17. Addio e grazie per i fiori

8.7K 461 32
                                    


Felicity

Avrei dovuto capirlo subito che quell'anno la festa del 4 Luglio in casa Van Houten si sarebbe rivelata un disastro di dimensioni cosmiche. I segnali d'altronde c'erano tutti.

Papà si era chiuso le dita nel bagagliaio della sua auto il pomeriggio precedente, costringendo Madre ad accompagnarlo ed assisterlo per le successive nove ore trascorse nella sala d'aspetto ricolma di un pronto soccorso troppo affollato, ed ora si aggirava come un'anima in pena attorno alla postazione barbecue, da sempre suo regno, ora occupata dallo Zio Larry.

Quest'ultimo, già al quinto bicchiere di vino bianco alle dieci del mattino, non faceva altro che carbonizzare carne, tossire, imprecare per le nuvole di fumo tossico di cui era lui stesso la causa ed urtare la mano imbozzolata di fasciature di mio padre.

Mamma Grace invece stava facendo il matto a quattro perché l'incidente del marito l'aveva costretta a disdire il suo appuntamento al centro di bellezza e ripeteva che avrebbe pranzato nella solitudine e nella privacy della sua camera, non potendo permettersi di sfigurare davanti a quella piccola reginetta di bellezza che era Kimberley.

Zoe non si svegliava, nonostante il fracasso infernale che producevano i nostri parenti, la luce del sole che la illuminava in pieno viso e Nonna Adaline che passava l'aspirapolvere sotto il suo letto recitando a gran voce le lodi mattutine.

Ero riuscita a fuggire verso metà mattina e mi ero rifugiata nell'unico locale di Tampa rimasto aperto in quel giorno festivo. Si trattava di una piccola tisaneria posizionata vicino al porto, dove venivo spesso da ragazzina per sorseggiare un thè alla menta con biscotti alla cannella nelle noiose serate d'inverno.

La gestione del posto era cambiata come minimo tre volte dai ricordi del mio passato, ma il thè verde che ordinai era molto buono, così come la fetta di crostata con cui decisi di viziarmi.

La spiaggia in lontananza era già colma di persone intenzionate a trascorrere la giornata improvvisando pic-nic e godendosi il sole e il mare scintillante di luglio. Mentre sorseggiavo il mio thè mi ritrovai a pensare al fatto che io in Arizona non c'ero mai stata. L'unico stato che avevo visitato nella parte ovest del paese era la solita e prevedibilissima California. Non avevo mai visto la Death Valley, le Cascate del Niagara o le Rocky Mountains. In compenso avevo attraversato il mondo e l'oceano più e più volte nei viaggi con i miei genitori: India, Portogallo, Madagascar, Giappone, Nuova Zelanda.

E non avevo mai visto l'Arizona, santo cielo! Per un attimo desiderai che Mr. Liam mi avesse chiesto di andare con lui, ma mi resi conto immediatamente che era stato un pensiero sciocco.

Dopo più di quindici anni di assenza doveva compiere quel passo importante da solo. Doveva riconnettersi alle proprie radici, alla propria terra e alla propria famiglia in totale solitudine. Era giusto così, la mia presenza sarebbe stata di troppo, avrei interferito in qualche modo, io sconosciuta catapultata in un piccolo mondo personale e privato, di cui sapevo ancora ben poco.

Pensai di scrivere un messaggio a Judith, ma ormai sarebbe stato superfluo.

Dove sei?

Lui era esattamente dove doveva essere: a casa.

Così mi limitai a fare vagare lo sguardo verso l'orizzonte e a finire la mia colazione, in preparazione alla giornata difficile che mi attendeva.

Tornata a casa, mi feci una doccia rapida e misi più attenzione del solito nel vestirmi. Abbinai una gonna corta a trapezio dalla fantasia sui toni del blu e del celeste con una camicetta bianca con delle piccoli volants sulle spalle e mi infilai un paio di sandali blu dal tacco spesso. Legai i miei lunghi capelli in una treccia laterale e proprio mentre ero impegnata nella delicata operazione dell'applicazione del mascara venni interrotta dal ritorno alla vita del nostro personale morto vivente di famiglia.

Se son rose fioriranno altrimenti...in bocca al lupo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora