XXVIII

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<stai scherzando?> chiesi a Shannon con il cuore in gola e le mani tremanti.

Scosse la testa e afferrai il cuscino stringendolo fino a farmi diventare le nocche bianche.

<ma ora  sta bene no?> non poteva stare male..

<credo di sì..ma non lo so. Di solito le cartelle dei pazienti guariti vengono archiviate da quanto mi ha spiegato papà..quindi non posso assicurarti nulla> mi mancò il respiro.

Magari non era nulla di grave, in fondo si può essere ricoverati per una marea di motivi e non tutti sono gravi. Dovevo calmarmi, anzi perchè mi ero agitata così tanto?!

Bhe..prima lo stavo quasi per baciare se Abel non mi avesse fermato, e Abel , che cavolo avevamo fatto la sera precedente??

Troppe domande e nessuna risposta , magnifico.

Già sono una persona incasinata di mio, aggiungamo altra legna al fuoco dai.

Pochi minuti dopo mi squillò il cellulare. Il display diceva Robert.

<pronto?>

<Alex, Cole è stato male, siamo dovuti andare all'ospedale, quindi ti fa niente rimanere dalla tua amica solo per oggi?>

<c-certo>balbettai, non sapevo che dire, non riuscì a pronunciare nemmeno una parola.

Chiuse la chiamata senza altri convenevoli e io non avevo intenzione di starmene con le mani in mano.

<Shannon, tu hai una macchina giusto?> annuì.

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<grazie mille, ti devo un favore>

In 20 minuti eravamo arrivate in ospedale e senza aspettare corsi alla reception per chiedere di Cole.

<stanza 207> così mi aveva comunicato un'infermiera paffuta con gli occhiali più grandi del volto.

Odiavo gli ospedali, così bianchi e spogli, senza significato. Il bianco è un colore inutile, fatto di nulla. Qualcuno dice che è il colore della tranquillità e pace, ma è solo una sciocchezza.

La porta della camera era aperta, quando entrai Robert stava consolando sua moglie, mentre Abel era seduto con le braccia sul letto, dove giaceva immobile il fratello.

<Alex?> Abel venne ad abbracciarmi, mentre le lacrime minacciavano di scendere. 

<che cos'ha?> chiesi balbettando, ancora.

Mi condusse fuori per un momento e ci sedemmo su delle sedie verdi di plastica.

<Quando aveva 10 anni venne operato per un cancro ai polmoni, era completamente guarito, dopo 4 anni era ritornato a fare tutto quello che faceva prima. Ma un'ora fa ha cominciato a tossire  come se voleva sputare l'anima>

In quel momento la testa prese a girarmi. Cancro ai polmoni, ancora una volta. Mi mancava l'aria, ma dovevo calmarmi.  Strinsi i braccioli della sedia , fino a farmi diventare le nocche bianche.

Non voglio rivivere quegli anni. Gli anni in cui il dolore era la base delle mie giornate. I pianti, la rabbia , la voglia di sparire per sempre.

Non è giusto.

Abel stava per piangere, ma cercava in tutti i modi di non darlo a vedere, mentre io..io sono un caso disperato.

Scusa mamma, ti avevo promesso che non avrei più pianto.

<Cosa gli succederà?> domandai con un filo di voce.

<ora l'hanno sedato, più tardi faranno controlli, può darsi che non sia nulla di grave..> rispose con voce tremante, non ne era convinto nemmeno lui.

Avrei voluto consolarlo in quel momento, nella mente mi passarono tutte le frasi che mi dissero quado la mamma stava male, frasi che non servivano a nulla, perchè nessuna parola può aiutare in un momento come questo.

Già..le parole in questo caso non sono altro che un suono portato via dal vento.

Ma quella che più odio di tutte e che mi hanno ripetuto fino alla fine è : mi dispiace.

Quella è la peggiore.

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Fatemi sapere se vi piace :)

Non manca molto..(credo) :)

I miei nuovi coinquiliniWhere stories live. Discover now