1. Volo AA199

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"Mamma", ridacchiò, "ti prometto che starò bene." Alzò gli occhi al cielo, accennando un sorriso mentre sua madre l'abbracciava per l'ennesima volta.

"Lo so, tesoro, sono solo preoccupata. Hai preso il passaporto? E il biglietto?" si staccò e cominciò a metterle a posto i capelli.

"Sì, mamma", sospirò, "ho preso tutto e ho già fatto il check-in online. Devo solo far imbarcare le valigie." Tirò su la spallina dello zaino e cercò di calmare sua madre e le sue mani che le ronzavano attorno alla faccia. "Papà fai qualcosa per favore."

"Clarissa, ha diciannove anni, se la caverà benissimo", disse il padre Tom poggiando le mani sulle spalle della moglie, tentando di tranquillizzarla. Poi guardò la figlia con un sorriso e un pizzico di nostalgia negli occhi. "Mi mancherai, formichina", disse dolcemente con la voce leggermente rotta dal pianto.

"Non la smetterai mai di chiamarmi così, vero?" si avvicinò e lo abbraccio appoggiando la testa sul suo petto.

"Mai", sussurrò Tom accarezzandole la testa.
La ragazza si allontanò e li guardò entrambi cercando di trattenere le lacrime. "Mi mancherete, abbiate cura di voi. E salutate Stefan e Damon da parte mia."

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Mancava solo mezz'ora all'inizio dell'imbarco, ma quella mezz'ora sembrava durare in eterno. Era seduta di fronte alla vetrata che dava sulle piste e osservava gli aerei decollare, atterrare, osservava i marshaller lavorare, mentre teneva in mano il passaporto e il biglietto, e lo zaino sulla poltrona di fianco a lei. Picchiettava il piede a ritmo di Feel So Close di Calvin Harris che suonava nei suoi AirPods. Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si era accorta del ragazzo che tentava di attirare la sua attenzione. Cercava di usare le parole ma il volume della musica era troppo alto perché lei lo sentisse, così picchiettò il dito sulla sua spalla, il che la fece sussultare. Lei si tolse una cuffia e si voltò verso di lui. Sembrava avere la stessa età della ragazza; era alto, forse 1.85, e aveva i capelli castano scuro, con un ciuffo che tendeva leggermente a sinistra. Indossava una felpa nera semplice e dei bermuda dello stesso colore, mentre ai piedi portava delle semplici Air Max. Gli occhi sembravano azzurri, anche se la ragazza non riuscì subito a vederli bene.

"Scusa se ti disturbo, volevo solamente chiederti se potevi togliere lo zaino dalla poltrona." disse in inglese, facendo un mezzo sorriso di cortesia. "Vorrei sedermi."

"Oddio, scusami, certo!" rispose lei mortificata, spostando immediatamente lo zaino e mettendolo per terra tra le sue gambe.

Le labbra del ragazzo si unirono in una linea sottile che andava a formare un sorriso imbarazzato e fece un cenno con la testa. "Grazie." si sedette di fianco a lei, poggiando il suo zaino per terra, per poi appoggiarsi allo schienale. "Prima volta a New York?"

La ragazza si tolse anche l'altro AirPod e mise entrambi gli auricolari nella loro custodia. "No, in realtà sono nata lì. Mia madre è di New York, ma ci ho vissuto solamente per cinque anni. Mio padre è di Milano e ci siamo trasferiti qui quando ero ancora una bambina." disse abbassandosi per infilare le cuffie nella tasca dello zaino.

"Figo", disse il ragazzo con un'espressione compiaciuta. "Ecco perchè il tuo inglese è ottimo. Mi sembrava strano che una persona italiana avesse una pronuncia così buona."

Lei si voltò aggrottando le sopracciglia, confusa.

"Non fraintendermi, non sto dicendo che gli italiani non sappiano l'inglese, ma", si passò una mano sul collo visibilmente a disagio, "da quanto ho potuto constatare durante questa mia vacanza, la vostra pronuncia lascia un po' a desiderare."

Torn // Kai ParkerWhere stories live. Discover now