21. Glicine

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Felicity

La parte più complicata del mio piano per le ferie estive si era rivelata, ovviamente, mia madre. A nulla era servito ripeterle mille volte che era troppo tardi per tirarmi indietro dall'impegno preso con la famiglia di Liam, che si era così gentilmente offerta di ospitarmi per una settimana nella loro casa in Arizona. Così come non si era rivelato di alcuna utilità il tentativo di spiegarle che nessuno mi aveva costretto ad accettare o ricattato, ma semplicemente ero io a volerci andare.

Nella sua mente di mamma eccessivamente possessiva le mie due settimane di vacanze ad agosto le spettavano di diritto per il semplice fatto che le avevo sempre trascorse in Florida con lei, e il vedersi diminuire il numero di giorni da passare con me le risultava come un terribile furto da parte di persone estranee non autorizzate.

Ero riuscita a sfuggirle e ad imbarcarmi in tempo solo dopo essere stata costretta a prometterle su tutto ciò che cresceva nel mio giardino che a settembre avremmo trovato un modo per recuperare il tempo che avrei 'sprecato nel tentativo di ingraziarmi la famiglia del mio boyfriend', parole di Grace Van Houten.

La questione bagagli si era rivelata altrettanto ostica. Avevo deciso ancora a fine luglio che sarei andata in Arizona partendo direttamente dalla Florida, senza fare ritorno a Boston e a casa mia. Questo voleva dire che i vestiti che mi ero portata a Tampa erano gli stessi con cui mi sarei presentata ai coniugi Carter Wright. Erano trascorsi esattamente tre minuti dal mio atterraggio quando mia mamma lo aveva scoperto e da lì si erano susseguite estenuanti giornate di lotte e pellegrinaggi per negozi. Alla fine, stanca di battibeccare, le avevo concesso carta bianca e così ora mi ritrovavo con due trolley: il mio originale e uno confezionato per l'occasione dalla mia genitrice.

Non appena il personale di bordo ci comunicò il permesso di togliere la modalità aereo tornai online e scrissi velocemente a Liam, informandolo del mio imminente sbarco.

Aspettai pazientemente in coda che i passeggeri confluissero verso l'uscita e il vecchio bus che attendeva sulla pista d'atterraggio e quando, una decina di minuti più tardi, ci depositarono davanti all'ingresso dedicato agli arrivi nazionali mi incamminai spedita verso il punto di ritiro dei bagagli.

Liam mi aveva risposto quasi immediatamente rassicurandomi di essere già in pole position, pronto a requisirmi per più di dieci giorni dalle attenzioni di Mamma Van Houten.

I miei compagni di volo si accalcarono attorno a me mentre pigramente il nastro trasportatore si metteva in movimento e le valige iniziavano a scorrere davanti a noi.

Adocchiai quasi subito il trolley scelto da mia madre, di pelle color tortora svettava contro il nero del nastro trasportatore, quasi in segno di sfida. Nessuno avrebbe mai scelto un colore così chiaro per una valigia destinata ad essere trascinata, scaraventata, sballottata, buttata per terra, trasportata in tutto il mondo. Nessuno tranne Grace.

Mano a mano che le persone recuperavano i propri bagagli sparivano dietro le ampie porte scorrevoli, lasciandosi alle spalle sempre le solite sette valige che ripetevano il giro senza sosta e la sottoscritta ancora in attesa.

Un quarto d'ora più tardi compresi che qualcosa doveva essere andato storto nel trasporto del mio adorato vecchio trolley blu. Masticando parole arrabbiate tra i denti, agguantai l'unico bagaglio superstite e mi diressi trascinando i piedi in direzione dell'ufficio oggetti smarriti.

Mentre aspettavo che un impiegato incompetente rintracciasse il modulo necessario e si mettesse in contatto con un addetto della compagnia aerea, ne approfittai per fare un colpo di telefono a quel pover'uomo che mi attendeva da quasi mezz'ora davanti a delle poco interessanti porte scorrevoli.

Se son rose fioriranno altrimenti...in bocca al lupo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora