo della mia mano. Gwen era la proprietaria della pasticceria vicino scuola, per cui andavo letteralmente pazza per le sue ciambelle.

Inarcò un sopracciglio. "Perché mi sembra che da tutta questa storia, tu ne stia guadagnando di più?" Parlò facendomi ridere.

"Sei tu che vuoi avere la mia amicizia e io devo trarne almeno i profitti." Mi strinsi nelle spalle, con aria innocente.

Scosse la testa, sorridendo. "Solo se dividi la metà, piacciono anche a me." Dichiarò stendendo la mano in direzione della mia.

"Affare fatto." Parlai stringendogliela, chiedendomi se quell'amicizia mi avrebbe portato a qualcosa.

Mi sembrava di aver appena stretto il patto con il diavolo, ma il sorriso bianco, genuino e tremendamente felice - cosa sorprendente - che stampò sulle labbra, rese immediatamente contenta pure me.

Sperai soltanto di non finire nello stesso modo in cui era finita la mia amicizia con Miranda e di ricevere la mia ciambella ogni mattina.

Che c'è? Io amo mangiare.

LULLABYWhere stories live. Discover now