4. Blue dress - Zoey

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Lo guardai scendere dall'auto con i suoi inconfondibili capelli da eroe e un dolce sorriso in volto.

«Che ci fai qui?», esclamai correndogli incontro e saltando sulle tue braccia.

«Volevamo farti una sorpresa» ridacchiò accarezzandomi dolcemente la schiena e stringendomi sempre più forte. Stefan dava sempre gli
abbracci migliori, qualsiasi fosse il tuo umore riusciva farti stare meglio ogni volta, ti faceva scomparire ogni peso, ogni preoccupazione.

«Volevamo? Tu e chi?» mi staccai guardandolo con la fronte corrucciata, aspettando una risposta.

La portiera del conducente si aprì e uscì lui. Giacca di pelle, t-shirt bianca, jeans scuri e quei capelli neri un po' sbarazzini. «Zozo-Pie, il tuo fratello preferito è qui», alzò lo sguardo e allargò le braccia in attesa di essere acclamato o per lo meno abbracciato.

Stefan abbassò lo sguardo, scuotendo la testa e trattenendo un sorriso. «Farò finta di non aver sentito.»

«Non ho ancora deciso chi di voi due è il mio preferito, Damon», sorrisi avvicinandomi a lui per poterlo abbracciare.

Lui avvolse le braccia attorno a me e mi accarezzò i capelli, scombinandomeli lievemente. «Tranquilla, me lo dirai più tardi quando lui non ci sarà, così non rischiamo che si offenda», sussurrò abbastanza forte da farsi sentire anche da Stefan. Mi diede una pacca sulla spalla e afferrò una delle mie due valigie, strappandomela dalle mani. «Ora salta su, dobbiamo portarti a casa.»

Stefan prese l'altra valigia e il borsone che avevo in spalla, lasciandomi solo lo zaino, e insieme a Damon le misero nel bagagliaio, prima di salire in macchina. Damon guidava, Stefan salì di fianco a lui e io mi feci spazio sui sedili posteriori.

Uscimmo dal parcheggio dell'aeroporto, pagammo il casello e sfociammo sull'Interstate 678, fino a poi arrivare all'autostrada 27. Mi guardavo attorno e stentavo a crederci. Non avevo mai vissuto a Brooklyn e ora ci avrei passato almeno tre anni. O forse il resto della mia vita.

«Quindi? Volete dirmi che ci fate a New York o no?» alzai le sopracciglia guardando Damon che guidava.

«Papà ha detto di tenerti d'occhio», mi lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore. «Sei ancora troppo piccola per stare dall'altra parte del mondo da sola, Zuzu

Sospirai e guardai il mio secondo fratello. «Stefan?»

«Volevamo tornare dove siamo cresciuti. E volevamo tenerti d'occhio, davvero.» Allungò la mano dietro verso di me da sopra lo schienale del sedile. Gliela afferrai e mi accarezzò piano il dorso.

«Com'era New York quando eravate piccoli?»

Stefan e Damon si lanciarono un'occhiata veloce e non dissero nulla.

Aggrottai la fronte, guardando prima uno poi l'altro. «Allora?»

Stefan si schiarì la gola e Damon mi lanciò un'altra occhiata dallo specchietto.

«Cosa mi state nascondendo?» mi misi seduta sul posto centrale e mi allungai in avanti col busto così da trovarmi in mezzo a loro. Mi voltai prima verso Damon ma sapevo che sarebbe stato difficile farlo parlare, al che mi girai verso Stefan. Era sempre lui a dirmi le cose, difficilmente mi teneva nascosto qualcosa. Ma questa volta fu diverso. Abbassò lo sguardo e si voltò verso il finestrino evitando i miei occhi.

«Guarda, siamo arrivati.» Damon ruppe il silenzio e scese dall'auto, seguito da Stefan.

Scesi di fretta anch'io, correndo dietro a loro e li scrutai, aspettando inutilmente una risposta. «Non provate a uscirvene così dalla conversazione.»

Torn // Kai ParkerDonde viven las historias. Descúbrelo ahora